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abate e storico della Chiesa italiano (1811-1897) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Luigi Tosti (Napoli, 13 febbraio 1811 – Montecassino, 24 settembre 1897) è stato un abate, patriota e storico italiano. Monaco benedettino e abate di Monte Cassino, studioso di cose ecclesiastiche ed esponente del neoguelfismo, ha avuto un ruolo di primo piano non soltanto nell'ambito della storiografia cattolico-liberale del XIX secolo, come peraltro attestato da Benedetto Croce[1], ma anche per il coinvolgimento attivo nei moti del 1848, sostenendo le idee di Vincenzo Gioberti e contribuendo a rilanciarle con il volume sulla Storia della Lega lombarda, dedicato a Pio IX, che si configurava come una sorta di inno al patriottismo per i cattolici[2]. Ebbe anche rilievo, nel 1887, il suo tentativo, poi risultato vano, di favorire la Conciliazione fra Stato e Chiesa[3].
«Tosti si era foggiata la propria figura, da artista, e, sentendo battere
il suo cuore d'italiano e facendo scorrere lo sguardo sulla sua nera veste di benedettino,
provava il sentimento della realtà di quella figura, e operava e parlava in accordo con essa,
non per calcolo politico o oratorio, ma sinceramente, per darle forma nei fatti»
Nato da famiglia nobile, fin da giovanissimo fu mandato all'Abbazia cassinese, dove aveva uno zio monaco. Completati gli studi a Roma, ricevette l'ordinazione sacerdotale nel 1833. Tornato a Cassino, divenne lettore e insegnante di teologia all'abbazia[4].
Fin dai primi anni della permanenza cassinate, Tosti si dedicò allo studio e alle ricerche erudite, dimostrando una non comune simpatia, almeno per un esponente della gerarchia cattolica, anche per gli storici tedeschi, convinto che i fatti, «al tocco del razionalismo germanico», incominciassero a «palpitare della vita»[5]. Non è un caso, del resto, che Croce, inserendo il padre benedettino nella scuola storiografica cattolica-liberale, comprendente tra gli altri Manzoni, Carlo Troya, Gioberti, Cesare Balbo e Tommaseo, tenesse a precisare che la «tendenziosità» riscontrata nei lavori di questo filone pubblicistico apparteneva alla «forma più alta», in quanto i suoi maggiori esponenti (secondo il filosofo «fermissimi cattolici, tutti non meno fermi patrioti e liberali») applicavano quotidianamente tutto quanto avevano essi stessi delineato nelle loro opere, anche come insegnamento per il futuro[6].
I primi studi degni di rilievo dell'abate Tosti si ebbero con i tre volumi della Storia della Badia di Monte Cassino, editi tra il 1842 e il 1843, e con la monografia di Bonifacio VIII del 1846. Ma, anche dato il clima in cui insisteva, e per gli strascichi che da essa derivarono, la pubblicazione più complessa e, per certi versi, più importante del benedettino era rappresentata dalla Storia della Lega lombarda[7]. Infatti, uscita in pieno Risorgimento, questa pubblicazione se, da un lato, ottenne l'avallo del pontefice, destò, dall'altro lato, molte perplessità nella gerarchia ecclesiastica, per via del parallelo tra lo stesso Pio IX e papa Alessandro III[8].
La Storia leghista s'inseriva nel quadro dell'attività illuminata dei benedettini di Montecassino. A tal riguardo Ernest Renan, che aveva viaggiato in Italia tra il 1849 e il 1850, affermò che, nel declino morale e sociale caratterizzante il Regno di Napoli, la predetta abbazia emergeva, al contrario, come la culla di un nuovo ed originale movimento intellettuale, sospinto proprio da Tosti, che pure non era riuscito a incontrare[9]. In quest'opera il padre benedettino, secondo il filosofo francese, spiegava che il fatto che l'Italia fosse cattolica avrebbe dovuto significare anche che i cattolici, mostrando amore per la patria, dovevano volere per essa libertà e democrazia, e quindi essere patriottici[10]. Dello stesso avviso Benedetto Croce che, esaminando la medesima Storia, che era aperta dalla celebrazione delle città italiane, affermava che il Tosti del 1848 «sentiva risorto nel suo petto l'animo di un ardente seguace di papa Gregorio VII o di Alessandro III, rinnovato insieme e temprato agli ideali della nazionalità italiani e della civiltà del secolo decimonono»[11]. Del resto, basta leggere l'emblematica dedica a Pio IX di questa Storia per comprendere appieno lo spirito e la carica ideale che animavano il Tosti patriota risorgimentale: «Con questo volume nelle mani affacciatevi, Padre Beatissimo, dalla mistica rocca della Chiesa: contemplate l'avvenire, interrogate il passato, palpate i nostri petti, e addimandate al palpito de' nostri cuori se siamo figli di quei Lombardi, che, ammogliato il Romano Pontefice alla libertà della patria, seppero con immacolato sangue difenderlo»[12].
Questi concetti, come rilevava Renan, si sarebbero fatti più vivi nell'opuscolo Il veggente del secolo XIX[13], che uscì per i tipi dell'abbazia di Montecassino nel 1860[14]. Nel frattempo, però, la vita del padre benedettino era cambiata. Infatti, essendosi nel 1848 adoperato per ottenere dal pontefice la rinuncia al potere temporale e per evitare che la città eterna fosse preda dei francesi, era stato costretto a salvarsi dalle ritorsioni borboniche, riparandosi prima a Roma e poi in Toscana, per far ritorno a Cassino soltanto nel 1850[15]. Da allora Tosti era tornato ai suoi studi, scrivendo nell'ordine, fra le altre, le storie di Pietro Abelardo nel 1851, del concilio di Costanza nel 1853, dello scisma greco nel 1856 e di Matilde di Canossa nel 1859, così come i prolegomeni alla Storia universale della Chiesa (1861) e il polemico S. Benedetto al parlamento nazionale, che uscì in coincidenza con l'Unità[16].
Se nel 1870-71, durante la guerra franco-prussiana, era annoverato, come attesta Federico Chabod, fra gli intellettuali che cercarono di spronare il governo verso un armamento italiano[17], il ruolo del padre benedettino emerse con maggior spinta alla fine degli anni Ottanta del XIX secolo. Padre Tosti si adoperò, infatti, per formalizzare la distensione nei rapporti fra lo Stato italiano e il papato, anche attraverso un opuscolo di 23 pagine, pubblicato nel 1887, dall'inequivocabile titolo: La conciliazione[18]. Il suo contenuto, come emerge dai carteggi con Gabrio Casati, era già in nuce negli anni dell'unificazione nazionale[19]. Sta di fatto che l'opuscolo e l'opera di intermediazione di Tosti fra Crispi e Leone XIII, approvati inizialmente da quest'ultimo, furono invece sconfessati[20].
Tosti ebbe un ruolo importante anche quale sovrintendente generale per i monumenti sacri d'Italia: infatti, dopo essersi per battuto per l'apertura del Museo campano, e averlo inaugurato[21], riuscì a far riunire il 30 dicembre 1879, e per la prima volta, i membri di diversi consessi del napoletano, fra i quali anche Bartolommeo Capasso, al fine di discutere dello stato dei monumenti, farne un elenco e verificare quali di essi dovevano essere sottoposti a restauro[22]. Fece parte della commissione d'esame della Scuola vaticana di paleografia diplomatica e archivistica.
Tutte le opere del padre benedettino furono ristampate, in 19 volumi, tra il 1886 e il 1899[23].
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