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Antonio Lasciac

architetto italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Antonio Lasciac
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Antonio Lasciac, in sloveno noto come Anton Laščak, (Gorizia, 21 settembre 1856Il Cairo, 26 dicembre 1946) è stato un architetto italiano[1] che ha lavorato in Egitto per più di cinquant'anni, tra il 1882 e il 1936.[2]

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Biografia

Riepilogo
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Il Palazzo del khedivè sul Bosforo (Distretto di Beykoz)

Antonio Lasciac (in sloveno: Anton Laščak) nasce a Gorizia in Borgo San Rocco, primo di sei figli del conciatore di pelli Pietro Lasciak e di Giuseppina Trampus, entrambi di origine slovena. Fin da bambino dimostra delle attitudini e un interesse speciale per l'architettura e dopo le Reali inferiori e la Oberrealschule frequenta il Politecnico di Vienna. Si sposa, ancora studente, con Maria Luigia Plesnizer (in sloveno: Marija Alojzija Plesničar) dalla quale ha tre figli: Plautilla Angelina Francesca, Fabrizio Antonio Giuseppe e Romeo Italico Alessandro.[3][4]

Si laurea in architettura e ancora non compiuti i ventisei anni (9 agosto 1882) firma il suo primo progetto di ristrutturazione e ampliamento di una casa in via Vaccano, 6 per conto di Antonio Rickertzen. L'anno successivo si reca in Egitto ad Alessandria dove realizza la galleria Menasce sul modello della galleria milanese Vittorio Emanuele II.[5]

Nel 1888 torna in Italia, a Napoli, e nel 1891 fissa la sua residenza a Roma, mettendosi in contatto con i grandi architetti locali e partecipando a numerosi concorsi nei quali si metterà in luce. A Roma elabora i progetti per la Chiesa del Sacro Cuore (1891) e di San Rocco (1894), entrambe in Gorizia e mai realizzate per gli ingenti costi di costruzione. Dal 1898 tutta la famiglia prende dimora al Cairo; in quegli anni Lasciac continua a lavorare senza sosta elaborando un numero considerevole di progetti tra i quali si deve citare anche la monumentale fontana-obelisco di Piazza San Rocco a Gorizia, inaugurata il 25 aprile del 1909. Fu un evento fondamentale ed epocale per il Borgo e la città di Gorizia che non inaugurava fontane dalla metà del Settecento (l'ultima fu quella dell'Ercole di Nicolò Pacassi 1755). Scrive il Corriere Friulano del 26 aprile 1909:

«l'aria deliziosamente primaverile armonizzava con l'esultanza popolare, piazza San Rocco era tutta pavesata a festa, ogni casa sfoggiava drappi e fiori, e fra esse spiccava il verone di casa Bertòs con i colori di Gorizia, a rendere quasi più palese ed affettuoso il legame fra i borghigiani e il Comune. La gente si era raccolta fittamente intorno alla fontana formando un animato quadrilatero. Alle 10 precise arrivarono, nella carrozza di gala, il podestà Giorgio Bombi con i dottori Vittorio Cesciutti e Achille Venier, accolti dalla banda civica diretta dal maestro Bianchi, e dai maggiorenti e membri del comitato sig.ri Sbuelz, Pietro Bertos, Giuseppe Bisiach, on. Carlo Rubbia, Francesco Pauletig, Giacomo Picciulin, Michele Culot e Gianvittorio Quaini. Ebbe luogo quindi la benedizione del monumento da parte del parroco di San Rocco, don Carlo de Baubela, coadiuvato da don Eugenio Volani. Fecero seguito i numerosi discorsi di ringraziamento indirizzati all'architetto Lasciac ed a tutti coloro che avevano cooperato alla realizzazione dell'opera, dimostrando di possedere un animo educato al sentimento dell'arte e del bello, capace di contraddistinguere le nazioni più civili…»

Nel 1907 su commissione egiziana costruisce il Palazzo del khedivè a Istanbul e il Palazzo Tahra. Viene così nominato Architetto capo dei Palazzi chediviali e ottiene il titolo onorifico di Bey. Nel 1899, in previsione di un suo definitivo ritorno a Gorizia, si fa costruire un'avveniristica e fantasiosa villa in stile moresco, sul Colle del Rafut, ma non vi prenderà mai dimora. Durante la prima guerra mondiale si stabilisce a Roma.

Nel 1917 disegna un Piano di regolazione e ampliamento per la città di Gorizia, questo piano, seppur non accolto e condiviso globalmente, sarà alla base di quello successivamente elaborato dall'architetto Max Fabiani. Negli anni venti del XX secolo ritorna al Cairo dove vedrà morire entrambi i figli maschi. Nel 1929 diventa Accademico di San Luca. Ormai anziano, dopo una trentina di altre peregrinazioni tra l'oriente e Roma, nel 1940 decide di stabilirsi definitivamente a Gorizia. Tuttavia verso la fine del 1946 fa ritorno al Cairo, ma vi muore il 26 dicembre dello stesso anno.

La sua città natale lo ha ricordato con numerose mostre e pubblicazioni e gli ha dedicato una via nel suo amato Borgo San Rocco.[6]

L'asteroide 292459 è stato dedicato a lui.[7]

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Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

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