Calotta glaciale antartica
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La calotta glaciale antartica copre circa il 98% del continente antartico e, con un'area di circa 12,3 milioni di chilometri quadrati e un volume di 26,5 milioni di chilometri cubi,[1] equivalenti a circa il 61% di tutta l'acqua dolce della Terra, è il corpo di ghiaccio più grande del pianeta.
La calotta, il cui spessore medio totale è di circa 2 chilometri, non si presenta del tutto continua in virtù della presenza dei monti Transantartici che, attraversando l'intero continente, la separano di fatto in due calotte glaciali, quella dell'Antartide Occidentale e quella dell'Antartide Orientale.
L'unica altra calotta glaciale attualmente esistente sulla Terra è la calotta glaciale groenlandese, nell'Artide, grande circa due volte la calotta antartica occidentale, ma molto più piccola rispetto a quella orientale, che risulta essere 10 volte più vasta della calotta occidentale. Grazie a quest'ultimo fatto e alla sua maggior elevazione rispetto al livello del mare, la calotta glaciale dell'Antartide Orientale risulta meno vulnerabile ai cambiamenti climatici rispetto a quella occidentale.
Nel XX secolo, la calotta antartica è stata uno dei pochi posti sulla Terra a mostrare un raffreddamento limitato anziché un riscaldamento, ciò nonostante, dagli anni 1950 al 2000, la calotta glaciale dell'Antartide Occidentale si è riscaldata di oltre 0,1 °C a decennio, producendo una tendenza al riscaldamento medio di più di 0,05 °C a decennio in tutto il continente a partire dal 1957. Dopo il 2000, il riscaldamento della calotta occidentale è rallentato e anche la calotta orientale ha iniziato a mostrare una chiara tendenza al riscaldamento; tuttavia, a partire dall'inizio degli anni 2020 è stato registrato un aumento nella sua massa a causa dell’aumento delle precipitazioni che congelano sulla sua parte superiore; tale aumento, comunque, non compensa la perdita di ghiaccio subita dai ghiacciai dell'Antartide Occidentale, tra cui spiccano quelle del Thwaites e del Pine Island.[2][3][4][5]
Secondo alcuni studi, entro il 2100, la perdita netta di ghiaccio dal solo Antartide potrebbe aggiungere circa 11 cm all'innalzamento globale del livello del mare. A ciò va aggiunto che, poiché buona parte della calotta occidentale si trova al di sotto del livello del mare – arrivando a 2 540 metri sotto al livello del mare presso la fossa subglaciale di Bentley – essa risulta vulnerabile all'instabilità della calotta glaciale marina,[6] che risulta piuttosto difficile da simulare nei modelli della calotta glaciale. Se tale instabilità dovesse innescarsi prima del 2100, essa potrebbe aumentare l'innalzamento globale del livello del mare causato dalla sopraccitata perdita di ghiaccio antartico di decine di centimetri, in particolare con un elevato riscaldamento generale. Peraltro, la perdita di ghiaccio dal continente genera nuova acqua di disgelo a un ritmo di 1 100-1 500 miliardi di tonnellate all'anno, e quest'ultima, diluendo la salinità dell'acqua di fondo antartica, potrebbe portare all'inversione della circolazione termoalina. Questo fenomeno potrebbe contribuire, nel corso dei secoli, al collasso dell'intera calotta glaciale marina - vale a dire di quella parte di calotta glaciale la cui base poggia su una superficie posta al di sotto del livello del mare -, con un aumento globale del livello del mare stimato in 3,4 metri, se non dell'intera calotta antartica occidentale, il che porterebbe l'innalzamento globale a 4,3 metri.[7]
Secondo recenti scoperte, anche nell’Antartide Orientale la percentuale di ghiaccio che si trova sotto il livello del mare è piuttosto considerevole, tanto che l'innalzamento del livello del mare corrispondente a un suo totale scioglimento sarebbe a pari a 19,2 metri, una quantità enorme, ma comunque molto inferiore ai 53,3 metri di aumento che si otterrebbero con lo scioglimento dell'intera calotta glaciale orientale.[7]
La ricerca paleoclimatica e il miglioramento dei modelli mostrano che è molto probabile che la calotta glaciale dell'Antartide occidentale scomparirà in un lasso di tempo compreso tra i 2 000 e i 13 000 anni, anche se il riscaldamento globale non progredirà ulteriormente, e che solamente il ritorno a una temperatura inferiore di almeno 2 °C a quella del 2020 potrebbe salvarla. Tuttavia, diversi secoli di emissioni elevate potrebbero abbreviare la vita della calotta occidentale a soli 500 anni.[8] Per quanto riguarda la calotta orientale, invece, la sua stabilità e vastità fanno sì che il suo completo scioglimento richiederebbe un riscaldamento globale compreso tra 5 e 10 °C e un minimo di 10 000 anni.