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figura retorica che dà un giudizio negando un'espressione di senso contrario Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
La litòte (dal greco antico litótēs, "semplicità" e "attenuazione", da litós "semplice") è una figura retorica che consiste nel dare un giudizio o fare un'affermazione adoperando la negazione di un'espressione di senso contrario. Si ha quando si sostituisce un'espressione troppo cruda con la negazione del contrario. Può avere intento di attenuazione o enfasi, ma anche di eufemismo o ironia.
Un esempio di litote è dire "non mi sento troppo bene", per dire "mi sento male", in questo caso con valore intensivo.[1]
Un esempio di litote è la definizione che Alessandro Manzoni dà di Don Abbondio ne I promessi sposi[2]:
«Don Abbondio (il lettore se n'è già avveduto) non era nato con un cuor di leone.»
Un altro esempio di litote si ha in Foscolo, nel sonetto A Zacinto:
«... onde non tacque
le tue limpide nubi e le tue fronde
l'inclito verso di colui che l'acque
cantò fatali ...»
Anche nella Divina Commedia si trova un esempio di litote nel Canto II dell'Inferno:
«Però, se l'avversario d'ogne male
cortese i fu, pensando l'alto effetto
ch'uscir dovea di lui, e 'l chi e 'l quale,
non pare indegno ad omo d'intelletto.»
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