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Re d'Italia (1861-1946)

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Re d'Italia (1861-1946)
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Il Re d'Italia era il monarca ereditario che ricopriva il ruolo di capo dello Stato nel Regno d'Italia, esercitando i suoi poteri secondo quanto stabilito dallo Statuto Albertino.

Fatti in breve Stato, Tipo ...
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Storia

Riepilogo
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Lo stesso argomento in dettaglio: Regno d'Italia (1861-1946).

In seguito alla seconda guerra d'indipendenza (1859) e alla spedizione dei Mille (1860) il Regno di Sardegna estese la sua giurisdizione su gran parte della penisola annettendo quasi tutti gli altri Stati italiani e, con la legge nº 4761 del 17 marzo 1861 approvata dal Parlamento Subalpino, il suo sovrano Vittorio Emanuele II di Savoia assunse il titolo di "Re d'Italia" per sé e i suoi successori, sancendo così la creazione di un nuovo Regno d'Italia. I sovrani di casa Savoia non ricevettero alcuna cerimonia di incoronazione, cosicché la Corona d'Italia rimase soltanto un emblema araldico. L'immagine della monarchia risultò compromessa a causa del ventennio fascista, della partecipazione italiana alla seconda guerra mondiale e della fuga di Vittorio Emanuele III da Roma. Un referendum sulla forma istituzionale dello Stato si svolse il 2 e 3 giugno 1946 e l'esito fu favorevole alla Repubblica. La notte fra il 12 e 13 giugno il Consiglio dei ministri, prendendo atto dei risultati, attribuì le funzioni di Capo provvisorio dello Stato al presidente Alcide De Gasperi, mentre l'ormai ex re Umberto II lasciava il paese. Il 18 giugno la Corte di cassazione respinse i ricorsi dei monarchici e proclamò i risultati definitivi. La Costituzione della Repubblica Italiana, approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947, entrò in vigore il 1º gennaio 1948.

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Ruolo costituzionale

Riepilogo
Prospettiva
Lo stesso argomento in dettaglio: Statuto Albertino e Prerogativa reale nel Regno d'Italia.

Pur essendo già capo dello Stato, a seguito della concessione dello Statuto Albertino il 4 marzo 1848 al re vennero attribuiti numerosi poteri. Stabilente il ruolo preminente del re nell'esecutivo dello Stato - un "Governo Monarchico Rappresentativo"[1] - retto da un monarca di età maggiorenne (18 anni) e di sesso maschile: il trono passava agli eredi attraverso la legge salica. Se questi era di età minore, le funzioni e prerogative spettavano a una reggenza (solo in caso di assenza di parenti maschili questa era di diritto esercitata dalla regina madre).

Lo Statuto riconosceva al monarca l'azione legislativa, in condivisione con le camere del parlamento, che venivano da lui convocate e di cui il Senato era interamente nominato per volere regio (altrimenti secondo le ventuno categorie riportate nell'art. 33); il re sanzionava e promulgava le leggi. Nel capitolo riguardante le disposizioni transitorie, il re poteva decidere di «fare le leggi sulla Stampa, sulle Elezioni, sulla Milizia comunale, e sul riordinamento del Consiglio di Stato».[2]

Oltre a ciò al re spettava l'esclusività del potere esecutivo - il governo non era guidato formalmente da un presidente del Consiglio di ministri: era infatti composto da soli ministri, che venivano nominati e rimossi a discrezione del monarca - e del "Comando supremo dello Stato"[3]: questo stabiliva la possibilità per il re di firmare trattati senza informare il parlamento e di condurre la politica estera del regno, nominare tutte le cariche dello Stato e il comando supremo delle forze armate. Come caratteristica degli stati monarchici, la Giustizia veniva amministrata in nome del re, da cui emanava. Aveva anche il potere di grazia e di commutare le pene inflitte.

Agli articoli 19, 20 e 21 veniva stabilito il principio di separazione tra il patrimonio della Corona e il patrimonio privato del re, caratteristica degli stati costituzionali: infatti, fino al 1848 il regno di Sardegna era uno stato assoluto, in cui il re era proprietario del regno e poteva disporne di come meglio credeva. Era uno "stato patrimoniale".[4]

Dal punto di vista strettamente legale, lo Statuto Albertino creava un'architettura istituzionale costituzionale, che negli anni successivi alla prima guerra d'indipendenza si venne a trasformare in un sistema parlamentare: tutto ciò avvenne però nella sostanza, non nella forma, tanto che con l'avvento della dittatura fascista[5] la carta costituzionale poté essere del tutto distorta attraverso quegli stessi meccanismi che avevano garantito il periodo liberale dell'Italia unita.

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Successione

Lo stesso argomento in dettaglio: Linea di successione al trono d'Italia.

Dotazione

Lo stesso argomento in dettaglio: Real Casa.

Sempre attraverso lo Statuto, al re venivano attribuiti assegni, beni mobili e immobili per l'esercizio delle funzioni governative e di rappresentanza che gli competevano. È da specificare che questa dotazione era costituita dalla Lista Civile, quota di denaro annuale devoluta dal bilancio dello Stato, e la dotazione della Corona vera e propria, composta da palazzi, ville, tenute e beni mobili di vario genere. Tutto questo era amministrato dal re attraverso un insieme di uffici che presero il nome di Real Casa, che a lui rispondevano.

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Titolatura

L'intitolazione usata durante la monarchia sabauda fu approvata il 21 aprile 1861 ed era la seguente[6]:

(nome del Re)
per grazia di Dio e per volontà della Nazione
Re d'Italia

Il 10 maggio 1946, giorno successivo all'abdicazione di Vittorio Emanuele III, il Governo decise di rimuovere la formula per grazia di Dio e per volontà della Nazione dall'intitolazione, che si ridusse semplicemente a[7]:

Umberto II
Re d'Italia

Dopo il Referendum istituzionale del 2 giugno del 1946, Re Umberto II, in contrasto col Governo e col Capo Provvisorio dello Stato, partì per l'esilio contestando la legittimità delle consultazioni elettorali e senza riconoscere la Repubblica Italiana; sicché dal 13 giugno, quale Sovrano non abdicatario, modificò nuovamente la formula reale, risultando pertanto la titolatura:

Umberto II, per Grazia di Dio, Re d'Italia
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Simboli

Stemmi

Insegne

Note

Bibliografia

Voci correlate

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