diritto che assicura a un individuo la possibilità di manifestare la propria volontà durante un'elezione Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Il diritto di voto è il diritto che assicura a un individuo la possibilità di manifestare la propria volontà durante un'elezione. In molti Stati del mondo è un diritto costituzionale.
Prima dell'introduzione del suffragio universale il diritto di voto era limitato per censo (suffragio censitario), per cultura (suffragio capacitorio) o in base al sesso.
La Corte europea dei diritti dell'uomo ricostruisce il diritto di voto - riconosciuto dall'articolo 3 del primo Protocollo alla CEDU - come cardine per due diritti che sono la doppia faccia della stessa medaglia: il diritto di votare e quello di competere per essere eletti in una carica pubblica.
Si tratta del cosiddetto parallelismo dell'elettorato attivo e dell'elettorato passivo[1], che nella dottrina costituzionale italiana è fatto risalire a due diverse norme: l'articolo 48 (diritto di voto) e l'articolo 51 (accesso alle cariche elettive) della Costituzione.
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La dichiarazione del Consiglio dell'Unione interparlamentare resa a Parigi il 26 marzo 1994 prescrive tassativamente che al rigetto o alla limitazione di candidatura si applichi la possibilità di appello ad una giurisdizione competente a decidere prontamente (Declaration on criteria for free and fair elections, § 4(6)). Tale prescrizione è confluita nel Codice di buona pratica elettorale stilato dalla Commissione di Venezia.
Mentre la verifica della regolarità delle operazioni elettorali regionali (ma anche locali ed europee) è "rimessa al giudice amministrativo ex art. 83/11 d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, ora Titolo VI, Contenzioso elettorale, artt. 126-132 d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, del Codice del processo amministrativo"[2], diverso resta il caso del voto per le Camere del Parlamento, sulle cui elezioni il Governo non ritenne di esercitare la delega conferitagli con il decreto legislativo n. 69 del 2009[3]. In proposito, la Delegazione presso l'assemblea parlamentare dell'OSCE notò che: "Altra criticità sollevata dall’OSCE/ODIHR è quella relativa alla mancata previsione, nelle elezioni politiche italiane, della possibilità da parte dei candidati di presentare reclami su ogni aspetto delle operazioni elettorali a un tribunale competente"[4].
Solo configurando, in ordine alla natura dell'Ufficio centrale nazionale presso la Cassazione, la chiara preferenza «che si tratti di una sezione specializzata della giurisdizione ordinaria» risulterebbe esclusa la configurabilità di un vuoto di tutela[5].
Nella XVI legislatura il disegno di legge n. 3617 (d'iniziativa dei senatori Marco Perduca e Donatella Poretti, recante Adeguamento del diritto elettorale politico alle esigenze di trasparenza della vita pubblica) affermava, nella relazione introduttiva, che il principio di coincidenza di elettorato attivo ed elettorato passivo rappresenta il proprium dell’ordinamento elettorale nostrano sin dalle sue più risalenti tradizioni
L.Ciaurro, Italicum e criticità procedurali: un feticcio che resiste?, in Legge elettorale e riforma costituzionale: procedure parlamentari "sotto stress", a cura di N.Lupo e G.Piccirilli,Il Mulino, Bologna, 2016, 103 sgg.; M.Siclari, Appunti sulla giustiziabilità dei diritti politici, in Nomos,n.2/2016
V. Senato della Repubblica - Legislatura 16º - 1ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 201 del 16/06/2010 - IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO - Schema di decreto legislativo recante: "Attuazione dell'articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al Governo per il riordino del processo amministrativo" (n. 212) (Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69. Seguito e conclusione dell'esame. Parere favorevole con osservazioni), in cui il senatore Sanna "rileva che la proposta di parere avanzata dal relatore, ampiamente condivisibile, suggerisce una riscrittura di parti non insignificanti dello schema di decreto legislativo. Ciò testimonia che sarebbe stato preferibile che il Governo si attenesse alla formulazione proposta dalla commissione costituita presso il Consiglio di Stato, secondo quanto indicato nella legge-delega. Fra l'altro appare incomprensibile la rinuncia ad attuare pienamente la delega con riferimento alla giustiziabilità del contenzioso elettorale nella fase precedente le elezioni; una materia sulla quale il Governo è intervenuto recentemente addirittura con un decreto-legge".
V. anche Legislatura 16ª - 1ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 425 del 12/09/2012 - IN SEDE CONSULTIVA SU ATTI DEL GOVERNO - Schema di decreto legislativo concernente ulteriori disposizioni correttive e integrative al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, recante codice del processo amministrativo (n. 499) (Parere al Ministro per i rapporti con il Parlamento, ai sensi dell'articolo 44, comma 4, della legge 18 giugno 2009, n. 69. Esame. Parere favorevole con condizioni e osservazioni), in cui il senatore Sanna "ricorda che l'articolo 44, comma 2, lettera d), della legge delega (n. 69 del 2009) prevede la razionalizzazione e unificazione delle norme vigenti per il processo amministrativo sul contenzioso elettorale, introducendo la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Osserva che il Governo non ha dato corso a tale parte della delega e dunque propone di integrare il parere, sottolineando l'esigenza di colmare la lacuna".