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Akio Kashiwagi (柏木昭男?, Kashiwagi Akio; Giappone, 1937-1938 circa – Fujikawaguchiko, 3 gennaio 1992) è stato un imprenditore e giocatore di baccarà giapponese.
Uomo d'affari assai noto nel Giappone della seconda metà del Novecento (anche grazie a pratiche al limite dell'illegale), perse buona parte della sua fortuna a causa della sua ossessione per il gioco del baccarà. Ormai finanziariamente rovinato, venne ucciso da ignoti nel 1992.[1]
Proveniente da una famiglia di umili origini, inizialmente lavorava come guida alpina presso il monte Fuji.[1][2] Si specializzò fin da giovane nella compravendita di immobili e terre, accumulando nel corso degli anni grandi ricchezze. La sua compagnia, Kashiwagi Shoji & Co. con sede a Tokyo, era valutata un miliardo di dollari, e Kashiwagi stesso affermava di possedere un centinaio di milioni circa di liquidità.[3][4]
Non molti dettagli degli affari imprenditoriali di Kashiwagi sono noti, complice anche la sua estrema riservatezza; nacquero quindi sospetti che collaborasse con la yakuza, e che quindi almeno una parte dei suoi guadagni fossero fondi illeciti.[5] Era inoltre noto per usare tattiche di mercato sleali: spesso chi aveva debiti con lui non riusciva a contattarlo a ridosso della scadenza del pagamento a causa della sua irreperibilità, fornendogli così l'opportunità di richiedere il pignoramento delle proprietà dei debitori e quindi arricchirsi ulteriormente.[1][2] In un'occasione ottenne anche l'abbattimento di un asilo in uso per la costruzione di un nuovo complesso residenziale, iniziativa che incrementò la sua già pessima fama.[1][2]
Privatamente Kashiwagi si sposò con una ex-geisha di sei anni più anziana (alcuni la ritengono il suo principale contatto con il mondo del crimine giapponese), e assieme a lei ebbe tre figli.[1][2] Secondo le loro testimonianze, il padre aveva una personalità sgradevole, tanto da interrompere i rapporti col primogenito;[1][2] il suo stile di vita era lussuoso ma non opulento, preferendo evitare abbigliamenti e atteggiamenti vistosi.[2] Possedeva inoltre una pregiata collezione di dipinti di Taikan Yokoyama, che occasionalmente prestava ai musei giapponesi.[2] Era un forte fumatore e amava il whiskey, ma dopo che gli fu diagnosticato il diabete dovette rinunciarvi, ripiegando sul tradizionale tè verde nipponico.[2]
Col tempo Kashiwagi, accanito giocatore di baccarà, sviluppò una vera e propria ossessione verso il gioco, arrivando a sperimentarne prolungate sessioni plurigiornaliere e puntando anche milioni di dollari per ogni singola giocata, partendo da un minimo di 100-200 000.[2][5] Così come le sue perdite (6 milioni di dollari persi al Mirage Casino di Las Vegas) anche le sue vincite erano sproporzionate e rinomate (22 milioni di dollari vinti al Diamond Beach Casino in Australia, che per questo quasi fallì);[2][4][6] per queste sue "imprese" divenne presto famoso nel mondo del gioco d'azzardo, venendo soprannominato "il Guerriero"[2][5] per la sua tenacia e "la Balena" per la sua appartenenza al ristretto gruppo di scommettitori ultraricchi.[2][4][6]
All'inizio del 1990 l'allora imprenditore Donald Trump si recò a Tokyo per sponsorizzare l'incontro di pugilato tra Mike Tyson e Buster Douglas, quando ad una festa notò la presenza di Kashiwagi. Conoscendone la fama di giocatore di baccarà, lo invitò al proprio casinò di Atlantic City per farsi pubblicità,[2][6] sperando segretamente anche di rimpinguare le proprie finanze con le enormi cifre che il giapponese poteva eventualmente perdere al gioco.[4] I consiglieri finanziari di Trump, conoscendo la fama e le capacità di Kashiwagi, avevano cercato di dissuaderlo dall'iniziativa, ma invano.[6]
Giunto in febbraio al Trump Plaza Casino, Kashiwagi cominciò a giocare come suo solito, accumulando presto un credito di 6 milioni di dollari.[2][5][6] Quando dopo due giorni Kashiwagi terminò le puntate e tornò in Giappone, Trump non accettò la perdita e lo invitò nuovamente a giocare presso il suo casinò. Il magnate statunitense si era infatti consultato col matematico Jess Marcum per capire come recuperare i propri soldi, e Marcum gli consigliò semplicemente di continuare a far giocare Kashiwagi, poiché statisticamente a baccarà più aumenta il numero delle giocate e più il banco sarà avvantaggiato.[2][4][6]
Trump convinse quindi Kashiwagi a tornare al suo casinò.[2][6] Nel maggio seguente l'imprenditore giapponese, dopo aver contratto un oneroso prestito a Singapore,[6] tornò con a disposizione 12 milioni di dollari per le puntate: la strategia di Trump prevedeva di continuare a farlo giocare finché la cifra in suo possesso si fosse esaurita o raddoppiata. Inizialmente la fortuna sembrò essere dalla parte di Kashiwagi, dato che vinse altri 9 milioni di dollari.[4][6]
Trump avrebbe quindi voluto interrompere la partita per non subire altre perdite, ma venne convinto da Marcum ad attendere.[6] Dopo alcuni giorni infine Kashiwagi cominciò ad andare in perdita, e dopo una settimana aveva perso, oltre alle cifre guadagnate, altri 10 milioni di dollari della base iniziale. Trump a questo punto decise di interrompere la sessione di gioco, accontentandosi di aver guadagnato 4 milioni di dollari e facendo mandar via il furioso Kashiwagi.[2][4][5][6] Il rapporto tra lui e Donald Trump non si ricompose più, e il futuro presidente degli Stati Uniti minacciò di fargli causa fino alla sua morte poiché uscendo dal Trump Plaza Kashiwagi era riuscito a sottrarre una quantità di fiches valevole 500 000 dollari.[6]
Ad oggi Akio Kashiwagi, proprio a causa di queste sue alterne fortune, detiene il record della più grande vincita ottenuta e contemporaneamente anche della più grande perdita in denaro subita che sia nota a baccarà.[5]
La sconfitta al Trump Plaza fu devastante per le prestazioni di Kashiwagi: recatosi in Europa per continuare a giocare e rifarsi delle perdite, andò invece incontro a sconfitte sempre più gravi, che lo portarono ad avere un passivo di più di 15 milioni di dollari e quindi sull'orlo della bancarotta.[2] Il contemporaneo crollo della bolla speculativa giapponese fece inoltre perdere enormemente di valore la sua azienda, bruciando così la maggior parte del suo patrimonio.[2]
Ormai rovinato, si ritirò a vivere nella città di Fujikawaguchiko nella villetta di sua proprietà, il Castello Kashiwagi, sperando così di evitare ulteriori attenzioni indesiderate. Tuttavia nella notte tra il 2 e il 3 gennaio 1992 venne raggiunto da ignoti e ucciso; la furia degli assassini fu brutale, tanto che sul corpo di Kashiwagi vennero rinvenuti segni compatibili con 150 coltellate, probabilmente inferte con una katana.[1][2][5][6] Non c'erano segni di effrazione, segno che Kashiwagi probabilmente conosceva chi l'aveva ucciso e l'aveva fatto entrare.[2][5] L'omicidio venne scoperto la mattina successiva dalla moglie, che il giorno precedente era stata assente perché andata a trovare i parenti, salvandosi quindi dall'aggressione.[2][4]
I colpevoli dell'uccisione di Akio Kashiwagi non sono mai stati trovati, né sono chiari i motivi dell'omicidio. Vennero arrestati un conoscente, Kodo Saiki, un piccolo criminale locale con cui era in cattivi rapporti, e l'infermiera Emi Miyashita, accusata di essere sua complice, ma i due furono infine scagionati.[2][6] Le ipotesi principali riguardano i supposti legami dell'imprenditore con la yakuza[1][5][6] e i debiti multimilionari (circa 19 milioni di dollari)[2] che aveva contratto con numerosi creditori, fra cui molti dei casinò in cui aveva perso cifre elevate che non aveva potuto ripagare (fra cui almeno 4 milioni ancora dovuti al Trump Plaza).[1][4][2][6]
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