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edizione del festival cinematografico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La 39ª edizione del Festival internazionale del cinema di Berlino si è svolta a Berlino dal 10 al 21 febbraio 1989, con lo Zoo Palast come sede principale.[1] Direttore del festival è stato per il decimo anno Moritz de Hadeln.
L'Orso d'oro è stato assegnato al film statunitense Rain Man - L'uomo della pioggia di Barry Levinson.
L'Orso d'oro alla carriera è stato assegnato all'attore Dustin Hoffman, mentre la Berlinale Kamera è stata assegnata al regista Stephen Frears e a tre figure che nelle parole di de Hadeln, «avevano contribuito a ristabilire un clima di fiducia e permettere a un numero sempre maggiore di film dell'Est e dell'Ovest di partecipare al festival»: il dirigente della MPAA Marc Spiegel, il presidente dell'amministrazione centrale per il cinema nella Germania Est e viceministro della cultura Horst Pehnert e il vice presidente del Goskino, ente statale sovietico per il cinema, Michail Schkalikow.[2][3][4][5]
Il festival è stato aperto da Le relazioni pericolose di Stephen Frears ed è stato chiuso da Un'altra donna di Woody Allen, entrambi proiettati fuori concorso.[6]
La retrospettiva di questa edizione ha incluso due programmi: uno dedicato al produttore Erich Pommer, figura chiave del movimento espressionista tedesco e a capo dell'UFA dal 1924 al 1926, e uno intitolato "Europe 1939", dedicato alle produzioni cinematografiche europee del 1939.[7]
«Una profusione cautamente raccolta di dichiarazioni e descrizioni, attenuazioni e accuse, che da tempo ha cessato di riguardare un solo uomo ma affronta una rottura storica, dopo la quale la storia non potrà più essere scritta allo stesso modo.»
Alla soglia degli anni novanta la Berlinale era ormai diventata la più importante manifestazione internazionale per i film provenienti dall'Europa dell'Est.[1] Nel 1989 continuarono ad essere mostrati film un tempo banditi o censurati come Privarzaniyat balon della regista bulgara Binka Zhelyazkova (1967) e Obrazy starého sveta dello slovacco Dušan Hanák (1972), entrambi nella sezione Panorama, ma cominciarono anche ad essere proposti i primi film realizzati durante l'era della perestrojka di Michail Gorbačëv. Nel concorso furono presentati Ja milujem, ty miluješ dello stesso Hanák, Il servo di Vadim Abdrašitov e Mielött befejezi röptét a denevér dell'ungherese Péter Tímár, fuori concorso Der Bruch di Frank Beyer e Vlast Solovetskaya. Svidetelstva i dokumenty, documentario di Marina Goldovskaya su un argomento fino a quel momento tabù come quello dei gulag sovietici. Il Forum internazionale del giovane cinema propose tre opere di Aleksandr Sokurov e La piccola Vera di Vasilij Pičul, un film sulla "generazione perduta" russa che risultò uno dei più apprezzati dalla critica.[8][9] «Una metafora del rapporto con lo stato, ancora permeato da un atteggiamento di disperazione e sarcasmo», come scrisse Michael Kötz sul Frankfurter Rundschau, «ci si comincia a dispiacere per Gorbačëv che cerca di ottenere qualcosa partendo da questa base».[1][9] Nel Kinderfilmfest due premi vennero assegnati a Kukolka di Isaak Fridberg, che affrontava il fenomeno degli sport professionistici in Unione Sovietica e gli effetti devastanti sullo sviluppo della personalità dei bambini.[1]
Uno dei principali temi del Forum fu rappresentato dal periodo nazista e dalla necessità di non dimenticare quanto accaduto, una necessità che coincise con le recenti elezioni che avevano portato un partito di estrema destra nella Camera dei Rappresentanti di Berlino.[11][12] Tra gli altri furono proiettati i documentari Lodz Ghetto di Alan Adelson e Kate Taverna, sulla segregazione della popolazione ebraica nel ghetto della città polacca di Łódź, Voices from the Attic di Debbie Goodstein e Jacoba di Joram ten Brink, due storie familiari nell'Europa orientale durante la seconda guerra mondiale, Vienna Is Different: 50 Years After the Anschluss di Susan Korda e David W. Leitner, un'indagine sull'identità austriaca e sulle responsabilità nell'antisemitismo del politico e diplomatico Kurt Waldheim, e Gesucht: Monika Ertl di Christian Baudissin, ritratto della donna uccisa nel 1973 nel tentativo di rapire Klaus Barbie, ex capo della Gestapo a Lione. Un altro documentario incentrato sulla figura del "boia di Lione" rappresentò il punto focale di questa rassegna: Hôtel Terminus di Marcel Ophüls, definito dalla studiosa Gertrud Koch «un film di proporzioni epiche. Il documentarista si è avvicinato al suo soggetto con sarcasmo e la fredda furia del ricercatore».[12]
Le recenti critiche rivolte all'eccessiva presenza delle grandi produzioni hollywoodiane in concorso furono ridimensionate quest'anno grazie alla presenza di un numero di film considerato proporzionato alla loro qualità, anche se non tutti gli addetti ai lavori furono concordi con le decisioni della giuria internazionale.[1] Se a molti sembrò probabile che l'Orso d'Oro potesse andare a una produzione americana, la scelta di Rain Man - L'uomo della pioggia di Barry Levinson deluse parte della critica che avrebbe preferito veder premiato Talk Radio di Oliver Stone.[1][11] L'Orso d'argento per Eric Bogosian, autore della sceneggiatura e interprete del ruolo principale, fu considerato da molti una sorta di "premio di consolazione".[11] Anche Jodie Foster, protagonista di Sotto accusa di Jonathan Kaplan, fu considerata da molti più meritevole dell'Orso d'argento per la migliore attrice di Isabelle Adjani, mentre una standing ovation accolse l'Orso d'oro alla carriera a Dustin Hoffman, un premio onorario assegnato finora solo a James Stewart e Alec Guinness.[11] Anche il cinema europeo fu giudicato in ottima forma con film come Le relazioni pericolose di Stephen Frears, War Requiem di Derek Jarman, Camille Claudel di Bruno Nuytten, Histoires d'Amérique di Chantal Akerman e soprattutto Una recita a quattro di Jacques Rivette, che si aggiudicò il Premio FIPRESCI e che Andreas Kilb definì su Die Zeit «una critica a molti altri film che sono stati proiettati a Berlino. Rivette contrappone la dura sfilata del contenuto culturale all'arte dell'improvvisazione e il ben intenzionato impegno della macchina da presa con la perfezione dell'espressione filmica... Una recita a quattro apre una finestra sullo schermo, permettendoci finalmente di respirare».[1]
Sempre in ambito europeo, il direttore Moritz de Hadeln spiegò così la scarsa presenza di film della Germania Ovest: «La Germania ha un certo numero di registi di livello internazionale, ma certo non producono un film all'anno, non sono operai alla catena di montaggio... però... dalla morte di Fassbinder si avverte un vuoto. La generazione sua, di Kluge e di altri era motivata politicamente, in un determinato momento storico tedesco che è passato. La nuova generazione ha una sola motivazione: fare del cinema. Forse non basta».[13]
L'Italia fu presente in concorso con un solo film, la co-produzione italo-svizzera Bankomatt di Villi Hermann, anche se il festival fu preceduto da aspre polemiche che rischiarono di vedere l'assenza del cinema italiano. Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore, invitato nella sezione Panorama, fu ritirato dal produttore Franco Cristaldi in accordo con l'autore e con i co-produttori a causa dell'atteggiamento considerato offensivo per il cinema italiano. «Ho chiesto io al produttore di ritirare il film e non certo perché mi avessero messo fuori concorso», dichiarò Tornatore su La Stampa, «è che non mi piace l'atteggiamento sprezzante verso il cinema italiano che de Hadeln ha avuto: troppo contraddittorio sarebbe stato presentare un film che esprime il più grande amore verso il cinema italiano, come è Nuovo Cinema Paradiso».[14] Anche Ettore Scola espresse un giudizio severo sul direttore della Berlinale dopo che Splendor venne rifiutato, a quanto pare per il fatto che avrebbe partecipato tre mesi dopo al Festival di Cannes. «È chiaro che si tratta di una ripicca, d'una rivalsa», disse il regista, «evidentemente de Hadeln ha il dente avvelenato con l'Italia... Come si fa a dire che Splendor andrà al Festival di Cannes quando quei selezionatori neppure l'hanno visto? Perché prendersela se i co-produttori francesi del film desiderano tentare con un festival francese? Nuovo Cinema Paradiso è a mio avviso un bellissimo film. Cuore di mamma di Gioia Benelli, che anche come ANAC avevamo suggerito, era più che degno di figurare almeno nella sezione Panorama, era giusto che lo prendesse».[14]
Moritz de Hadeln commentò la minaccia ventilata dall'ANICA di ritirare dal festival lo stand e ogni presenza ufficiale italiana affermando che registi e produttori stavano cercando di «giustificare la modestia della presenza italiana a Berlino» e che la polemica stava prendendo toni «tali da pregiudicare il futuro dei nostri rapporti». In una lettera indirizzata al presidente Silvio Clementelli dichiarò inoltre che era «diritto assoluto d'ogni festival poter liberamente procedere a una selezione... In queste condizioni trovo che i suoi colleghi dovrebbero riconoscere che il festival ha fatto più del dovuto per assicurare una buona presenza italiana».[15] Nonostante il risentimento di alcuni produttori nei confronti di de Hadeln, tutte le polemiche rientrarono dopo una riunione straordinaria dei dirigenti dell'ANICA che si tenne il 7 febbraio 1989, tre giorni prima dell’inizio del festival. Il cinema italiano fu presente con il suo stand promozionale diretto da Marcello Cipollini e venne rappresentato da Bankomatt in concorso e da Maicol di Mario Brenta nel Forum, in cui furono proiettati anche sei video sull'attività di Pier Paolo Pasolini.[16]
Il premio riservato alla sezione Kinderfilmfest è stato assegnato da una giuria composta da membri di età compresa tra 11 e 14 anni, selezionati dalla direzione del festival attraverso questionari inviati l'anno precedente.[17]
- Retrospettiva su Marcel Broodthaers
- Tre film di Christoph Janetzko
- Tre film di Klaus Telscher
- Film di Aleksandr Sokurov
- Il cinema nelle Filippine
- Film dall'Indonesia
- Il cinema in Thailandia
The Kitchen, New York[20]
Tre videotape dalla Corea del Sud
Otto vincitori del 2º Concorso indipendente di cinema e video (Centro Culturale delle Filippine)
Due videotape di Tony Rayns
Altri video e Super 8
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