Primo amore (film 1959)

Primo amore è un film del 1959 diretto da Mario Camerini.

Primo amore
Carla Gravina e Geronimo Meynier in una scena del film
Paese di produzione	Italia
Anno	1959
Durata	100 min
Dati tecnici	B/N
Genere	drammatico, sentimentale
Regia	Mario Camerini
Soggetto	Ettore Scola, Age e Scarpelli
Sceneggiatura	Ettore Scola, Age e Scarpelli, Leo Benvenuti, Piero De Bernardi e Mario Camerini
Produttore	Giorgio Agliani, Angelo Rizzoli
Casa di produzione	Compagnia Italiana Realizzazioni Arti Cinematografiche, Rizzoli Film
Distribuzione in italiano	Cineriz
Fotografia	Tonino Delli Colli
Montaggio	Giuliana Attenni
Musiche	Angelo Francesco Lavagnino
Scenografia	Aldo Tomassini Barbarossa
Costumi	Adriana Berselli
Trucco	Duilio Scarozza
Interpreti e personaggi
Carla Gravina: Betty Hauptmann Lorella De Luca: Francesca Raf Mattioli: Piero Geronimo Meynier: Gigi Lojacono Christine Kaufmann: Silvia Luciano Marin: Marco Paola Quattrini: Andreina Palazzi Nicolò De Guido: Enrico Boschetti Marcello Paolini: Lello Amaduzzi Katie Boyle: signora Luciana Palazzi Luciana Angiolillo: Anna, madre di Francesca Mario Carotenuto: avvocato Armando Amaduzzi, padre di Lello Emma Baron: signora Maria Lojacono Barbara Florian: Daniela Fabbri Carlo Giuffré: Michele Lojacono Salvo Libassi: dottor Arrigo Lojacono Mario Pisu: signor Paolo Palazzi Raimondo Van Riel: professor Palazzi, nonno di Andreina Gian Paolo Rosmino: Pino, padre di Francesca Mattia Scheda: signor Hauptmann Edoardo Toniolo: Pietro, padre di Marco Mario Meniconi: portiere del palazzo Fabrizio Capucci: amico di Marco Nietta Zocchi: Teresa Livia Venturini: Maria, la cameriera

Trama

Varie vicende sentimentali di un gruppo di giovani a Roma.

Distribuzione

Permesso alla proiezione pubblica con visto n. 28421^[1] del 7 gennaio 1959, uscì nelle sale tra gennaio e febbraio.

Critica

«[...] Primo amore è un filmetto garbato e lieto. Il regista ha avuto il buon senso di non assumere problematiche di accatto, di non voler simulare ansie e sollecitudine sul destino dei giovani d'oggi.»

(Leo Pestelli, La Stampa, 5 febbraio 1959^[2])