Convenzione sul genocidio
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La Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio, nota sinteticamente come UN Genocide Convention, è un trattato internazionale che mette al bando il genocidio e obbliga gli Stati parte a implementare l'applicazione di tale divieto. È stata il primo strumento giuridico a codificare il genocidio come un crimine, e il primo trattato in materia di diritti umani adottato all'unanimità dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, il 9 dicembre 1948, con la Risoluzione 260 A (III), nel corso della terza sessione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite.[1][2]
Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio | |
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Firma | 9 dicembre 1948 |
Luogo | New York, Stati Uniti |
Efficacia | 12 gennaio 1951 |
Parti | 146 |
Firmatari originali | 41 |
Depositario | segretario generale delle Nazioni Unite |
Lingue | inglese |
UNTC | 260 (III) A |
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La Convenzione è entrata in vigore il 12 gennaio 1951, e al 2022 conta di 152 Stati parte.
La Convenzione sul genocidio è stata concepita in seguito alla Seconda guerra mondiale, durante la quale si è assistito ad atrocità come quella dell'Olocausto che hanno difettato di una definizione giuridica. L'avvocato ebreo polacco Raphael Lemkin, che ha coniato il termine genocidio nel 1944 per descrivere le Politiche naziste nell'Europa occupata e il Genocidio Armeno, e si batté attivamente per il riconoscimento di ciò come un crimine ai sensi del diritto internazionale.[3] La campagna per tale riconoscimento è culminata nel 1946 con una risoluzione simbolica dell'Assemblea Generale che ha riconosciuto il genocidio come un crimine internazionale e ha invitato alla creazione di un trattato vincolante che prevenga e punisca la perpetrazione del genocidio. In seguito ulteriori confronti e negoziazioni tra gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno portato all'elaborazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio.