Le colinesterasi sono una famiglia di enzimi facenti parte della classe delle idrolasi. Le molecole più note di questa famiglia sono l'acetilcolinesterasi (localizzata prevalentemente a livello sinaptico) e la pseudocolinesterasi (localizzata nel fegato e nel sangue) che catalizzano la seguente reazione:

acilcolina + H2O ⇄ colina + carbossilato
Fatti in breve Pseudocolinesterasi, Numero EC ...
Pseudocolinesterasi
Thumb
Modello tridimensionale dell'enzima
Numero EC3.1.1.8
ClasseIdrolasi
Nome sistematico
acilcolina acilidrolasi a volte abbreviata con la sigla "CHE"
Altri nomi
butirilcolina esterasi; colinesterasi non specifica; colina esterasi II (non specifica); benzoilcolinesterasi; colina esterasi; butirilcolinesterasi; propionilcolinesterasi; anticolinesterasi; BtChoEasi
Banche datiBRENDA, EXPASY, GTD, PDB (RCSB PDB PDBe PDBj PDBsum)
Fonte: IUBMB
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La pseudocolinesterasi può catalizzare l'idrolisi di diverse acilcoline, anche se catalizza più rapidamente la butirilcolina (BtCh) e pertanto è detta anche butirilcolinesterasi. È in grado di scindere anche l'acetilcolina, ma molto lentamente rispetto all'acetilcolinesterasi.

Significato clinico

Assenza o mutazione della pseudocolinesterasi porta alla cosiddetta deficienza pseudocolinesterasica, una condizione silente che manifesta effetti solo quando nelle persone affette sono somministrate a livello muscolare, di solito durante interventi chirurgici, rilassanti come la succinilcolina o il mivacurium. La mancata azione dell'enzima rende il paziente più sensibile ai rilassanti tanto da portare a paralisi prolungata dei muscoli dell'apparato respiratorio, rendendo necessaria la ventilazione artificiale. Alte concentrazioni di pseudocolinesterasi nel plasma sono state associate nel 95% dei casi a infarto miocardico.[1]

La butirrilcolinesterasi può essere usata come agente profilattico contro i gas nervini e altri veleni organofosfati.[2][3]

Alcuni studi hanno suggerito che una carenza di pseudocolinesterasi sia tra i principali biomarcatori che possono indicare una predisposizione alla sindrome della morte improvvisa del lattante.[4]

Inibitori della colinesterasi

Un inibitore della colinesterasi (anticolinesterasi) blocca o riduce l'azione dell'enzima. Gli inibitori interferiscono nel processo di trasmissione del segnale elettrico: sono quindi delle potenti neurotossine. Il principale sintomo di esposizione agli inibitori della colinesterasi è detto SLUD o SLUDGE, acronimo dall'inglese che indica una sindrome tossica con effetti combinati dovuti all'azione parasimpaticomimetica: aumento della salivazione, aumento della lacrimazione, perdita di controllo degli sfinteri con rilascio urinario e defecazione, disturbi gastrointestinali e vomito; gli effetti dell'esposizione a basse dosi possono fermarsi alla sindrome SLUDGE, ma un'esposizione prolungata può portare anche a spasmi muscolari e morte. Un possibile antidoto contro la loro azione è il pralidoxime; altri farmaci utilizzati per trattare l'intossicazione da anticolinesterasici sono atropina (parasimpaticolitico), Diazepam o Piridostigmina. Tra i principali inibitori ci sono composti a base di fosforo, che hanno struttura molecolare tale da legarsi al sito attivo dell'enzima e bloccarlo in modo irreversibile. Molti inibitori sono prodotti di alcuni serpenti velenosi. Tra gli inibitori della colinesterasi più efficaci possono annoverarsi anche i gas nervini più potenti: Tabun (GA), Soman (GD), Ciclosarin (GF), Sarin (GB, famoso per essere stato rilasciato nel 1995 nella metropolitana di Tokyo dalla setta Aum Shinrikyō) e soprattutto i cosiddetti "agenti V": VE, VG (noto anche come Amiton o Tetram), VM, VR e VX.

Inibitori sono anche usati come farmaci anestetici o nel trattamento della miastenia gravis, del glaucoma (è il caso dell'ecotiopato ioduro) e dell'Alzheimer. Trovano anche impiego come disinfestanti; ne sono esempio alcuni organofosfati e carbammati.

Note

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

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