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Mario Pasi

medico e partigiano italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Mario Pasi
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Mario Pasi, nome di battaglia "Alberto Montagna" (Ravenna, 21 luglio 1913Belluno, 10 marzo 1945), è stato un medico, militare e partigiano italiano, medaglia d'oro al valor militare alla memoria.

«Quando uno si mette per una strada come la mia, la sua vita non appartiene a lui solo.»
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Mario Pasi

Biografia

Riepilogo
Prospettiva

Figlio unico di Enrico, morto dal dolore nel 1950, operaio [2] e di Alessandrina Fabbri (*, + 1948). Genitori di ferme posizioni repubblicane e antifasciste.[3]

Promotore del movimento antifascista, tra i giovani intellettuali durante il Ventennio, conseguì la laurea in medicina e chirurgia all'Università di Bologna nel 1936. Chiamato alle armi nel 1940 venne inviato sul fronte occidentale e successivamente in Albania. Da qui, intratterrà diversi rapporti epistolari, tra i quali quella nutrita con l'intellettuale partigiano Roberto Pagnani.[4] Rientrato in patria per motivi di salute, dichiarato inabile al servizio, riprese la sua attività di medico operando presso l'ospedale di Trento.

Nelle settimane immediatamente successive all'Armistizio si prodigò in Trentino per aiutare i soldati italiani in fuga e nel dicembre 1943 entrò a far parte della Resistenza bellunese con il nome di Montagna. Attivo in una delle prime formazioni partigiane della zona, il Nucleo partigiano "Luigi Boscarin"/"Tino Ferdiani", e successivamente commissario politico del Battaglione "Mazzini", dipendente dalla Divisione garibaldina "Nino Nannetti", il 22 novembre fu nominato commissario del Comando unico di zona del CLN bellunese.

Catturato il 9 novembre 1944 [5] dai tedeschi in seguito a delazione, fu ferocemente torturato perché parlasse, di fronte al suo silenzio, fu mandato a morte il 10 marzo 1945. Era già in fin di vita da giorni fu portato in barella per essere comunque impiccato al Bosco delle Castagne, sopra Belluno, con altri nove prigionieri politici, per rappresaglia seguita a un attentato al Poligono di tiro di Mussoi attuato da un gruppo di partigiani della divisione Garibaldi Belluno. Il luogo dell'impiccagione è un parco storico che conserva la memoria di quei tragici eventi.

In precedenza, come testimoniarono vari altri prigionieri,[6] nelle celle della caserma Tasso di Belluno, Pasi era stato torturato e seviziato per quattro mesi e ridotto in fin di vita dal tenente delle Ss. Karl Georg Eberhard Schöngarth, comandante della Sezione Gestapo di Belluno, processato ed in seguito giustiziato a Hameln dagli Alleati il 16 maggio 1946 . Malgrado le sevizie, Pasi rifiutò sempre di fornire informazioni e attraverso un'altra detenuta fece arrivare ai comandi partigiani un bigliettino in cui chiedeva del veleno per suicidarsi.

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Poesie e opere letterarie

«Basta con la gente
che chiede al destino la grazia di un giorno,
un giorno, un altro, un altro ancora,
tutto di guadagnato,
basta con questi tipi.
Voglio conoscere qualcuno
che adatti a se stesso la ruota,
che non ovatti di cibo il suo sogno
(ché siamo due, noi e il destino, e non è detto
che non si possa vincere).
Se voglio questo,
io sono uomo
(se dentro mi guardo, dico
"Tante cose vorrei, ma, insomma,
vorrei esser felice").»

IL PASI

«Il Pasi era un giovanotto
veniva dalla Romagna,
insieme eravamo giovani,
si camminava movendo le spalle,
le donne avean per noi debolezza.
Lui lo impiccarono i tedeschi
dopo sevizie che non ho piacere
si sappiano,
io ho un cappotto di anni,
ma, o Pasi, sei stato
il più bell'italiano
di mezzo secolo.»

TRE AMICI

Nel romanzo autobiografico di Mario Tobino "Tre amici" del 1988, è raccontata la storia di Mario Pasi, indicato con il nome fittizio di Mario Campi. Il capitolo "Addio Campi" descrive la cattura, la detenzione, le torture, l'esecuzione al Bosco delle Castagne.[8]

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Onorificenze

Medaglia d'oro al valor militare - nastrino per uniforme ordinaria
«Fin dall'8 settembre impugnava valorosamente le armi contro l'invasore. Ricercato dalla polizia tedesca quale organizzatore della lotta di liberazione, si arruolava nelle formazioni partigiane della montagna di cui divenne animatore fecondo e combattente audace. Commissario di brigata e poi di zona Partigiana, valoroso fra i valorosi, sosteneva durissimi combattimenti infliggendo gravi perdite al nemico. Apostolo di bene e di carità prodigava la sua opera di medico a lenire le sofferenze dei feriti senza mai risparmiarsi nei pericoli e nei sacrifici. Catturato per delazione , affrontava e sosteneva con sereno stoicismo le sevizie che solo la più efferata crudeltà poteva immaginare. Bastonato a sangue, con le membra fracassate, trovava ancora la forza di porre fine al martirio tagliandosi le vene, ma il bieco nemico impediva che la morte lo strappasse alla sua sadica barbarie e poi lo finiva a colpi di bastone. Il suo cadavere impiccato per estremo oltraggio restò esposto per due giorni e, circondato dall'aureola del martirio, fu faro luminoso che additò ai superstiti la via da seguire per raggiungere la vittoria[9]
 Belluno 10 marzo 1945

Note

Bibliografia

Collegamenti esterni

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