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Programma Venera

programma spaziale per l'esplorazione di Venere Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Le Venera (in russo Венера?, Venere; in passato, vennero chiamate Venusik o Venus nei Paesi occidentali) furono una serie di sonde spaziali sviluppate in Unione Sovietica per esplorare e raccogliere dati sul pianeta Venere. Come spesso accadeva per le esplorazioni sovietiche, le ultime versioni del modello erano lanciate in coppia, con un breve ritardo (1-2 settimane) tra il lancio delle due sonde.

Esse stabilirono un vero e proprio record: furono il primo oggetto costruito dall'uomo a entrare nell'atmosfera di un altro pianeta, atterrare dolcemente, re-inviare immagini ed effettuare una scansione radar ad alta risoluzione della superficie, permettendo studi approfonditi sulla conformazione geologica del globo.

La serie di sonde, nel suo complesso, proprio per questi motivi può essere considerata un pieno successo; eppure, nonostante Venere sia meno distante dalla Terra rispetto a Marte, le condizioni di pressione e calore rendono la sopravvivenza di qualunque apparecchio di gran lunga più difficoltosa: questo ha significato una perdita precoce delle sonde poco dopo il loro atterraggio, da pochi minuti al paio d'ore del Venera 13.[1]

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Le sonde

Riepilogo
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Venera 1 e 2

Venera 1 fu la prima sonda spaziale sovietica dell'omonimo programma per lo studio del pianeta Venere. La sonda era equipaggiata di una serie di strumenti, tra cui un magnetometro, due schermi ionici per misurare il vento solare, sensori per micrometeoriti e un contatore Geiger a tubi per la misurazione della radiazione cosmica di fondo assieme a uno scintillatore a ioduri di sodio. Venera 2 apparteneva anch'essa al programma per l'esplorazione di Venere; fu lanciata il 12 novembre 1965 alle 05.02 ora di Greenwich, a bordo di un vettore Molnija, dal cosmodromo di Baikonur. Il 27 febbraio 1966 passò a circa 24.000 km da Venere e si posizionò in un'orbita eliocentrica per avvicinarvisi. Ben prima di raggiungere il pianeta, però, la sonda interruppe ogni comunicazione, di fatto smettendo di funzionare.

Da Venera 3 a Venera 6

Le Venera 3, 4, 5 e 6 erano abbastanza simili. Pesavano circa una tonnellata, erano lanciate da un vettore Molnija ed erano composte di un modulo ("bus") al quale era agganciata una capsula di forma grosso modo sferica per l'ingresso in atmosfera. Le sonde erano ottimizzate per le rilevazioni atmosferiche, senza che fosse loro apposto alcun apparato di atterraggio controllato – per quanto si sperava che il loro funzionamento riuscisse a prolungarsi fino al contatto con il suolo. Il modulo di accompagnamento entrava nell'atmosfera distaccato dalla capsula, ma nello stesso lasso di tempo, solitamente bruciando a contatto con gli alti strati dell'atmosfera venusiana. Le sonde trasmettevano direttamente a Terra.

Venera 7

Venera 7 fu la prima sonda progettata per resistere alle condizioni della superficie di Venere ed effettuare un atterraggio che non risultasse in un impatto incontrollato. A causa di un guasto elettronico, i dati prodotti non arrivarono nella quantità prevista, anche se gli scienziati riuscirono a recuperare i dati di pressione e temperatura ottenuti dalle prime misurazioni dirette sulla superficie. Le misurazioni Doppler delle sonde dalla 4 alla 7 furono la prima evidenza diretta dell'esistenza di forti venti locali in quota (fino a 100 m/s, un fenomeno chiamato anche soprarotazione).

Venera 8

Venera 8 (lanciata nel 1972) era equipaggiata con un insieme strutturato di strumenti scientifici per studiare la superficie, quali un gamma-spettrometro e uno scafo più resistente. Il modulo bus di Venera 7 e 8 era sostanzialmente identico a quello delle missioni precedenti, con un progetto che si rifaceva alla missione Zond 3.

Da Venera 9 a Venera 12

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Immagine panoramica scattata dal lander Venera 9. Questa immagine è stata inviata durante i 53 minuti di vita del lander il 22 ottobre 1975. Sebbene fosse prevista un'immagine a 360 gradi, il copriobiettivo della seconda fotocamera non si è aperto, dando origine a questo panorama di 180 gradi.

Il progetto da Venera 9 a Venera 12 cambiò sostanzialmente.

Pesavano pressappoco cinque tonnellate e furono lanciate dal potente vettore Proton.

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Foto da Venera9 colorata da Don P. Mitchell

Esse comprendevano un modulo di trasporto come le precedenti, sul quale erano installati dei motori chimici per frenare nell'orbita del pianeta (Venera 9 e 10, 15 e 16) e che serviva da ricevitore per ritrasmettere i dati ottenuti dalla capsula di atterraggio. Quest'ultima era agganciata sulla punta del modulo di trasporto, all'interno di un guscio sferico per schermarla dal calore. Le sonde erano ottimizzate per le operazioni in superficie con un design dall'aspetto insolito che comprendeva un compartimento sferico per proteggere il più a lungo possibile l'elettronica dalla pressione atmosferica e dal calore. Al di sotto della sfera protettiva veniva montato un guscio metallico a forma di ciambella, il cui scopo era assorbire l'urto; al di sopra, un'antenna cilindrica e un aerofreno di forma piatta. I lander erano progettati per operare sulla superficie per un minimo di 30 minuti. Gli strumenti variavano a seconda delle missioni, ma tutte le capsule comprendevano sensori per l'analisi atmosferica e del suolo, oltre a un kit di fotocamere e videocamere. Tutti e quattro i lander ebbero problemi con il mancato rilascio dei tappi di protezione degli obiettivi delle fotocamere.

Il lander Venera 9 rimase operativo per almeno 53 minuti e scattò foto con una delle due fotocamere; l'altro tappo copriobiettivo non si sganciò.

Il lander Venera 10 operò per almeno 65 minuti e scattò foto con una delle due fotocamere; l'altro tappo copriobiettivo non si sganciò.

Il lander Venera 11 rimase operativo per almeno 95 minuti e il lander Venera 12 per almeno 110 minuti, ma in entrambe le sonde i tappi copriobiettivi delle fotocamere non si sganciarono, impedendo di fotografare il pianeta.

Venera 13 e 14

Venera 13 e 14 (lanciate tra il 1981-82) avevano ciascuno un modulo di discesa/atterraggio che conteneva la maggior parte della strumentazione e dell'elettronica e una navicella di flyby utilizzata per le comunicazioni alla Terra.

Il design era simile a quello dei precedenti lander Venera 9-12. Trasportavano strumenti per effettuare misurazioni scientifiche del suolo e dell'atmosfera, tra cui telecamere, un microfono, un trapano, strumenti per l'analisi del terreno e un sismometro. Avevano anche strumenti per registrare le scariche elettriche durante la fase di discesa nell'atmosfera venusiana.

I due lander sono atterrati a circa 950 km di distanza l'uno dall'altro, appena a est dell'estensione orientale di una regione elevata nota come Phoebe Regio. Il lander Venera 13 è sopravvissuto per 127 minuti e il lander Venera 14 per 57 minuti, mentre la durata prevista era di soli 32 minuti. Il veicolo Venera 14 ebbe la sfortuna di espellere il copriobiettivo della fotocamera direttamente sotto il braccio del tester di comprimibilità della superficie e rilevò le informazioni sulla comprimibilità del copriobiettivo piuttosto che sulla superficie del pianeta.[2] I lander trasmisero i dati agli orbiter, che funsero da ponte radio ricevendo e trasmettendo i dati alla Terra, mentre sorvolavano Venere.

Venera 15 e 16

Le sonde Venera 15 e 16 erano sonde gemelle, nelle quali le capsule di atterraggio vennero sostituite con una serie di radar per ispezionare la superficie nel dettaglio, con una visione più panoramica.

Il progetto fu così convincente che le sonde Vega, lanciate dall'Unione Sovietica qualche anno dopo, si basarono sullo stesso progetto: tra le missioni di queste sonde vi era anche l'esplorazione radar della cometa di Halley.

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Dati essenziali sulle missioni Venera

Ulteriori informazioni Sonda, Tipo di missione ...
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Note

Altri progetti

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