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La cosiddetta Lettera del Diavolo è una missiva risalente al 1676 che sarebbe stata dettata da Satana ad una suora, Maria Crocifissa della Concezione, al secolo Isabella Tomasi (1645-1699). Il documento attirò l'attenzione dello scrittore Giuseppe Tomasi di Lampedusa, pronipote della suora. Negli anni sessanta, La Domenica del Corriere bandì un concorso a premi per chi fosse riuscito a tradurre la lettera.
L'originale è custodito nel monastero femminile benedettino di clausura del SS. Rosario a Palma di Montechiaro (Agrigento) mentre una copia è conservata nella cattedrale di Agrigento.
Il documento venne probabilmente redatto da suor Maria Crocifissa della Concezione, al secolo Isabella Tomasi, una monaca benedettina della nobile famiglia Tomasi di Lampedusa; la suora l'11 agosto venne ritrovata seduta a terra nella sua cella con il volto sporco di inchiostro, un calamaio sulle gambe e un foglio in mano scritto in un presunto alfabeto incomprensibile; la suora poi racconterà che la lettera le era stata dettata da Satana. Il documento faceva parte di un manoscritto che la suora aveva stilato per il suo padre confessore. Gli annali del monastero riportano che questo autografo sia stato ricevuto dalla suora l'11 agosto 1676 da parte del demonio in persona che le chiese di firmarlo. Suor Crocifissa, avendo compreso il contenuto della lettera, vi scrisse invece solo «ohimè».
La monaca era sorella di san Giuseppe Maria Tomasi, dell'ordine dei Teatini; fu poi dichiarata venerabile da papa Pio VI, ed è sepolta nel monastero.
Nel 2017 un gruppo catanese di fisici e di informatici ha ritentuto di avere parzialmente decifrato la lettera. Con un complesso algoritmo di decrittazione che ha utilizzato lettere di alfabeti latino, greco, runico e yazida (che la suora poteva ben conoscere) si è ottenuta una serie di parole, ognuna di senso compiuto, delle quali però non è chiaro il significato complessivo[1][2].
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