Timeline
Chat
Prospettiva
Problem plays
insieme di tre opere teatrali di William Shakespeare Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Remove ads
Con problem plays (in italiano "drammi problematici" o "dialettici")[1] si definiscono alcuni drammi di William Shakespeare.
Uso della locuzione
L'espressione fu adattata a Shakespeare dallo studioso Frederick Samuel Boas nel saggio Shakespeare and His Predecessors (1896). Boas adottò deliberatamente tale termine, allora entrato in voga per definire i drammi di Henrik Ibsen, nei quali il protagonista affronta una situazione spia di un problema sociale più ampio.[2]
Come introdotta da Boas, la locuzione in origine definiva tre drammi: la tragedia Troilo e Cressida (1600-2) e le commedie Misura per misura (1603-4) e Tutto è bene quel che finisce bene (1604-5). Secondo Boas, inoltre, Amleto (1599-1601) costituirebbe un anello di congiunzione tra i drammi dialettici e le tragedie.
La locuzione ha avuto successo anche negli studi shakespeariani successivi a Boas, tanto da essere talvolta estesa a Il mercante di Venezia (commedia del 1596-7) e Timone d'Atene (tragedia del 1605-6), mentre Amleto oggi viene generalmente considerata un'"autentica" tragedia.
Remove ads
Caratteristiche
Secondo Boas, tali drammi dialettici shakespeariani mirerebbero a esplorare specifici dilemmi morali e problemi sociali; avrebbero inoltre uno stile complesso e ambiguo, mirante ad appassionare e sbigottire lo spettatore anziché causare semplicemente gioia (come una commedia) o dolore (come una tragedia).
In effetti, il concetto presenta consonanze con quello più generico di tragicommedia.
Note
Bibliografia
Wikiwand - on
Seamless Wikipedia browsing. On steroids.
Remove ads