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Natale Conti
erudito e storico italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Natale Conti, noto in latino anche come Natalis Comes e Natalis de Comitibus e in francese come Noël le Comte (probabilmente a Milano, 1520[1] – probabilmente a Venezia, 1582), è stato uno scrittore, mitografo, storico e poeta italiano.

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Biografia
Riepilogo
Prospettiva
La sua opera più importante, Mythologiae,[2], in dieci libri, scritta in latino, fu pubblicata per la prima volta a Venezia nel 1567[3] e divenne una fonte standard per la mitologia classica durante il tardo rinascimento. È stata stampata in numerose edizioni[4]; dopo il 1583 vi fu aggiunto un trattato sulle Muse di Geoffroi Linocier. Alla fine del XVII secolo il suo nome era virtualmente sinonimo di mitologia: a dizionario francese nel definire il termine mythologie annotava che era l'argomento scritto da Natalis Comes[5].
Conti credeva che i poeti antichi avessero voluto che le loro presentazioni dei miti venissero lette come allegorie, e quindi costruirono complesse associazioni genealogiche, all'interno delle quali Conti trovò livelli di significato[6].
Poiché Conti era convinto che la filosofia perduta dell'antichità classica potesse essere recuperata attraverso la comprensione di queste allegorie, nota Ernst Gombrich che "le versioni più apocrife e bizzarre di racconti classici e pseudo-classici, sono qui visualizzati e commentati come la saggezza esoterica finale"[7].
Mantenendo un approccio evemeristico, Conti pensava che i personaggi del mito fossero esseri umani idealizzati e che le storie contenessero intuizioni filosofiche sincretizzate attraverso i secoli e velate in modo che solo gli "iniziati" ne potessero cogliere il vero significato. Le sue interpretazioni erano spesso condivise da altri scrittori del Rinascimento, in particolare da Francesco Bacone nel suo da tempo trascurato "De Sapientia Veterum", 1609[8].
In alcuni casi, la sua interpretazione potrebbe sembrare banale anche nella mitologia moderna: per Conti il centauro rappresenta la natura duale dell'uomo, "contemporaneamente passione animale e le più alte facoltà intellettuali[9]. Ulisse, ad esempio, diviene un uomo comune le cui peregrinazioni rappresentano un ciclo di vita universale:
(inglese)
«Conti creates an ahistorical mythology that he hopes will reconnect his readers to their own primordial archetypal hero. He assumed that his readers wanted to see their reflections in the literary mirror of the archetypal Greek hero, but when gazing into such a 'mirror,' the reflection must be divested of its particular ethnicity and historicity. For Conti, myth was a literary artifact on which the mythographer could freely use his imagination to reinvent the literal subject matter into a kind of 'metatext,' which the interpreter reconstructs into his idealized self-imaging text.[10]»
(italiano)
«Conti crea una mitologia astorica che spera che ricollegherà i suoi lettori al loro eroe archetipico primordiale. Assunse che i suoi lettori volevano vedere le loro riflessioni nello specchio letterario dell'eroe greco archetipo, ma quando guardavano in un tale "specchio", la riflessione doveva essere privata della sua particolare etnia e storicità. Per Conti, il mito era un artefatto letterario su cui il mitografo poteva liberamente usare la sua immaginazione per reinventare il soggetto letterario in una sorta di "metatesto", che l'interprete ricostruisce nel suo testo idealizzato di auto-immagine»
«Conti crea una mitologia astorica che spera che ricollegherà i suoi lettori al loro eroe archetipico primordiale. Assunse che i suoi lettori volevano vedere le loro riflessioni nello specchio letterario dell'eroe greco archetipo, ma quando guardavano in un tale "specchio", la riflessione doveva essere privata della sua particolare etnia e storicità. Per Conti, il mito era un artefatto letterario su cui il mitografo poteva liberamente usare la sua immaginazione per reinventare il soggetto letterario in una sorta di "metatesto", che l'interprete ricostruisce nel suo testo idealizzato di auto-immagine»
Nonostante o per via delle sue eccentricità, la "Mythologiae" hanno ispirato l'uso del mito in varie forme d'arte. Una seconda edizione, stampata nel 1568 e dedicata a Carlo IX, fu popolare in Francia, dove servì come fonte per il "Ballet Comique de la Reine" (1581), parte di feste di matrimonio a corte. Il Ballet Balletto era un dramma musicale con danze ambientato in un'elaborata ricostruzione dell'isola di Circe. Il testo associato alla performance conservato presenta quattro esposizioni allegoriche, basate esplicitamente sul lavoro di Comes: fisico o naturale, morale, temporale, logico o interpretativo[11].
L'allegorizzazione del mito fu criticata durante il periodo romantico; Benedetto Croce disse che la letteratura e l'arte medievale e rinascimentale presentavano solo il "guscio impoverito del mito". I manuali mitologici del XVI secolo di Conti e altri vennero considerati pedanti e privi di coerenza estetica o intellettuale[12].
Né le critiche a Conti sono state limitate a epoche successive: Giuseppe Giusto Scaligero di vent'anni più giovane, lo definì "un uomo assolutamente inutile" e consigliò Sethus Calvisius di non usarlo come fonte[13].
Conti, la cui famiglia (secondo le sue stesse affermazioni) era originaria di Roma, era nato a Milano.[14] Tuttavia si definisce come "veneziano"[15] perché la sua attività si svolse a Venezia
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Note
Bibliografia
Altri progetti
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