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Mario Malausa (Tripoli, 27 gennaio 1938 – Ciaculli, 30 giugno 1963) è stato un carabiniere italiano, vittima di Cosa Nostra[1].
Mario Malausa | |
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Nascita | Tripoli, 27 gennaio 1938 |
Morte | Ciaculli, 30 giugno 1963 |
Cause della morte | esplosione di ordigno |
Dati militari | |
Paese servito | Italia |
Forza armata | Esercito Italiano (all'epoca) |
Arma | Arma dei Carabinieri |
Corpo | Legione Carabinieri di Palermo |
Unità | Gruppo Carabinieri di Palermo |
Grado | Tenente |
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Nato a Tripoli nel 1938 da una famiglia originaria di Revello,[2] il tenente Mario Malausa venne assegnato alla compagnia dei carabinieri di Roccella.[3] Ricoprendo questo incarico, il tenente Malausa era riuscito a creare ben più di un problema alla mafia locale,[3] stilando anche una serie di rapporti che sottolineavano le relazioni tra mafiosi e potere politico.[3][4][5] In virtù del suo incarico, il 30 giugno 1963 Malausa fu tra i primi ad intervenire quando una chiamata anonima giunta alla questura di Palermo informò le forze dell'ordine della presenza di una Giulietta sospetta a Ciaculli, una borgata di Palermo.[6] In quei mesi era in corso la prima guerra di mafia, quindi le forze dell'ordine pensarono subito che quella fosse un'autobomba destinata a qualche boss mafioso e quindi chiamarono subito gli artificieri.[6] Questi riuscirono a disinnescare la bomba presente in auto dopo un'ora di lavoro, ritenendo dunque il pericolo cessato.[7] A quel punto però, il tenente Malausa decise di aprire il bagagliaio dell'auto per verificarne il contenuto.[6] Questo causò l'esplosione immediata della vettura, a causa della probabile presenza di una seconda bomba nascosta,[8] esplosione che investì in pieno, uccidendoli, il tenente Malausa, il maresciallo di P.S. Silvio Corrao, il maresciallo dei CC Calogero Vaccaro, gli appuntati Eugenio Altomare e Marino Fardelli, il maresciallo dell'esercito Pasquale Nuccio e il soldato Giorgio Ciacci.[7] Questa strage, passata alla storia come strage di Ciaculli, fu l'evento più sanguinoso della prima guerra di mafia.[9] Nonostante le molte indagini, i responsabili diretti della strage non furono mai identificati. Nel 1984 il pentito Tommaso Buscetta, uno degli accusati della strage, dichiarò che questa era da addebitare al solo Michele Cavataio.[10] Mentre altre indagini arrivarono ad ipotizzare che l'autobomba fosse stata preparata proprio per colpire il tenente Malausa, visto dalla mafia come un pericolo a causa delle sue indagini.[4] Infatti il rapporto stilato da Malausa sulle attività di alcuni boss mafiosi e i loro rapporti con la politica fece scalpore perché venne reso pubblico soltanto nel 1965, quando venne acquisito dalla Commissione parlamentare antimafia.[5]
Pochi mesi dopo la strage, il padre di Malausa morì per il dolore.[3]
Al tenente Malausa sono state dedicate una via ad Envie, città di residenza della sua famiglia, ed un'altra a Revello, mentre a Saluzzo gli è stata dedicata la sezione dei carabinieri in congedo.[11]
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