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Plenitudo potestatis
concetto usato dai canonisti medievali Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Plenitudo potestatis (Pienezza del potere) è un termine usato dai canonisti medievali per descrivere il potere del romano pontefice. Sebbene l'espressione sia stata usata sin dal pontificato di Papa Leone I (440-461), Papa Innocenzo III (1198-1216) fu il primo papa a usare regolarmente tale termine per descrivere il potere papale.
Teoria
Il potere del pontefice è "pieno" poiché, a differenza di un re, che detiene solo il potere temporale, il papa detiene entrambi i poteri:
- spirituale (come successore di Pietro sulla cattedra di Roma);
- temporale (perché il suo prestigio come Vicario di Cristo è tale che il pontefice può intervenire con l'autorità di un monarca per guidare il popolo cristiano sulla via della salvezza).[1]
Da tale concezione deriva la teoria della superiorità del potere del papa su quello di qualunque sovrano[1].
Il fondamento biblico si rinviene in Romani 13[2] (omnis potestas a Deo). Ogni potestà viene da Dio e, in particolare, il potere di legare e sciogliere (Consegna delle chiavi) è stato affidato al Papa (che è vicario di Cristo sulla terra): nel diritto medievale, ne consegue che la pienezza di questo potere risiede nel pontefice, che può esercitarla direttamente o delegarla.[3]
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Teorici
Uno dei maggiori fautori di questo concetto fu Egidio Romano.
Il papa Bonifacio VIII lo riprese nella bolla Unam Sanctam.
Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
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