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Feudatario
titolo feudale, titolare di feudo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Nel periodo compreso tra l'Alto e il Basso Medioevo, e fino all'abolizione del sistema feudale nel XIX secolo, il termine feudatario (o signore) designava in senso generale il detentore di un feudo. La parola feudo deriva dal latino medievale feudum o feodum, a sua volta prestito dal basso francone fehu, che significava "beni mobili, averi" o "possesso di bestiame", ed è imparentato con il tedesco Vieh ("bestiame, armento").[1] Con il tempo, il termine venne a indicare esclusivamente i beni immobili, perdendo il significato più ampio di proprietà.

La figura del feudatario – e il sistema feudale nel suo complesso – subì un'evoluzione graduale nel corso dei secoli, e per questo motivo fu a lungo oggetto di interpretazioni controverse nella storiografia. Il feudalesimo europeo medievale si sviluppò principalmente tra il IX e il XV secolo, pur essendo difficile stabilire confini cronologici netti in ambito storico. Tuttavia, forme di organizzazione feudale si riscontrano anche in altre epoche e in diverse aree del mondo.
I termini "feudo" e "feudatario" vengono spesso usati in modo generico, poiché la gerarchia feudale comprendeva vari livelli di potere. In alcuni regni, come quello franco, il territorio era suddiviso in contee, amministrate dai conti, e in marche, più ampie e strategiche, rette dai marchesi. Nel Basso Medioevo comparvero nuovi titoli, come quello ducale, langraviale e margraviale. La maggiore proliferazione di titoli nobiliari si ebbe però in età moderna, quando al progressivo declino del potere effettivo della nobiltà si accompagnò un aumento dei privilegi e degli incarichi di natura onorifica.
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Origini del fenomeno feudale
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In origine, il feudo rappresentava il possesso di un arimanno, cioè di un uomo libero appartenente a una tribù o a un regno germanico. L'arimanno godeva della propria libertà in quanto partecipava alle spedizioni militari e riceveva una parte del bottino di guerra. Tuttavia, con lo stanziamento dei popoli germanici nei territori già appartenuti all'Impero romano e sotto l'influsso del diritto latino, questa concezione di comunità come unione di pari legati dalle armi entrò in crisi, ponendo le premesse della successiva civiltà medievale.
Nel Medioevo, con il declino della figura dell'arimanno e l'affermarsi della dominazione franca, i feudatari divennero i membri della nobiltà cui il sovrano concedeva temporaneamente un territorio del proprio dominio – il feudo o beneficium – nel quale essi agivano in sua vece, esercitando poteri legislativi, fiscali e giudiziari (la cosiddetta autorità di banno). In origine, alla morte del beneficiario il controllo del territorio sarebbe dovuto ritornare al sovrano.
Il feudatario, dunque, non era il proprietario della terra, ma un usufruttuario che riceveva beni e protezione da un signore più potente in cambio della sottomissione (omaggio feudale) e di un giuramento di fedeltà (vassallaggio). In virtù di tale legame, egli era tenuto a versare tributi e a fornire, in caso di guerra, un contingente di cavalieri e fanti mantenuto a proprie spese – il cosiddetto ost feudale.
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La frammentazione feudale
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Tra il X e l'XI secolo il potere imperiale di eredità carolingia si indebolì progressivamente, e i vari feudatari iniziarono a comportarsi come piccoli sovrani autonomi. Gli imperatori, sempre meno in grado di mantenere unito il proprio dominio – minacciato da Saraceni, Ungari e Vichinghi – cominciarono a riconoscere l'ereditarietà dei feudi, dapprima a beneficio dei grandi feudatari (con il capitolare di Quierzy, 877) e successivamente anche dei minori (con la Constitutio de feudis, 1037). Ebbe così inizio un processo di frammentazione territoriale che trasformò l'Europa in un mosaico di signorie e principati spesso in conflitto fra loro, una situazione destinata a perdurare, almeno in parte, fino alla formazione degli Stati nazionali.
In questo clima di generale insicurezza, si sviluppò il fenomeno dell'incastellamento, che portò alla costruzione di numerosi castelli in tutto l'Occidente medievale. Queste fortificazioni divennero presto i centri del potere militare e politico della feudalità, contribuendo ad accrescere l'autonomia dei vassalli rispetto all'autorità centrale. Spesso era proprio il possesso di una fortificazione a conferire legittimità e prestigio a un signore locale, in un contesto in cui nessun potere superiore poteva più garantirne la legittimazione.
Da questa dinamica nacquero le cosiddette signorie di banno, così definite perché fondate non su una concezione sovrana di territorio, ma sull'esercizio diretto del potere coercitivo (banno) da parte del signore stesso. In questo scenario, profondamente mutato, i feudatari divennero i protagonisti della vita politica e militare dell'Europa medievale.
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Il Basso Medioevo
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La cultura del tempo era profondamente intrisa di spirito feudale: i grandi movimenti dell'epoca, come le Crociate, nacquero e si svilupparono all'interno di una società dominata dalla feudalità, mentre la Chiesa stessa tendeva a sacralizzare la figura del vassallo – anche perché, in molti casi, ne condivideva la condizione. Pur ammantato da una leggenda idealizzata, il sistema feudale conservò molti dei tratti dell'età precedente. L'anarchia feudale, in particolare, non venne meno: i signori continuarono a rifugiarsi nelle proprie rocche, sempre più imponenti e fortificate, a mantenere eserciti privati di cavalieri e a combattersi incessantemente fra loro. Neppure movimenti come la Pace di Dio o le Crociate riuscirono a instaurare la tanto invocata unità dei cavalieri cristiani nella lotta contro l'infedele.
Tra l'XI e il XII secolo cominciarono tuttavia a delinearsi i primi embrioni delle monarchie nazionali, le uniche forze che, in seguito, sarebbero state in grado di contrastare efficacemente il potere feudale. I sovrani, però, non riuscirono inizialmente a imporsi sui propri vassalli: spesso erano più deboli di loro e, talvolta, persino meno ricchi in terre. Emblematico è il caso della Francia capetingia, in cui il re controllava direttamente un territorio assai più ristretto rispetto a quello dei suoi potenti vassalli, come i duchi d'Aquitania o i re angioini-plantageneti.
Crisi del sistema feudale
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La Guerra dei Cent'anni (1337-1453) rappresentò il primo grande colpo inferto alla struttura feudale del Medioevo. Gli eserciti di cavalleria al servizio del Regno di Francia furono infatti più volte sconfitti dagli arcieri inglesi, soldati di estrazione non nobile, ma addestrati ed efficaci sul campo di battaglia. I vassalli, da parte loro, si dimostrarono spesso inaffidabili, indisciplinati e privi di reale capacità strategica. Battaglie come quelle di Crécy, Poitiers e Azincourt rivelarono in modo clamoroso l'inadeguatezza delle tattiche e delle forze feudali di fronte all'emergere di eserciti più moderni e meglio organizzati. Fu questo il primo segnale del tramonto della guerra medievale, fino ad allora dominio esclusivo di una ristretta élite di cavalieri professionisti.
Con l'introduzione di nuove tipologie di truppe, armi da fuoco, compagnie mercenarie ed eserciti permanenti, la feudalità perse progressivamente la propria funzione originaria: la difesa armata dei territori. Nel corso del Quattrocento, mentre si moltiplicavano i titoli nobiliari, fiorivano le corti e prendevano forma le raffinate espressioni culturali di quello che è stato definito l'"autunno del Medioevo", i feudatari videro ridursi il loro potere effettivo. Parallelamente, si consolidavano l'autorità dei sovrani e le strutture dei poteri centrali, segnando la fine dell'egemonia politica e militare della nobiltà feudale.
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L'ultimo feudalesimo
Nel corso dell'Età moderna, il feudalesimo subì una profonda trasformazione che ne segnò l'avvio verso il definitivo tramonto. La nobiltà, nel tentativo di conservare e accrescere i propri privilegi, si trasformò progressivamente in una classe per lo più parassitaria. L'etichetta aristocratica si fece sempre più complessa e rigida, mentre l'espansione dei poteri monarchici ridusse progressivamente l'autorità effettiva dei nobili, i quali, pur sommersi di titoli e onori, videro svanire il loro reale peso politico. La Spagna del XVII secolo e la Francia di Luigi XIV rappresentarono gli esempi più emblematici di questo processo di centralizzazione e di decadenza feudale.
Parallelamente, l'ascesa della borghesia privò la nobiltà fondiaria del suo antico primato economico e pose le basi per nuove rivendicazioni politiche da parte di questo ceto emergente. Non a caso, proprio in Francia – la nazione che per secoli aveva incarnato più di ogni altra l'essenza del sistema feudale – si consumò, con la Rivoluzione francese, il primo e più radicale abbattimento di quell'antica struttura. Con la fine del XVIII secolo, la lunga stagione della feudalità europea poteva dirsi ormai conclusa.
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La fine del feudalesimo
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La Rivoluzione francese e l'Età napoleonica segnarono un deciso tentativo di smantellare i residui dell'antico ordine feudale europeo. Tuttavia, con il Congresso di Vienna (1814-1815) e la successiva Restaurazione, le monarchie europee cercarono di ristabilire l'assetto politico e sociale precedente. Tali sforzi si rivelarono però vani: la nuova classe economicamente dominante, la borghesia, non era disposta a rinunciare ai diritti e alle prerogative conquistati nel periodo rivoluzionario. Essa cercò, attraverso rivolte o riforme pacifiche, di contrastare i tentativi di restaurazione dell'antico regime.
Dopo i moti del 1848, divenne evidente che i governi europei, per poter governare stabilmente, avrebbero dovuto guadagnarsi l'appoggio della borghesia. In quest'ottica, gli antichi privilegi feudali furono progressivamente aboliti, e la nobiltà perse gradualmente il suo ruolo dominante nella vita politica ed economica. All'inizio del XX secolo, il processo di transizione dall'età moderna all'età contemporanea poteva considerarsi concluso.
In Italia, la Costituzione della Repubblica, in vigore dal 1948, ha dichiarato i titoli nobiliari non riconosciuti dallo Stato. Tuttavia, l'articolo 2 della XIV disposizione transitoria e finale prevede che i predicati nobiliari esistenti prima del 28 ottobre 1922 possano essere mantenuti come parte del nome per le famiglie che li avevano storicamente "cognomizzati". Si tratta di un riconoscimento meramente storico, privo di valore giuridico o onorifico.
Il predicato feudale indicava, in origine, la località geografica su cui una casata esercitava i propri antichi poteri signorili o feudali. Esempi noti sono:
- Luca Cordero di Montezemolo, il cui predicato "di Montezemolo" richiama il titolo di marchese di Montezemolo;
- Camillo Benso di Cavour, il cui predicato "di Cavour" rimanda al titolo di conte di Cavour.
La definizione di predicato nobiliare è ribadita anche dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, che lo descrive come "il nome di antico feudo o possesso territoriale che si unisce al titolo nobiliare".
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Prerogative feudali
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Il feudatario medievale godeva di specifici diritti ma era al tempo stesso vincolato da precisi doveri. Il principale obbligo consisteva nella fedeltà verso il signore che gli aveva concesso il beneficium. Tale fedeltà si manifestava soprattutto in tempo di guerra: il vassallo era tenuto a partecipare alle campagne militari del proprio signore e a condurre con sé un contingente di cavalieri e di fanti di origine non nobile, detti sergenti. Questo impegno militare rappresentava la ragion d'essere del sistema feudale, poiché la concessione di terre e di sudditi al feudatario mirava a garantirgli i mezzi per mantenere un piccolo esercito.
In virtù di tale funzione, il signore aveva il diritto di esigere dai propri contadini tributi – come il legnatico o il pontatico – e prestazioni gratuite, dette corvées, che potevano consistere in turni di guardia notturna o in giornate di lavoro obbligatorio nei campi signorili. Tutte queste prerogative erano riassunte nel cosiddetto potere di banno, cioè il diritto di comandare, punire e imporre servizi ai propri sudditi.
Quando ai feudatari fu concessa l'ereditarietà del beneficio, essi poterono disporne liberamente, pur senza acquisirne mai la proprietà effettiva, che rimaneva prerogativa del sovrano. Il feudatario aveva comunque la facoltà di infeudare porzioni del proprio territorio a uomini di fiducia, detti valvassori (dal latino vassi vassorum, "vassalli dei vassalli").
Poiché la terra restava formalmente di proprietà regia, il signore concedente conservava il diritto di revocare il beneficio in caso di cattiva amministrazione o di infedeltà del vassallo. Tale revoca era considerata del tutto legittima, e l'unica forma di opposizione possibile da parte del feudatario era la rivolta, giudicata per lo più come un atto di ribellione ingiustificato. Un esempio celebre fu la ribellione del re d'Inghilterra, in qualità di duca d'Aquitania, contro il proprio signore, il re di Francia, che diede origine alla Guerra dei Cent'anni.
Il diritto dell'epoca, tuttavia, prevedeva un'unica circostanza in cui la rivolta contro il sovrano potesse essere ritenuta legittima: il caso di un sovrano ingiusto o empio. Secondo la dottrina della Chiesa, infatti, se il concedente del beneficio si fosse macchiato di empietà, fosse stato scomunicato o avesse ottenuto il potere in modo illecito, il suddito avrebbe avuto pieno diritto di opporglisi.
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Forme del feudalesimo
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Alla luce di questa analisi storica, risulta impossibile tracciare un profilo unitario della feudalità. I feudatari dell'Alto Medioevo costituivano essenzialmente una casta guerriera, poco colta e dedita a campagne di saccheggio stagionali; quelli del periodo successivo, invece, iniziarono a sviluppare gli embrioni di quella civiltà cortese che avrebbe poi dato origine alla vita di corte. La nobiltà dell'Età moderna, infine, elaborò un complesso codice di comportamento, fondato sull'etichetta e su ideali di magnanimità e cortesia, che ancora oggi influenzano l'immaginario collettivo. È dunque anacronistico accomunare figure tanto diverse come l'arimanno germanico e il cortigiano di Versailles, così come è riduttivo assimilare un signore provenzale del XII secolo a uno contemporaneo dell'Europa orientale: i contesti sociali, politici e culturali che li produssero erano profondamente differenti.
Al di fuori dell'Europa, inoltre, si svilupparono forme di organizzazione feudale autonome, come il feudalesimo giapponese dei samurai, quello cinese e quello dell'Impero ottomano. In ambito storiografico, tuttavia, il termine feudalesimo viene usato in senso stretto per indicare il fenomeno tipicamente europeo e medievale, sorto nell'Occidente latino tra il IX e il XV secolo.
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Feudatario nel linguaggio corrente
Nel linguaggio comune, il termine feudatario viene spesso utilizzato in senso figurato per indicare una persona che esercita un'influenza rilevante – seppur non riconosciuta formalmente dalla legge – su una determinata area o ambito, definita appunto feudo. Si parla, ad esempio, di feudi elettorali per descrivere circoscrizioni o territori in cui un politico o un partito godono di un sostegno quasi assoluto, dovuto alla propria popolarità o a particolari dinamiche locali. In senso più generale, viene talvolta chiamato feudatario anche chi detiene pieni poteri o un forte controllo in un specifica regione, settore o istituzione, in analogia con la figura del signore feudale del Medioevo.
Note
Bibliografia
Voci correlate
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