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Mutazione indotta

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Mutazione indotta è un termine della genetica che indica una mutazione genetica provocata intenzionalmente mediante l’esposizione ad agenti mutageni fisici, chimici o biologici, al fine di studiare la funzione dei geni o di ottenere organismi con caratteristiche desiderate. La mutagenesi indotta è una pratica fondamentale nella ricerca genetica, nella biologia molecolare e nel miglioramento genetico di piante e microrganismi. Con l’introduzione di tecniche moderne di mutagenesi sito-specifica e di editing genomico, è oggi possibile ottenere mutazioni mirate e prevedere con maggiore accuratezza i loro effetti sul fenotipo dell’organismo.[1]

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Definizione

Una mutazione genetica si dice indotta quando è causata dall'azione di agenti mutageni. Il tipo di mutazione indotta può spesso essere previsto, poiché diversi mutageni mostrano una certa specificità mutazionale; tuttavia non è possibile stabilire a priori la localizzazione delle mutazioni nel genoma né prevederne con certezza le conseguenze fenotipiche sull'organismo.[2]

Una mutazione indotta è una variazione del DNA causata intenzionalmente dall’azione di agenti mutageni (fisici, chimici o biologici). Il tipo di mutazione che si ottiene può spesso essere previsto, poiché diversi mutageni mostrano specificità mutazionale (ad esempio, alcuni provocano sostituzioni di basi, altri delezioni). In genere non si può sapere con esattezza dove nel genoma si verificherà la mutazione né prevedere con certezza i suoi effetti fenotipici; tuttavia, in alcuni casi moderni, grazie a tecniche mirate (come la mutagenesi sito-specifica o l’uso del sistema CRISPR-Cas9 è possibile indirizzare la mutazione in un punto preciso del DNA e prevederne gli effetti con maggiore accuratezza.[1]

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Danni da mutazioni indotte

Riepilogo
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Le mutazioni indotte possono determinare vari tipi di alterazioni del DNA. Tra i meccanismi principali si ricordano:

  • Sostituzione delle basi: dovuta, ad esempio, all'incorporazione di analoghi delle basi — molecole che si somigliano alle basi canoniche ma si appaiano in modo errato. Un esempio classico è la 2-ammino purina (2-AP), analogo dell'adenina, che può appaiarsi con la citosina invece che con la timina in particolari condizioni chimiche.[3]
  • Aggiunta di gruppi sostituenti: agenti alchilanti o altri mutageni chimici possono introdurre gruppi metilici o etilici sulle basi azotate, alterandone l'appaiamento e causando mutazioni durante la replicazione.
  • Danneggiamento delle basi: formazione di legami anomali fra basi o perdita di basi (siti apurinici/apirimidinici) che impediscono il corretto appaiamento e provocano errori di replicazione.
  • Inserzioni o delezioni (indel): dovute all'azione di agenti intercalanti o a errori della replicazione su sequenze ripetute, con possibile spostamento del quadro di lettura.

Un caso ben documentato riguarda l'azione dell'acido nitrilotriacetico (NTA). Studi condotti da Loprieno e collaboratori hanno mostrato che la NTA può aumentare la mutagenicità di alcuni composti di cromo in saggi in vitro, non perché sia essa stessa fortemente mutagena, ma perché altera la solubilità e la biodisponibilità dei composti metallici, potenziandone gli effetti genotossici.[4]

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Utilità delle mutazioni indotte

La mutagenesi indotta è uno strumento consolidato nella ricerca genetica e nella biologia molecolare: esponendo un organismo o cellule a un mutageno e isolando i soggetti mutanti (la cosiddetta "caccia al mutante"), è possibile identificare geni coinvolti in specifiche funzioni biologiche e collegare mutazioni a fenotipi osservabili. Tali approcci sono impiegati sia in studi fondamentali sia in applicazioni pratiche quali la selezione di varietà vegetali con caratteristiche desiderate.[5]

Voci correlate

Note

Bibliografia

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