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Mutualismo

relazione tra organismi in cui ciascun individuo trae beneficio dall'attività dell'altro Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Mutualismo
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Il mutualismo è un'interazione biologica tra organismi appartenenti a due specie diverse, che risulta vantaggiosa per entrambe le specie coinvolte. [1]

Disambiguazione – Se stai cercando mutualismo(teoria economica), vedi Mutualismo (economia).
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Un classico esempio di mutualismo: l'associazione tra i pesci pagliaccio e gli anemoni di mare nelle barriere coralline

In altre parole, le due specie coinvolte in una relazione mutualistica si scambiano beni e servizi, traendone entrambe benefici (interazione positiva +/+). Questo aspetto è la differenza fondamentale con altre forme di interazione biologica come il parassitismo (+/-) e il commensalismo (+/0).

Lo scambio di vantaggi in una relazione mutualistica può essere vario: la fornitura di risorse alimentari limitanti, la protezione del partner da fattori biotici o abiotici, il trasporto e la dispersione del partner o dei suoi gameti o dei suoi semi. I vantaggi di una specie possono essere anche diversi da quelli dell’altra, purché si tratti però sempre di vantaggi. Viene considerata mutualistica ogni associazione a lungo termine tra due specie che determina un effetto positivo alla fitness degli individui di entrambe le specie.

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Concetti generali e terminologia

Riepilogo
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Il mutualismo è una condizione assai diffusa tra gli organismi viventi e coinvolge organismi appartenenti a tutti i regni del vivente. Il termine fu introdotto da Pierre-Joseph van Beneden nel 1876.[2][3]

Nel rapporto di simbiosi si parla in genere di un organismo ospite e di uno simbionte. Nel caso di rapporti mutualistici, l'ospite è l'organismo più grande, mentre il simbionte è quello più piccolo[senza fonte] Si parla di mutualismo obbligato quando l’interazione mutualistica ha portato ad una evoluzione del simbionte che non può più vivere in assenza del suo partner e viceversa: nel mutualismo obbligato almeno una specie non può sopravvivere, accrescersi e riprodursi senza l’altra. Quando, nel caso di un mutualismo obbligato e altamente specializzato tra due specie, l’interazione è così stretta da non permettere a una specie di vivere senza l’altra, si parla di coevoluzione: le due specie diventano, l’una per l’altra, la forzante evolutiva dominante. Si parla invece di mutualismo facoltativo quando l’interazione mutualistica è in atto ma il simbionte può esistere anche in assenza del proprio partner e viceversa: nel mutualismo facoltativo entrambe le specie traggono vantaggi dal vivere insieme, ma possono sopravvivere, accrescersi e riprodursi anche vivendo da soli, senza il partner. Quindi, per riassumere, i mutualisti obbligati non possono sopravvivere o riprodursi al di fuori dell’interazione mutualistica, mentre i mutualisti facoltativi possono farlo.

In aggiunta, il grado di specificità del mutualismo cambia da un’interazione all’altra, variando dalle associazioni specie-specifiche (dette associazioni specialiste) a quelle che ammettono un’ampia gamma di partner mutualistici di specie diverse (associazioni generaliste).

Il mutualismo è spesso classificato in base ai vantaggi reciproci che le specie interagenti traggono, come cibo, un posto dove vivere, o un servizio ecologico. Sebbene tali categorie possano essere utili, non si escludono a vicenda: uno dei partner nel mutualismo può ricevere un tipo di vantaggio (come il cibo) mentre l’altro può ricevere un vantaggio differente (ad esempio, un posto dove vivere). Distinguiamo in questo senso:

  • mutualismo di tipo trofico (una specie riceve energia o sostanze nutritive dal suo partner);
  • mutualismo di habitat (uno dei partner offre all’altro un riparo, un luogo in cui vivere);
  • mutualismo di servizio (interazioni in cui un partner svolge un servizio ecologico per l’altro).

Alcuni mutualismi sono evidenti e noti anche per il loro impatto visivo, ad esempio quella tra i pesci pagliaccio e gli anemoni di mare, altri sono ben più nascosti, malgrado coinvolgano l'uomo, come ad esempio la flora batterica che permette la digestione efficiente del cibo o la difesa da parte di altri microrganismi patogeni.[4] Molte di queste associazioni più che utili sono necessarie alla sopravvivenza stessa dei due organismi.[5]

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Esempi di mutualismo

Riepilogo
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Di seguito sono proposti alcuni dei più tipici e più studiati esempi di mutualismo in natura.

Esempi in ambiente terrestre

Negli ecosistemi terrestri gli esempi di mutualismo sono molto numerosi.

Piviere e coccodrillo

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Rappresentazione dell'interazione mutualistica di pulizia tra il coccodrillo del Nilo (Crocodylus niloticus) e il piviere egiziano (Pluvianus aegyptius).

Una simbiosi biologica famosa è quella che sussisterebbe fra il piviere egiziano (Pluvianus aegyptius) e il coccodrillo del Nilo. In questa relazione, il coccodrillo arriverebbe perfino a tenere le fauci spalancate, per permettere all'uccello di far pulizia degli avanzi e dei parassiti sui denti. Per l'uccello, questa relazione non sarebbe solo una fonte di cibo sicura, ma anche uno scudo contro i predatori che mai si azzarderebbero ad avvicinarsi al coccodrillo per attaccare l'uccello. Per quanto spesso citato, non ci sono però prove che tale rapporto simbiotico esista realmente[6].

Formiche e afidi

Spesso nei mutualismi di tipo trofico una specie offre al partner un vantaggio nutritivo, trofico, e l’altra ricambia offrendo al partner un vantaggio protettivo: la protezione da fattori di disturbo biologico come la predazione implica per uno dei due partner (tipicamente la specie protettrice) un accesso facilitato a risorse nutritive e per l’altro (la specie protetta) la difesa da potenziali predatori.

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Una formica preleva una gocciolina di melata da un afide

Diverse specie di formiche spesso formano mutualismi facoltativi con insetti che secernono melata, una soluzione nutritiva ad alto contenuto zuccherino di cui le formiche si nutrono. Le formiche proteggono i loro partner dai predatori. Alcune formiche che si nutrono delle sostanze zuccherine secrete dagli afidi, per proteggere la loro risorsa alimentare, operano in difesa attiva degli stessi afidi dai loro potenziali predatori.

Formiche tagliafoglie e funghi basidiomiceti

Le formiche tagliafoglie (Atta) delle foreste tropicali dell’America centro-meridionale “allevano” funghi basidiomiceti grazie alle foglie che esse stesse raccolgono attorno e trasportano al nido. Queste formiche alimentano, proteggono e nutrono le specie fungine che coltivano, attuando una relazione che beneficia sia l’agricoltore che la coltivazione.

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La formica tagliafoglie Atta cephalotes

Come suggerisce il nome, le formiche tagliafoglie tagliano porzioni di foglie dalle piante per alimentare i funghi nei loro giardini. Tornate al nido, le formiche masticano le foglie fino ad ottenere una poltiglia che fertilizzano con i propri escrementi e che sarà poi lasciata ai funghi come nutrimento. A loro volta, i funghi coltivati producono strutture specializzate, chiamate gongilidi, sulle quali le formiche si nutrono.

Nella collaborazione mutualistica tra le formiche tagliafoglie e i funghi ogni partner aiuta l’altro a superare le difese che proteggono le piante dall’essere mangiate: le formiche, per esempio, raschiano il rivestimento ceroso dalle foglie che i funghi hanno difficoltà a penetrare, mentre i funghi digeriscono e rendono innocue le sostanze chimiche che le piante producono per uccidere o scoraggiare gli insetti erbivori. Le formiche tagliafoglie non possono sopravvivere senza i funghi che coltivano e molti dei funghi dipendono completamente dalle formiche per completare il loro ciclo biologico. Si tratta quindi di un mutualismo obbligato ed estremamente specializzato, figlio di milioni di anni di coevoluzione.

Formiche e acace

Alla metà degli anni Sessanta, l’ecologo americano Daniel Janzen (1966) rimase affascinato dallo strabiliante rapporto mutualistico tra gli alberi di acacia e le formiche nel Messico orientale. La sua ricerca fu uno dei primi studi approfonditi di una tale interazione. I due partecipanti erano Acacia cornigera e la formica dell’acacia, Pseudomyrmex ferruginea, che vive nelle grosse spine cave dell’albero. Le spine dell’albero quindi offrono riparo alle formiche. Le spine dell’acacia, infatti, hanno un robusto rivestimento legnoso con l’interno morbido, facilmente scavato dalle formiche.

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Le formiche Pseudomyrmex ferrugineus associate all'acacia Acacia cornigera

Janzen scoprì che le formiche regine cercavano germogli non occupati, scavavano un buco in una grossa spina e vi deponevano le uova, talvolta allontanandosi per nutrirsi del nettare dell’albero. Le larve, che si sviluppano al riparo dentro le spine dell’acacia, uscite dalle uova poi si nutrono del nettare che la pianta secerne nelle estremità delle foglie dell’acacia, ricche di zuccheri, grassi e proteine. In seguito le larve subiscono una metamorfosi, diventando formiche operaie. Mentre la colonia cresce, questa tenderà ad occupare tutte le spine dell’acacia. Con il tempo, infatti, tutte le spine dell’albero saranno occupate, formando una colonia anche di 30.000 formiche.

Quindi, vivendo tra e dentro le spine dell’acacia, le formiche hanno un luogo sicuro in cui vivere, crescere, riprodursi e alimentarsi. Ma qual è il vantaggio per la pianta? In cambio di vitto e alloggio, queste formiche forniscono all’albero due servizi: difendono il fogliame dagli erbivori che ne consumano le foglie, e mangiano germogli di alberi potenzialmente in competizione che crescevano nei pressi. Le formiche attaccano in modo aggressivo gli insetti e i mammiferi erbivori (come i cervi) che tentano di mangiare la pianta. Inoltre, le formiche dell’acacia usano le loro mandibole anche per tenere lontane altre piante epifite che si accrescono all’interno di un raggio di 10-150 cm della loro acacia, fornendo così all’acacia una zona libera dai competitori in cui crescere.

Per scoprire se i servizi forniti dalle formiche risultano vantaggiosi per le acacie, Janzen eliminò le formiche da alcune piante di acacia e confrontò la crescita e la sopravvivenza di queste piante con quelle che mantenevano le colonie di formiche. Janzen tagliò le spine e recise o bruciò i germogli per eliminare le formiche da alcuni alberi di acacia. I risultati furono sorprendenti. In media, le acacie con le colonie di formiche pesavano più di 14 volte in più di quelle in cui le colonie di formiche erano assenti; inoltre, le acacie che ospitavano le formiche mutualistiche avevano anche tassi di sopravvivenza più elevati (72% contro 43%) e subivano molti meno attacchi da insetti erbivori (Janzen, 1966). Janzen quindi dimostrò che, senza la presenza delle formiche a difenderla, l’acacia perdeva la capacità di resistere ai danni causati dagli insetti erbivori che ne mangiavano foglie, fusti, fiori e radici. Senza di loro, l’albero sarebbe stato spogliato delle foglie e sarebbe probabilmente morto nel giro di sei mesi o di un anno. Non potendo crescere, probabilmente sarebbe stato anche oscurato da alberi in competizione.

Janzen definì le acacie e le loro formiche "mutualisti obbligati", intendendo che una specie senza l’altra non potrebbe sopravvivere e completare il proprio ciclo biologico. Se fossero state eliminate le formiche, l’acacia non avrebbe avuto modo di difendersi, e se fossero state eliminate le acacie, le formiche non avrebbero avuto una dimora.

Esempi tra le piante

Estremamente importanti, anche in campo applicativo, sono le simbiosi che coinvolgono il Regno vegetale. Le radici di numerose piante sono in stretta relazione con funghi e batteri che ne aumentano le capacità assorbitive in quanto aumentano di molto la superficie esplorativa delle stesse radici. Alcune simbiosi (simbiosi azotofissatrici e micorrize) hanno importanti ricadute in agricoltura e selvicoltura soprattutto per i processi sostenibili o per la coltivazione di ambienti difficili (aridità, salinità, inquinanti...). Alcune associazioni poi sono talmente importanti che se private di esse le piante perirebbero (ad esempio molte specie di Orchidee). Altra importante funzione è quella di filtro tra la geosfera e la biosfera. Alcune simbiosi conferiscono alle piante delle caratteristiche che non hanno se isolate: ad esempio piante erbacee da siti geotermali (come Dichanthelium lanuginosum) ospitano endofiti fungini (gen. Curvularia) che le rendono termotolleranti fino a 60-70 °C. Sia la pianta che il fungo sono termosensibili in condizioni aposimbionti.

Buona parte delle micorrize, simbiosi assai diffusa tra un fungo ed una pianta superiore localizzata nell'ambito dell'apparato radicale, sono mutualistiche.

Simile è l'associazione tra ceppi di batteri del genere Rhizobium e specie vegetali a rapido accrescimento come le leguminose erbacee (Fabaceae), con le quali collaborano nell'azotofissazione.

Esempi in ambiente marino

Anche in ambiente marino si possono osservare numerosissime interazioni mutualistiche tra organismi di specie diverse; queste sono molto frequenti soprattutto in ecosistemi ricchi di biodiversità, come le barriere coralline tropicali.

Anemoni di mare e pesci pagliaccio

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Il pesce pagliaccio Amphiprion ocellaris associato all'anemone di mare Heteractis magnifica

Un classico esempio di mutualismo è la convivenza tra i pesci pagliaccio che abitano tra i tentacoli degli anemoni di mare o attinie nelle barriere coralline tropicali. Il pesce, territoriale, protegge l'anemone dai pesci che si nutrono di anemoni, e a loro volta i tentacoli urticanti dell'anemone proteggono il pesce dai suoi predatori, in quanto un muco speciale sul pesce simbionte lo protegge dai tentacoli urticanti.

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Il pesce pagliaccio delle Maldive Amphiprion nigripes associato all'anemone di mare Heteractis magnifica

Per gli ospiti dell’anemone di mare il vantaggio è ovvio: un rifugio sicuro e protezione da eventuali predatori. Le nematocisti, capsule pungenti ricche di tossine presenti sui tentacoli velenosi delle attinie, uccidono gran parte dei pesciolini che si avvicinano, proteggendo quindi i pesci pagliaccio. Questi ultimi, che vivono in mutualismo obbligato con le attinie, sono immuni al veleno dei loro tentacoli perché hanno evoluto uno spesso strato di muco che ricopre la loro pelle che ‘imita’ i recettori chimici dei tentacoli dell’anemone; in questo modo l’anemone riconosce il pesce come parte di sé, consentendo al pesce di vivere in mezzo ai suoi tentacoli. In cambio della protezione offerta dai tentacoli velenosi dell’anemone, il pesce pagliaccio rimuove i parassiti dall’ospite e, con le feci e gli scarti alimentari, fornisce all’anemone anche sostanze nutritive.

Nel caso dell’attinia e del pesce pagliaccio siamo ad un livello di specializzazione talmente alto che possiamo parlare di coevoluzione. Difficilmente i pesci pagliaccio e l’attinia potrebbero sopravvivere e completare il loro ciclo biologico senza la protezione reciproca: il loro strettissimo rapporto mutualistico derivante dalla coevoluzione offre loro migliori probabilità di sopravvivenza. Alcuni pesci pagliaccio sono generalisti, apprezzano diverse specie di attinia; altri invece sono specialisti, come il pesce Amphiprion nigripes che si associa esclusivamente con l’attinia Heteractis magnifica, o il pesce Amphiprion biaculeatus che frequenta solo l’attinia Entacmaea quadricolor.

Anemoni di mare e crostacei

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Il granchio porcellana Neopetrolisthes maculatus associato all'anemone di mare Stichodactyla haddoni

Nelle barriere coralline tropicali non solo i pesci pagliaccio ma anche altri organismi si associano alle attinie. Tra i crostacei è nota l’associazione tra le attinie tropicali e i granchi porcellana (Neopetrolisthes).

Il vantaggio del granchio è ovvio: rifugiandosi tra i tentacoli velenosi dell'anemone di mare, è al sicuro dai predatori. Sebbene non siano ancora molto chiari i possibili vantaggi per l'attinia, c'è ancora dibattito tra gli ecologi se questa interazione sia un caso di mutualismo o di commensalismo.

Coralli e crostacei

Un altro esempio di mutualismo in ambiente marino si ha tra alcune specie di crostacei e alcuni coralli costruttori delle barriere coralline tropicali. I crostacei sfruttano i coralli come rifugio sicuro nel quale crescere e nutrirsi, e in cambio offrono protezione ai coralli, difendendoli da eventuali predatori. I crostacei mutualistici riducono la probabilità che i coralli vengano attaccati e predati da predatori quali ad esempio le stelle marine.

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Il granchio Trapezia rufopunctata, che protegge attivamente i coralli dai quali a sua volta trae protezione

Glynn ha identificato 13 specie di coralli protette da crostacei mutualisti. Tra questi vi sono i gamberi pistola (famiglia Alpheidae) e il granchio Trapezia rufopunctata, il cui habitat è rappresentato dall’intreccio dei coralli dei generi Acropora, Stylophora e Pocillopora con cui vive in una stretta associazione, nascondendosi nel profondo dei rami del corallo e nutrendosi del tessuto morto e del muco del corallo. Questa associazione è un mutualismo, in quanto Trapezia rufopunctata difende attivamente i coralli che la ospitano da eventuali predatori.

Gobidi e gamberetti

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Il mutualismo tra il gambero pistola Alpheus djiboutensis e il pesce gobide Cryptocentrus cinctus avvantaggia entrambi: il crostaceo scava una tana sicura che condivide con il pesce, che ricambia avvertendo il gambero della presenza di eventuali predatori; al di fuori della sua tana, il gambero, quasi cieco, tiene l’antenna appoggiata sul gobide, i cui movimenti improvvisi lo avvertono dei potenziali pericoli

Un altro esempio sono alcuni pesci gobidi (come Gobius, Cryptocentrus o Vanderhorstia) che talvolta vivono insieme a gamberetti del genere Alpheus, noti come gamberi pistola. Il gamberetto scava e ripulisce una tana nella sabbia nella quale vivono sia il gamberetto che il pesce, fornendo così al pesce un rifugio sicuro contro i pericoli. Il gamberetto è quasi cieco, cosa che lo lascia vulnerabile ai predatori quando si sposta sopra il livello del terreno. Fuori dalla tana, il gambero mantiene un’antenna sul pesce; se un predatore o qualche altra forma di disturbo induce il pesce a virare improvvisamente, il gambero ritorna di nuovo nella tana. In caso di pericolo il pesce tocca il gamberetto con la coda per avvertirlo. Quando ciò avviene, entrambi si ritraggono rapidamente nella tana.

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Endosimbiosi

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In alcuni casi, il mutualismo di habitat prende il nome di endosimbiosi. L’endosimbiosi è un’interazione mutualistica molto particolare e molto intima in cui il simbionte, rappresentato generalmente da batteri o da microalghe unicellulari, vive entro gli organi, i tessuti e spesso entro le cellule dell’organismo che funge da ospite dell’endosimbionte.

Il sistema digestivo degli erbivori è colonizzato da una comunità di diversi microrganismi mutualistici che svolgono un ruolo essenziale nella digestione del materiale vegetale. Le camere dello stomaco di un mammifero ruminante contengono abbondanti popolazioni di batteri e protozoi che compiono i processi di fermentazione. Gli abitanti del rumine sono perlopiù anaerobi, adattati a questo ambiente peculiare. Gli stomaci di pressoché tutti i mammiferi erbivori e di alcune specie di uccelli e lucertole si affidano a una complessa comunità microbica per digerire la cellulosa dei tessuti vegetali. Le termiti non producono gli enzimi necessari a digerire il legno, ma hanno batteri endosimbionti capaci di produrli, consentendo quindi l’alimentazione all’insetto.

In ambiente marino, gli organismi ospiti maggiormente interessati dall’endosimbiosi sono radiolari, foraminiferi, poriferi, cnidari, ctenofori, platelminti, molluschi e tunicati, mentre gli endosimbionti autotrofi più comuni sono cianobatteri, cloroficee unicellulari, dette zooclorelle, e dinoflagellati, le zooxantelle.

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La colorazione blu vivo del mollusco bivalve Tridacna della barriera corallina è dovuta alla presenza di zooxantelle endosimbionti

La presenza dell’endosimbionte può determinare la colorazione dell’animale (ad esempio, la colorazione di diverse specie di spugne, ascidie, coralli e molluschi, è dovuta alle microalghe endosimbionti) e influenza notevolmente la sua ecologia: così, ad esempio, animali eterotrofi che ospitano organismi autotrofi nei loro tessuti, devono necessariamente crescere in ambienti molto illuminati, esposti alla luce solare, per permettere la fotosintesi all’endosimbionte.

Mentre nelle acque dei mari temperati le zooxantelle endosimbionti sono limitate a poche specie come il corallo Cladocora caespitosa e l’attinia Anemonia viridis, nelle acque tropicali esse si rinvengono come endosimbionti di numerosi cnidari (idrozoi, scifozoi, antozoi), poriferi, molluschi e tunicati, e sono soprattutto sempre presenti nei tessuti molli dei coralli costruttori delle barriere coralline.

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Zooxantelle del genere Symbiodinium, che vivono in associazione con i coralli che costruiscono le barriere coralline tropicali

I coralli duri delle barriere coralline tropicali secernono un esoscheletro di carbonato di calcio (CaCO3). L’endosimbiosi tra i coralli duri tropicali e le zooxantelle endosimbionti è essenziale per la costruzione dell’ambiente a barriera corallina, in quanto è stata dimostrata un’importante funzione di queste microalghe endosimbionti (appartenenti ai dinoflagellati) nei processi metabolici che portano alla formazione di carbonato di calcio e quindi alla calcificazione dell’esoscheletro del corallo.

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La colorazione verdastra del polipo di questo corallo è dovuta alla presenza di zooxantelle endosimbionti

I singoli individui di corallo, detti polipi, occupano delle piccole coppe carbonatiche, dette coralliti, all’interno dell’ampio esoscheletro del corallo che costituisce la barriera corallina. Nei loro tessuti molli questi coralli ospitano le microalghe unicellulari endosimbionti, le zooxantelle. Queste microalghe forniscono al corallo ossigeno e prodotti organici derivanti dalla fotosintesi come zuccheri (glucosio) e aminoacidi, che utilizzano solo in parte e cedono al corallo andando a costituire una fonte di energia supplementare utilissima al corallo per accelerare la produzione di carbonato di calcio.

Alcuni coralli crescono fino a 25 cm all’anno, e una produzione così intensa di carbonato di calcio è possibile solo grazie all’endosimbiosi con le zooxantelle che vivono nei tessuti molli del corallo. Si stima che la produzione di carbonato di calcio nei coralli tropicali con zooxantelle sia 10 volte maggiore rispetto ai coralli senza zooxantelle.

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Una barriera corallina tropicale. Senza le zooxantelle endosimbionti nei polipi dei coralli, fondamentali per l'alimentazione dei coralli e per la calcificazione dei loro esoscheletri di carbonato di calcio, i coralli non riuscirebbero a raggiungere le dimensioni e a depositare quantità di carbonato di calcio tali da formare le barriere coralline; quindi l'esistenza delle barriere coralline si basa sull'endosimbiosi mutualistica tra zooxantelle e coralli

Senza alghe, questi coralli non sarebbero in grado di avere uno sviluppo rigoglioso nel loro ambiente povero di nutrienti. Senza zooxantelle non vi sarebbero le barriere coralline, in quanto i coralli da soli, senza endosimbionti, non riuscirebbero a depositare una quantità di carbonato di calcio tale da essere sufficiente per l’edificazione della scogliera. Sebbene i polipi dei coralli siano carnivori, consumatori dello zooplancton sospeso nell’acqua circostante, essi ricavano solo il 10% circa del loro fabbisogno energetico giornaliero dallo zooplancton e ottengono il restante 90% dal carbonio fissato attraverso la fotosintesi dalle microalghe endosimbionti.

Anche le microalghe traggono vantaggi dalla simbiosi, il principale è che hanno un posto protetto e sicuro, ben esposto alla luce del sole, in cui vivere e svolgere la fotosintesi; inoltre, il corallo fornisce alle alghe nutrienti minerali, soprattutto azoto sotto forma di prodotti di scarto. Le zooxantelle vengono trasmesse di generazione in generazione per mezzo delle uova del corallo e si moltiplicano nelle cellule gastrodermiche per divisione senza formazione di spore o di stadi sessuali.

Endosimbiosi ed evoluzione

La biologa Lynn Margulis, famosa per la ricerca sull'endosimbiosi, ipotizza che le simbiosi possano costituire un'importante componente dell'evoluzione. Considera infatti la nozione darwiniana dell'evoluzione, guidata dalla competizione, come incompleta, e afferma che l'evoluzione è fortemente basata sulla cooperazione, interazione, e dipendenza mutuale tra organismi. Secondo Margulis e Sagan (1986), "la Vita non colonizzò il mondo attraverso il combattimento, ma per mezzo dell'interconnessione". Come negli umani, gli organismi che cooperano con altri della loro specie o di specie differenti, spesso sopravvivono di più rispetto ad altri che non lo fanno[senza fonte].

Teoria endosimbiotica seriale

Secondo una teoria accettata, cioè la teoria endosimbiotica o teoria endosimbiotica seriale, nata alla fine del XIX secolo, ma riscoperta e riproposta da Lynn Margulis negli anni settanta e ottanta, le cellule eucariote come le conosciamo oggi avrebbero tratto origine dalla simbiosi con organismi procarioti. I vari organelli all'interno della cellula eucariote (mitocondri e cloroplasti in particolar modo), avrebbero avuto origine cioè dall'associazione simbiotica di alcuni procarioti ancestrali che possedevano particolari funzioni ("produrre" energia, attivazione fotosintesi, ecc) con altre cellule. Nel corso dell'evoluzione questa associazione si fece probabilmente sempre più stretta con modificazioni genomiche e funzionali sempre più interdipendenti tra i vari partner dell'associazione. In questo modo si arrivò probabilmente alla costituzione di una simbiosi permanente alla quale nessuno dei vari partner poteva più sottrarsi a scapito della propria stessa sopravvivenza, fornendo così le basi per la comparsa delle cellule animali e vegetali.[7][8][9][10][11].

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Il concetto di simbiosi in altri campi

Dagli anni cinquanta è invalso l'uso in medicina e in psicologia di considerare simbiosi anche:

  1. il rapporto materno-fetale durante la gravidanza;
  2. il rapporto materno-infante, durante l'allattamento (simbiosi psicologica normale o simbiosi infantile);
  3. il rapporto materno-bambino durante i primi anni di vita (simbiosi patologica);
  4. il rapporto simbiotico che ci può essere fra due amici;
  5. il rapporto simbiotico che ci può essere fra due innamorati;
  6. il rapporto simbiotico che si instaura in qualche coppia coniugata.
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Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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