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Sovranità

concezione per cui lo Stato ha il diritto di esercitare il potere e governare sé stesso Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Sovranità
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La sovranità può essere generalmente definita come autorità suprema[1][2][3]. La sovranità implica una gerarchia all'interno di uno stato e l'autonomia esterna per gli stati[4]. In qualsiasi stato, la sovranità è assegnata alla persona, all'organismo o all'istituzione che ha l'autorità suprema sulle persone e la facoltà di modificare le leggi che ne regolano i rapporti[5].

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Il frontespizio del Leviatano (1651) di Thomas Hobbes, raffigurante una allegoria con il Sovrano che brandisce una spada e un pastorale e con un corpo composto da una molteplicità di singoli individui

Nella filosofia politica, la sovranità è un termine sostanziale che designa la legittima autorità suprema su una entità politica[6]. Nel diritto internazionale, uno stato è generalmente considerato sovrano su un territorio quando vi ha esercitato costantemente l'autorità statale senza obiezioni da parte di altri stati[7]. Se il termine "sovranità de iure" si riferisce al diritto legale di esercitarla, "sovranità de facto" si riferisce alla capacità effettiva di farlo. Questa discrepanza può diventare un problema di particolare preoccupazione in caso di fallimento della consueta aspettativa che la sovranità de jure e de facto esistano nel luogo e nel momento in questione e risiedano all'interno della stessa organizzazione.

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Etimologia

Il termine deriva dalla lingua francese (XVI sec.)[8] souverain e suzerain, ripreso a sua volta dal latino volgare superanus (a sua volta una forma derivata del latino super = "sopra") che significa "capo", "sovrano"[9].

Concetto

Riepilogo
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Nel corso della storia, il concetto di sovranità ha avuto molteplici componenti contrastanti, definizioni e applicazioni diverse e spesso incoerenti tra loro[10][11][12][13].

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Aristotele, Museo del Louvre

Se la filosofia dell'antica Grecia non aveva ancora elaborato un pensiero sul concetto di sovranità in quanto tale, già Platone affronta questioni connesse alla giustizia nell'esercizio del potere ed alla sovranità nel La Repubblica, parlando delle modalità d'azione del sovrano ideale che chiama il re-filosofo[14]. Nel suo Leggi, è invece scritto che il popolo non è sovrano (kyrios) se la sua libertà viene violata[15].

La nozione di "sovranità" sembra essere apparsa per la prima volta nel Politica di Aristotele[16]. L'argomento è affrontato in particolare nei libri III e IV, dove il filosofo studia il funzionamento dello Stato in diversi regimi politici. Egli definisce chiaramente il principio dello "stato di diritto, che deve estendersi a tutti"[17], ovvero la supremazia della legge attraverso l'atto dello Stato. Per stabilire la sovranità del potere pubblico, Aristotele crea una gerarchia delle norme. Questa gerarchia stabilisce la sovranità (in greco antico: τὸ κύριον), ovvero la supremazia in diversi ambiti, a seconda della natura degli elementi riuniti: 1) Sovranità della legge, che prevale sui decreti dei magistrati[18]; 2) Sovranità della legge, che prevale sui giudici[18] 3) Sovranità del diritto costituzionale sulle leggi ordinarie[19]. 4) Infine, la sovranità dell'organismo che detiene l'autorità suprema, secondo i regimi politici[20][18].

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Jean Bodin

Il concetto di "sovranità" apparve poi nell'opera di Jean Bodin. Nel suo capolavoro, I sei libri della Repubblica (1576), Bodin si ispirò all'opera di Aristotele per elaborare una nuova teoria della sovranità[21]. Pur collocandosi in un contesto di reinterpretazione del diritto latino, questa affermazione preannunciava la logica statale moderna, che affermava: "È necessario qui formulare una definizione di sovranità, perché non c'è né giurista né filosofo politico che l'abbia definita"[22]. In quanto nuovo strumento teorico, la sovranità rifletteva le condizioni intellettuali e politiche di un'epoca specifica, quella del Rinascimento, cessando gradualmente di scaturire da un rapporto di potere militare (quello dei condottieri) o simbolico (quello delle istituzioni religiose), per essere emanato da una rappresentazione razionalizzata del potere statale, che, secondo Jean Bodin, si incarnava in una volontà unitaria, quella del monarca. L'affermarsi della nozione di ragion di Stato durante il Rinascimento corrispose a questa trasformazione. In quanto prodotto di una specifica rottura sociale, la questione della sovranità permeò di fatto il pensiero rinascimentale. Machiavelli vi alluse quindi nella sua opera, senza tuttavia spiegarla apertamente.

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Thomas Hobbes in un ritratto di John Michael Wright (National Portrait Gallery (Londra)

Un pensiero nuovo e più articolato sulla questione della sovranità viene sviluppato da Thomas Hobbes, che gli dedica la sua opera principale, il Leviatano (1651)[23]. Hobbes fonda il suo pensiero sul potere sovrano sulla attitudine distruttiva dello stato di natura, che è quello della bellum omnium contra omnes (guerra di ciascuno contro tutti). In questo jus naturale (diritto naturale) ogni individuo è sovrano di se stesso e possiede lo Jus in omnia (diritto su tutto) come diritto assoluto di usare ogni mezzo in proprio potere, per la propria conservazione. Il calcolo razionale degli individui li porta logicamente ad adottare un contratto sociale tale per cui viene istituita un'autorità superiore a cui viene ceduta una parte di sovranità individuale. Hobbes elimina così la dualità tra sovrano e popolo, che ancora esisteva in Bodin: una volta creato il Leviatano, il popolo non ha più alcun diritto alla sovranità[24].

Di opinione opposta fu invece John Locke nel suo Due trattati sul governo (1689): per lui, nello stato di natura, l'individuo godeva già dei diritti inalienabili alla vita, alla libertà ed alla proprietà privata (che includeva la proprietà del proprio corpo e dei frutti del proprio lavoro). L'unico legittimo possessore della sovranità è quindi l'individuo che, attraverso il contratto sociale si affida ad una autorità superiore (il Governo) rinunciando al diritto di farsi giustizia da se. Il potere che viene concesso allo Stato, non è assoluto ma limitato dalle leggi e dai diritti naturali ed inalienabili degli individui. Locke traccia così una prima teoria sulla divisione dei poteri, sostenendo che, per evitare l'abuso di potere, la sovranità che il popolo cede allo Stato, deve essere divisa in poteri distinti. Quando chi detiene il potere, agendo contro i diritti naturali dell'uomo, abusa della fiducia che il popolo ha riposto in loro, il popolo ha il diritto di ribellarsi per destituire l'autorità ed istituirne una nuova.

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Jean-Jacques Rousseau ritratto da Maurice Quentin de La Tour intorno al 1750-1753

Con Jean-Jacques Rousseau prende forma il concetto di sovranità popolare. Rousseau sostiene che la sovranità è vera solo quando risiede nel popolo, inteso come la costituzione dei cittadini che formano il corpo sociale dello Stato. Per Rousseau, la sovranità, per essere legittima, deve basarsi sulla volontà generale orientata al bene comune. Poiché ogni elezione ed ogni nomina è una cessione di sovranità, il cittadino non dovrebbe delegare il suo potere[25]. In questa visione, secondo Rousseau, il corpo sociale dovrebbe rinnovare frequentemente quel patto sociale che lo tiene assieme[26]. Nasce così l'identificazione del popolo con lo stato.

Anche Montesquieu, nel suo Lo spirito delle leggi (1748), sostiene che la sovranità appartenga al popolo, ma perora la necessità che il popolo la esprima attraverso rappresentanti che abbiano anche un ruolo pedagogico nei suoi confronti[27]. Montesquie si oppone al pensiero di Hobbes e, più in generale, a tutte le forme di assolutismo, rifiutando l'idea di stabilire un sovrano che detenga il pieno potere, sostenendo che "È una verità eterna che ogni uomo che detiene il potere è incline ad abusarne; continuerà finché non troverà delle limitazioni.[28]. Per Montesquie più la sovranità è diffusa ed articolata, più una società potrà dirsi liberale[27]. È quindi necessario organizzare le istituzioni, in particolare stabilendo una separazione dei poteri: "Affinché non si possa abusare del potere, è necessario che, per l'ordinamento delle cose, il potere freni il potere"[28].

Georg Wilhelm Friedrich Hegel si spinge fino a sostenere che la sovranità del monarca e quella del popolo non si escludano a vicenda, poiché il popolo si identifica con l'intero Stato. Secondo Hegel questo richiede la dissoluzione del concreto (il popolo) nell'astratto (lo Stato)[29]. Karl Marx si oppose al misticismo che circondava le concezioni di sovranità in Hegel e Feuerbach. Si oppose quindi all'idea che Dio potesse essere sovrano del popolo[29]. Per Marx, Hegel tradisce, nel suo pensiero sulla sovranità, la sua concezione astratta dello Stato[30].

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Generalità

Riepilogo
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Bandiera vaticana con le chiavi decussate sormontate dal triregno.
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Stemma dell'Ordine di Malta.
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Il Palazzo di Vetro (New York), la sede centrale dell'ONU
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Luigi XIV personificò la forma più completa di monarca assoluto. Famosa la sua affermazione "L'État c'est moi!" (Lo Stato sono io!)
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Bandiera della Marina Militare. La Marina mercantile italiana utilizza una bandiera molto simile nel cui stemma, che non è sormontato dalla corona, il leone di San Marco regge il Vangelo e non una spada.

In dottrina, il diritto pubblico teorizza tale istituto giuridico essenzialmente come uno degli elementi costitutivi dello Stato, insieme con il territorio e il popolo. Tale assunto, tuttavia, ha incontrato delle eccezioni che vedono riconosciuta la sovranità anche in capo a soggetti privi di un proprio territorio o di un proprio popolo, come inteso in senso tecnico-giuridico stretto.

Ad esempio dopo la riforma costituzionale dell'Ordine dei cavalieri di Malta, emanata da papa Francesco nel 2022, non si può più parlare di sovranità del Sovrano Militare Ordine di Malta (SMOM); il quale come si legge nella nuova costituzione è tecnicamente dipendente dalla Santa Sede, come già sancito da una sentenza cardinalizia del 1954.

Nel diritto costituzionale e internazionale

Nel diritto costituzionale e nel diritto internazionale la sovranità connota il potere supremo nell'ambito dello Stato e nei rapporti internazionali l'indipendenza di un'entità/soggetto statale. L'esercizio della sovranità esprime la possibilità di esercitare una supremazia nell'ambito di una comunità stanziata su un certo territorio. Per il diritto internazionale ha rilevanza solo il gruppo di persone di un soggetto di diritto pubblico internazionale le cui azioni, considerate dall'esterno, hanno valore vincolante per lo Stato e cioè il Capo di uno Stato o i rappresentanti di un Governo.

L'aspetto esterno della sovranità riguarda l'indipendenza. Stato sovrano è sinonimo di Stato indipendente, in posizione di uguaglianza giuridica con gli altri stati e in condizione di determinare liberamente la propria politica estera il che all'interno implica analoghe libertà di scelte[31].

In tempi recenti con l'affermazione delle super potenze e del connesso fenomeno degli stati satelliti e con il sostituirsi di nuove forme di colonialismo economico a quelle del colonialismo ottocentesco, si tende a dare un'interpretazione più formale che sostanziale[32] della nozione esterna di sovranità: si ritiene cioè che la sovranità sussista quando manchino vincoli giuridici che la limitino. Che tale nozione, pur così interpretata, resti un punto di riferimento importante nelle relazioni internazionali è testimoniato dalle reazioni di ripulsa registrate contro la teoria -proclamata dall'URSS nel 1968 in occasione dell'invasione della Cecoslovacchia- della sovranità limitata dei singoli paesi socialisti.

L'esercizio effettivo e indisturbato della sovranità nell'ambito di un territorio è il presupposto cui il diritto internazionale ricollega come conseguenze il diritto dello Stato sovrano di pretendere che altri non penetri nel suo territorio e il dovere corrispettivo di astenersi dall'invadere il territorio altrui: in questo si concreta la cosiddetta sovranità territoriale.

Altro diritto discendente dall'esercizio della sovranità è quello di proteggere i propri cittadini che si trovino nel territorio di un altro Stato[33].

Sovranità monarchica e repubblicana

Nell'antichità il termine sovranità deriva da quello di sovrano, che appunto assommava in sé la pienezza dei poteri di governo. Con l'avvento delle monarchie costituzionali, ai sovrani sono state lasciate normalmente funzioni solo rappresentative dello Stato. Un residuo del potere sovrano in genere riconosciuto a monarchi o ai capi di Stato in genere è il potere di concedere la grazia ai condannati e il conferimento di onorificenze cavalleresche.

Un'espressione attuale della coincidenza dei pieni poteri di governo nella persona del sovrano è offerta dall'art. 1 della Legge fondamentale dello Stato della Città del Vaticano che recita: "Il Sommo Pontefice, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, ha la pienezza dei poteri legislativo, esecutivo e giudiziario"[34][35][36].

All'art. 2 si rinviene un interessante esempio di sovranità propria di una monarchia assoluta in capo a un organo collegiale: "Durante il periodo di Sede vacante, gli stessi poteri appartengono al Collegio dei Cardinali, il quale tuttavia potrà emanare disposizioni legislative solo in caso di urgenza e con efficacia limitata alla durata della vacanza, salvo che esse siano confermate dal Sommo Pontefice successivamente eletto a norma della legge canonica".

Un esempio di espressione della sovranità nelle odierne repubbliche parlamentari è offerto invece dall'art. 1 della Costituzione della Repubblica Italiana che al II comma recita: "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione".

Nelle monarchie costituzionali, il sovrano è sempre il monarca, anche se il suo potere è limitato dagli organi costituzionali e, spesso, solo simbolico e di rappresentanza, ad esempio nelle monarchie del Commonwealth rette dal re o dalla regina del Regno Unito; al contrario, il principe di Monaco esercita effettivamente i poteri stabiliti dalla costituzione.

Negli stati repubblicani, invece, il sovrano è il popolo stesso, quale corpo elettorale dei cittadini, il quale esprime il proprio potere nel limite delle Costituzioni, di solito eleggendo i propri rappresentanti; essi non hanno la sovranità, ma solo la funzione di rappresentanza di coloro che la detengono, cioè gli elettori.

Forme di sovranità

[senza fonte]

Limiti della sovranità

La sovranità dello Stato incontra dei limiti. Questi limiti sono:

  • Limiti di fatto: derivano dall'impossibilità dello Stato di controllare in maniera capillare i vari aspetti della vita del paese.
  • Limiti di diritto o limiti giuridici: derivano dall'ordinamento internazionale il cui scopo è quello di assicurare la coesistenza fra gli stati e di tutelare i popoli e i singoli individui in nome dei diritti umani.

Sovranità e extraterritorialità

Lo jus majestatis dello Stato si estende su tutto il suo territorio, ivi comprese le acque interne e marittime, cosiddette territoriali, nonché lo spazio aereo a essi sovrastante secondo il principio "usque ad inferos, usque ad sidera". Questa affermazione trova però delle deroghe e delle eccezioni: così come non c'è dubbio che la sovranità spiega tutta la sua efficacia nelle exclave non ne ha alcuna per le enclave; ovvero, sino alla metà dell'Ottocento il territorio di Benevento e Pontecorvo pur essendo compreso all'interno del territorio del Regno delle Due Sicilie costituiva parte integrante, come exclave, dello Stato Pontificio e come enclave del napoletano non era in alcun modo assoggettato all'autorità borbonica.

Diverso è il caso delle extraterritorialità, quali le sedi delle Ambasciate di uno Stato ovvero i numerosi palazzi, ospedali, ville pontificie o Basiliche romane di proprietà dello Stato della Città del Vaticano e della Santa Sede. Infatti nelle sedi extraterritoriali - che sono sempre territorio dello Stato ospitante - lo Stato rinuncia a esercitare in buona parte le prerogative della propria sovranità. Parimenti va evidenziato che la sovranità si estende sulle navi italiane della marina mercantile anche in alto mare ed è invece ininterrotta sulle navi da guerra della Marina Militare, ovunque esse si trovino. Lo stesso principio vale per gli aeromobili nazionali, civili e militari.[37]

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Contenuti della sovranità

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Ius imperii

È il diritto del sovrano di esercitare il comando su chi gli sia sottoposto.[38][39]

Ius gladii

È il diritto del sovrano a disporre della forza armata dello Stato: in senso esteso è il potere di infliggere le pene (prima fra tutte la capitale, ossia di amministrare l'alta giustizia) ai sottoposti, o di levarle.[40]

Ius honorum (fons honorum)

La fons honorum (fonte degli onori) è il legittimo diritto che ha un capo di stato, in virtù della sua posizione ufficiale, di insignire di titoli nobiliari, di ordini cavallereschi, o di merito altre persone. Il diritto si conserva in perpetuo, quando un pretendente al trono discende da un sovrano che non abbia abdicato o abbia compiuto atti contrari all'esercizio del diritto (es. acquiescenza formale al nuovo ordinamento costituzionale del già proprio regno).[41]

Debellatio

Al pretendente al trono che si sottometta ad altra sovranità con atto manifesto si applica l'istituto del diritto internazionale della debellatio: ne consegue che quando l'atto sia prestato liberamente, il pretendente perde l'ultima prerogativa sovrana, lo jus honorum, venendo ad assumere lo status di privato cittadino, sebbene col trattamento di Altezza Reale [42]. Il caso è tipico delle repubbliche facenti seguito a un regno: la rinuncia alla pretensione è condizione sine qua non per il rientro degli eredi al trono esiliati (es. il Conte di Parigi, Otto di Asburgo, Vittorio Emanuele di Savoia).

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Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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