Gorizia
comune italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Gorizia (IPA: ɡoˈriʦʦja[8] ; Guriza in friulano goriziano, Gurize in friulano[9]; Gorica in sloveno, [ɡɔˈɾiːʦa],[10][9]; Görz in tedesco; Gurissa in dialetto bisiaco) è un comune italiano di 33 689 abitanti[2] della regione a statuto speciale del Friuli-Venezia Giulia. Già capoluogo dell'omonima provincia, oggi amministrativamente soppressa, è sede dell'Ente di decentramento regionale di Gorizia.
Gorizia comune | |
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(IT) Gorizia (FUR) Gurize [1] | |
Veduta del centro storico dal castello | |
Localizzazione | |
Stato | Italia |
Regione | Friuli-Venezia Giulia |
Provincia | Gorizia |
Amministrazione | |
Sindaco | Rodolfo Ziberna (FI) dal 26-6-2017 (2º mandato dal 26-6-2022) |
Territorio | |
Coordinate | 45°56′06.72″N 13°37′09.48″E |
Altitudine | 86 m s.l.m. |
Superficie | 41,26 km² |
Abitanti | 33 689[2] (31-10-2024) |
Densità | 816,51 ab./km² |
Frazioni | nessuna[3]; vedi elenco quartieri |
Comuni confinanti | Collio (SLO), Farra d'Isonzo, Mossa, Nova Gorica (SLO), San Floriano del Collio, Savogna d'Isonzo, San Pietro-Vertoiba (SLO) |
Altre informazioni | |
Cod. postale | 34170 |
Prefisso | 0481 |
Fuso orario | UTC+1 |
Codice ISTAT | 031007 |
Cod. catastale | E098 |
Targa | GO |
Cl. sismica | zona 2 (sismicità media)[4] |
Cl. climatica | zona E, 2 333 GG[5] |
Nome abitanti | goriziani |
Patrono | santi Ilario e Taziano |
Giorno festivo | 16 marzo |
Soprannome | La Nizza austriaca[6] La Città giardino[7] |
Cartografia | |
Posizione del comune di Gorizia nella ex provincia omonima | |
Sito istituzionale | |
La città forma un'area urbana integrata anche amministrativamente con i comuni sloveni di Nova Gorica e di San Pietro-Vertoiba. Il territorio della città slovena di Nova Gorica, anch'essa situata lungo il fiume Isonzo, fu parte integrante del comune di Gorizia fino al 1947, quando l'Istria e gran parte della Venezia Giulia vennero cedute alla Jugoslavia in seguito al trattato di Parigi. Per la sua posizione e per la sua storia, Gorizia è uno dei punti di congiunzione fra le culture romanze, slave e germaniche. Come il resto del Goriziano, la città rientra sia nei confini del Friuli sia in quelli della Venezia Giulia.
Gorizia si trova all'estrema periferia orientale della Pianura friulana al confine tra l'Italia e la Slovenia. Situata alle pendici del Carso, altopiano roccioso calcareo, appartenente alle Alpi Giulie, alla confluenza delle valli dei fiumi Isonzo e Vipacco, naturali vie di comunicazione tra oriente e occidente già in tempi remoti.
Gorizia è bagnata dal fiume Isonzo, corso d'acqua che scorre per 2⁄3 nel Goriziano sloveno e per 1⁄3 in provincia di Gorizia. L'Isonzo entra in territorio italiano proprio presso Gorizia. La sua portata massima è stata registrata nel 1924 a Salcano (frazione di Nova Gorica), quando raggiunse i 2 500 m³/s. In particolare il fiume Vipacco confluisce nell'Isonzo a Savogna d'Isonzo, comune italiano situato a sud della città.
Lungo il fiume Isonzo, in dirimpetto a Gorizia oltre il confine tra l'Italia e la Slovenia, è situata la città slovena di Nova Gorica, il cui territorio fece parte integrante del comune di Gorizia fino al 1947, quando l'Istria e gran parte della Venezia Giulia vennero cedute alla Jugoslavia in seguito al trattato di Parigi, che fu la conseguenza della sconfitta dell'Italia nella seconda guerra mondiale.
La città si affaccia sulla pianura friulana orientale, nome della porzione di Pianura Padana prossima al fiume Isonzo, ed è circondata dalle colline del Collio, che sono note per la coltivazione della vite e per la produzione di vini di qualità. Nel Collio vengono prodotti dei vini, ai quali è assegnata la DOC "Collio Goriziano", che sono conosciuti anche a livello internazionale. Nel Collio vengono prodotte ciliegie ed è stata riscoperta, dopo decenni di abbandono, la coltura dell'olivo.
Gorizia è riparata a nord dai monti e quindi non risente dei freddi venti settentrionali: nonostante ciò, trovandosi quasi allo sbocco dei valichi prealpini e carsici, è soggetta alla bora, vento catabatico di provenienza est/nord-est che soffia con particolare intensità. Tale vento, che generalmente è secco, talvolta può portare abbondanti nevicate. La bora che soffia su Gorizia, dato che proviene dalla valle del fiume Vipacco, incontra prima della città l'ostacolo delle colline a est del suo centro abitato, che ne mitigano sensibilmente la furia.
Il clima di Gorizia, relativamente temperato, è tuttavia influenzato dai venti freschi e umidi provenienti da sud-ovest, che penetrano nel bassopiano verso cui si apre la città. In estate sono abbastanza frequenti i fenomeni temporaleschi e le grandinate: non è raro lo scirocco cui fanno seguito, di norma, abbondanti precipitazioni. In base alla media trentennale di riferimento 1971–2000, la temperatura media del mese più freddo, gennaio, si attesta a +3,3 °C, mentre quella del mese più caldo, luglio, è di +23,0 °C[11][12][13]:
Mese | Mesi | Stagioni | Anno | ||||||||||||||
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Gen | Feb | Mar | Apr | Mag | Giu | Lug | Ago | Set | Ott | Nov | Dic | Inv | Pri | Est | Aut | ||
T. max. media (°C) | 7,2 | 8,6 | 12,8 | 16,7 | 21,8 | 25,4 | 28,0 | 27,9 | 23,7 | 18,2 | 12,5 | 8,9 | 8,2 | 17,1 | 27,1 | 18,1 | 17,6 |
T. media (°C) | 3,3 | 4,7 | 8,3 | 12,0 | 17,1 | 20,5 | 23,0 | 22,6 | 18,9 | 13,8 | 7,8 | 4,0 | 4,0 | 12,5 | 22,0 | 13,5 | 13,0 |
T. min. media (°C) | −0,1 | 0,8 | 4,1 | 7,8 | 12,7 | 16,1 | 18,3 | 17,7 | 14,3 | 9,6 | 4,0 | 0,6 | 0,4 | 8,2 | 17,4 | 9,3 | 8,8 |
T. max. assoluta (°C) | 18,4 | 23,1 | 26,0 | 28,9 | 33,7 | 37,4 | 38,5 | 38,7 | 36,8 | 30,1 | 25,5 | 19,6 | 23,1 | 33,7 | 38,7 | 36,8 | 38,7 |
T. min. assoluta (°C) | −14,2 | −12,9 | −8,1 | −4,0 | 0,9 | 5,7 | 8,9 | 9,2 | 5,2 | −2,9 | −7,8 | −15,5 | −15,5 | −8,1 | 5,7 | −7,8 | −15,5 |
Precipitazioni (mm) | 49,6 | 46,8 | 60,1 | 76,3 | 77,6 | 70,5 | 69,6 | 68,5 | 89,2 | 101,2 | 83,4 | 60,2 | 156,6 | 214,0 | 208,6 | 273,8 | 853,0 |
Giorni di pioggia | 6,0 | 5,2 | 5,7 | 8,3 | 8,2 | 8,6 | 5,9 | 6,1 | 5,9 | 6,7 | 5,8 | 5,9 | 17,1 | 22,2 | 20,6 | 18,4 | 78,3 |
Umidità relativa media (%) | 82 | 78 | 75 | 74 | 71 | 72 | 70 | 69 | 74 | 77 | 80 | 81 | 80,3 | 73,3 | 70,3 | 77 | 75,3 |
Ore di soleggiamento mensili | 77,8 | 100,4 | 144,5 | 179,7 | 228,1 | 249,9 | 285,7 | 261,3 | 210,4 | 144,0 | 99,8 | 62,4 | 240,6 | 552,3 | 796,9 | 454,2 | 2 044,0 |
Il nome italiano Gorizia deriva dal sostantivo femminile sloveno gorica (pronuncia [ɡɔˈriːʦa]), che significa ‘collina’, diminutivo di gora, che significa ‘monte’[14][15]. Il nome di Gorizia compare per la prima volta nell'anno 1001, riportato su un atto di donazione imperiale di Ottone III di Sassonia: su di esso il sovrano sassone cedeva il castello di Salcano e la villa denominata Goriza a Giovanni IV di Ravenna, patriarca di Aquileia, e a Guariento, conte del Friuli, con queste parole:
«[...] Damus et donamus cum omni jure Johanni Patriarchae et Ecclesiae Aquilejentis medietatem unius castelli quod dicitur Siliganum et medietatem unius ville que Sclavorum lingua vocatur Goriza nec non medietatem omnium domorum, vinearum, camporum, pascuorum… nec non omnium rerum quas in illis locis Syligano atque Goriza vel in finibus locorum que sunt inter Ysoncium et Wipacum et Ortaona atque in iuga Alpium cum finibus et omnibus iuribus antedictis [...]»
«[...] Diamo ogni diritto a Giovanni patriarca e alla chiesa d’Aquileia la metà d’un castello che si chiama Salcano e la metà d’una villa che con la lingua slava si chiama Gorizia, e inoltre la metà di tutte le case, le vigne, i campi, i pascoli… e di tutte le cose che in quei luoghi di Salcano e di Gorizia ossia nel territorio fra l’Isonzo, il Vipacco, Vertovino e l’arco alpino [...]»
Toponimi di origine slava sono comuni anche ad altre località sud-orientali della Bassa friulana, come Goricizza (frazione di Codroipo) e Gorizzo (frazione di Camino al Tagliamento). La loro origine sta a indicare il ripopolamento della zona a opera di genti slave dopo le devastanti incursioni degli Ungari (IX secolo).
Mentre il nome friulano Gurìze continua l'originale Goriza, il toponimo italiano è dovuto a una tradizione notarile che l'ha adattato all'uscita -itia, -icia per attrazione del tipo Venetia[16].
Più o meno nell'area dove attualmente si trova la città di Gorizia, in epoca romana sorgevano, fin dal I secolo a.C., due vici, Castrum Silicanum, da cui trasse la moderna Salcano, e Pons Aesontii o (Pons Sontii), corrispondente alla moderna località di Mainizza, come indicato sulla Tabula Peutingeriana.
Qui sorgeva una mansio della via Gemina nel punto in cui questa strada romana, che collegava Aquileia ad Aemona (la moderna Lubiana).[17], attraversava il fiume Isonzo. È possibile che nella zona fosse situata, nel XV secolo a.C., Noreia, capitale dell'antica regione del Norico.
Il nome di Gorizia compare per la prima volta nell'anno 1001 nella già citata donazione imperiale che Ottone III di Sassonia fece redigere a Ravenna, mediante la quale il sovrano sassone cedeva il castello di Salcano e la villa denominata Goriza a Giovanni IV di Ravenna, patriarca di Aquileia, e a Guariento, conte del Friuli.
La località di Goriza è ricordata successivamente, nel 1015, su un altro documento, con queste parole: Medietatem unius villae que sclavonica lingua vocatur Goriza (it. "la metà del villaggio che in lingua slava è detto Goriza"). La famiglia degli Eppenstein ressero Gorizia fino al 1090. A partire da tale data la città fu governata prima dai Mosburg, poi dai Lurngau, una famiglia originaria della Val Pusteria imparentata con i conti palatini di Baviera.
Con costoro si accrebbe la popolazione della città, costituita in massima parte da friulani (artigiani e mercanti), tedeschi (impiegati nell'amministrazione pubblica) e sloveni (agricoltori), con questi ultimi insediati principalmente nelle zone periferiche e nei centri rurali limitrofi.
Ciò permise alla contea, nel suo periodo di massimo splendore (corrispondente alla seconda metà del XIII e ai primi decenni del XIV secolo) di estendersi su gran parte del nord est italiano (tant'è che comprese per un breve periodo anche le città di Treviso e Padova in Veneto), sulla parte occidentale dell'odierna Slovenia, sull'Istria cosiddetta "interna" (la contea di Pisino) e su alcune zone del moderno territorio austriaco (Tirolo e Carinzia). I conti avevano fissato la propria residenza abituale nella città austriaca di Lienz, mentre a Merano si trovava la principale zecca dello Stato.
Durante il regno di Enrico II (1304-1323) l'abitato di Gorizia, che ormai aveva acquisito delle connotazioni tipicamente urbane, ottenne il titolo di città. Nei primi decenni del secolo successivo l'assorbimento del principato patriarcale di Aquileia da parte della Repubblica di Venezia indusse i conti di Gorizia ad adottare una politica in equilibrio tra la Casa d'Asburgo e la repubblica veneta. Il passo politico verso la Repubblica di Venezia fu obbligato per la caduta del patriarcato di Aquileia. Gorizia chiese infatti al doge veneziano l'investitura feudale (1424) per i territori comitali concessi in precedenza al Conte dal Patriarca.
Con tale atto Gorizia si ritrovò nell'ambigua posizione di vassalli della Repubblica di Venezia, Stato successore del Patriarcato, per quanto riguardava alcuni feudi friulani oltre l'Isonzo, e vassalli dell'Imperatore asburgico per quanto concerneva i territori storicamente costituenti l'antica contea. Nel 1455 vennero incorporati a Gorizia, mediante l'estensione dei privilegi cittadini, anche i quartieri non compresi nelle mura difensive, della zona meridionale (la cosiddetta Città bassa), che erano abitati in parte da sloveni.
Il 12 aprile 1500, domenica delle Palme, l'ultimo conte di Gorizia, Leonardo di Gorizia, morì nella città di Lienz senza discendenti, lasciando in eredità la contea a Massimiliano I d'Asburgo. Questo passaggio avvenne grazie alla mediazione dell'amministratore di Leonardo Virgilio di Graben con l'aiuto di suo figlio Luca di Graben a Gorizia.[18] L'atto, ritenuto invalido dai veneziani che reclamavano l'annessione della contea di Gorizia alla Repubblica di Venezia per antichi diritti di vassallaggio, fu il casus belli che spinse i veneti a denunciare la violazione di questi antichi trattati.
Ogni tentativo veneziano di impadronirsi della città, anche mediante la forza, risultò vano. Solo fra l'aprile del 1508 e l'agosto del 1509 l'esercito della Repubblica di Venezia, allora in guerra anche contro Luigi XII di Francia, riuscì a occupare la parte bassa della città, ma non il castello di Gorizia. Pochi mesi dopo, in seguito alla sconfitta veneziana nella battaglia di Agnadello (14 maggio 1509) a opera delle armi francesi, la forza d'occupazione della Repubblica di Venezia fu costretta ad abbandonare Gorizia.
Gorizia fece da allora parte delle terre ereditarie della Casa d'Asburgo, prima come capitale dell'omonima contea e successivamente come capoluogo della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca. Quest'ultima, dalla metà del XIX secolo, entrò a fare parte del Litorale austriaco, regione amministrativa dell'Impero austriaco nata nel 1849 dalla soppressione del previgente Regno d'Illiria. Il titolo di conte di Gorizia passò ai sovrani d'Austria fino al 1918, salvo una breve interruzione: l'occupazione francese, che ebbe luogo dal 1809 al 1813 con l'inclusione della città nelle Province illiriche, governatorato creato da Napoleone nell'ambito del Primo Impero francese.
Come conseguenza della terza guerra d'indipendenza italiana, che portò all'annessione del Veneto al Regno d'Italia, l'amministrazione imperiale austriaca, per tutta la seconda metà del XIX secolo, aumentò le ingerenze sulla gestione politica del territorio per attenuare l'influenza del gruppo etnico italiano, temendone le correnti irredentiste. Durante la riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866, l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria tracciò un progetto di ampio respiro mirante alla germanizzazione o slavizzazione delle aree dell'impero con presenza italiana:
«Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l'influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua Maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.»
La politica di collaborazione con gli slavi locali, inaugurata dallo zaratino Ghiglianovich e dal raguseo Giovanni Avoscani, permise poi agli italiani la conquista dell'amministrazione comunale di Ragusa nel 1899. Nel 1909 la lingua italiana venne vietata però in tutti gli edifici pubblici e gli italiani furono estromessi dalle amministrazioni comunali[21]. Queste ingerenze, insieme ad altre azioni di favoreggiamento al gruppo etnico slavo ritenuto dall'impero più fedele alla corona, esasperarono la situazione, andando ad alimentare le correnti più estremiste e rivoluzionarie.
La prima guerra mondiale per Gorizia iniziò nell'estate 1914, data la sua appartenenza all'Impero austro-ungarico, mentre il Regno d'Italia entrò in guerra nel maggio 1915. La prima vittima goriziana del conflitto viene considerata la contessa Lucy Christalnigg[22], uccisa per errore a un posto di blocco della kaiserlich-königliche Landwehr a Serpenitza mentre si recava da Klagenfurt a Gorizia per conto della Croce rossa nell'agosto 1914.
Nel corso della prima guerra mondiale, pagando un cospicuo tributo in termini di vite umane, tra cui i cosiddetti Gialli del Calvario (così chiamati per il colore delle mostrine), le truppe italiane entrarono per la prima volta a Gorizia nell'agosto 1916.[23]
Durante la Sesta battaglia dell'Isonzo (4-17 agosto 1916) le forze italiane attaccarono il campo trincerato di Gorizia, riuscendo a occupare la città il 10 agosto. La battaglia nel suo complesso costò all'esercito italiano la perdita di 51 222 uomini tra cui 338 ufficiali morti, 1 260 feriti e 161 dispersi; 5 972 militari morti, 31 524 feriti e 11 967 dispersi, assieme a circa 12 000 ammalati. In questo clima venne composta la nota canzone popolare O Gorizia tu sei maledetta, scritta da un anonimo militare ed entrata poi a fare parte della tradizione anarchica e antimilitarista. Chi fosse stato sorpreso a cantare questa canzone veniva accusato di disfattismo e fucilato. La versione originale venne trascritta da Cesare Bermani[24][25]:
«[...] O, Gorizia, tu sei maledetta
per ogni cuore che sente coscienza;
dolorosa ci fu la partenza
e il ritorno per molti non fu. [...]»
La presa di Gorizia fu anche decantata dai contemporanei, come testimonia il poema La Sagra di Santa Gorizia di Vittorio Locchi, pubblicato per la prima volta nel 1918, che ebbe numerose ristampe.
Ripresa dagli austriaci in seguito alla vittoria di Caporetto (ottobre 1917), la città venne definitivamente occupata dal Regio Esercito italiano solo a guerra conclusa, il 7 novembre 1918.[26] All'interno del Commissariato generale della Venezia Giulia, gli italiani preferirono inizialmente non stravolgere un tessuto amministrativo pluricentenario ed efficiente. La Contea cambiò semplicemente nome, subito dopo l'unione ufficiale al Regno d'Italia (10 settembre 1919), in provincia di Gorizia.
Il destino della provincia di Gorizia, creata nel 1919, fu segnato dagli esiti delle elezioni politiche del 1921, dove vennero eletti quattro deputati sloveni e un deputato italiano comunista, che misero in agitazione le forze nazionaliste, le quali cominciarono a fare pressione per una normalizzazione dell'amministrazione locale giuliana, in modo che fosse ricondotta al modello generale dello Stato. La neonata provincia di Gorizia fu poi soppressa nel 1923. Tale soppressione fu quindi causata da motivi amministrativi e politici.
Con l'avvento del regime fascista, quando le libertà democratiche erano state eliminate e il pugno governativo fu sufficientemente saldo, Gorizia fu assegnata inizialmente alla provincia del Friuli (1923), ma già nel 1927, con il riordinamento delle circoscrizioni provinciali, divenne capoluogo della nuova provincia di Gorizia, con confini leggermente differenti rispetto a quelli del 1923[27]: in particolare, rispetto a quest'ultima, le furono aggregati i comuni limitrofi di Lucinico, Piedimonte del Calvario, Salcano, San Pietro di Gorizia e Sant'Andrea di Gorizia[28] e, nel 1928, il comune limitrofo di Vertoiba[29].
Tra il 1927 e il 1947 la provincia di Gorizia era quindi estesa su un territorio sensibilmente più ampio di quello attuale, visto che comprendeva anche l'alta e media valle del fiume Isonzo, con i suoi affluenti, fino a Gradisca, corrispondendo solo in parte alla vecchia provincia di Gorizia soppressa nel 1923.
La giurisdizione della nuova provincia del 1927 comprendeva ancora l'intero Friuli orientale, ma questa volta venne privata della Bisiacaria e di Grado, unite alla provincia di Trieste, e del distretto di Cervignano, rimasto alla Provincia del Friuli.
L'opera di ricostruzione fu effettuata soprattutto durante il ventennio fascista. Vennero aperte nuove strade e fu sviluppata una modesta area industriale. Vennero edificati un nuovo cimitero, tra Sant'Andrea e Merna, e le prime strutture funzionanti dell'aeroporto di Gorizia, ancora oggi dedicato a Amedeo Duca d'Aosta, l'Eroe dell'Amba Alagi.
A sud-est del centro cittadino venne realizzata una cittadella sanitaria, comprendente anche l'ospedale in cui, negli anni sessanta, lavorò il medico Franco Basaglia, fondatore della concezione moderna della salute mentale[30][31], riformatore della disciplina psichiatrica in Italia[32] e ispiratore della cosiddetta Legge Basaglia (n. 180/1978) che introdusse un'importante revisione ordinamentale degli ospedali psichiatrici in Italia e promosse notevoli trasformazioni nei trattamenti sul territorio.[33]
Per quanto riguarda i rapporti interetnici fin dalla metà degli anni venti il regime fascista aveva iniziato ad applicare anche a Gorizia, come nel resto della Venezia Giulia, la politica di italianizzazione degli sloveni presenti sul territorio. Si diede prima l'avvio all'italianizzazione dei toponimi; poi, dal 1927, si procedette anche a quella dei cognomi e, nel 1929, al bando dell'insegnamento in sloveno da tutte le scuole pubbliche cittadine di ogni ordine e grado.
In città la lingua slovena fu ancora utilizzata per alcuni anni negli istituti religiosi diocesani, grazie alla protezione e al prestigio personale dell'arcivescovo di Gorizia Francesco Borgia Sedej, fautore del dialogo interetnico e massimo punto di riferimento dei cattolici goriziani. Nel 1931, subito dopo le dimissioni e la morte di Sedej, lo sloveno fu estromesso, come idioma veicolare, anche dalle scuole diocesane.
Tale politica vessatoria, accompagnata da violenze e sopraffazioni (fra cui l'assassinio del compositore sloveno Lojze Bratuž in una frazione di Gorizia), ebbe pesanti ripercussioni nei già deteriorati rapporti fra le nazionalità e suscitò l'ira delle organizzazioni antifasciste slovene come il TIGR. A partire dal 1941, con l'invasione della Jugoslavia durante la seconda guerra mondiale, le autorità fasciste procedettero all'internamento in campi di concentramento (campo di concentramento di Arbe, campo di concentramento di Gonars, Visco, Poggio Terza Armata[34]), di un certo numero di "allogeni" (o "alloglotti") residenti sia in città sia nella sua provincia, molti dei quali non fecero più ritorno, decimati dalle malattie e dall'inedia.
Nel corso della seconda guerra mondiale, subito dopo il proclama Badoglio dell'8 settembre 1943 e la conseguente resa italiana, il Goriziano fu teatro di scontri tra i due ex alleati italiani e tedeschi, che dalla città capoluogo presero il nome, la battaglia di Gorizia (11-26 settembre 1943). Per un breve periodo (1943-1945) fu posta sotto l'amministrazione militare tedesca e inclusa nel Litorale austriaco, un Governatorato che a sua volta venne posto sotto il diretto controllo di Friedrich Rainer, Gauleiter della Carinzia.
Con l'occupazione militare della città da parte dei partigiani del 9º corpo sloveno, a Gorizia nel maggio del 1945 a seconda guerra mondiale conclusa iniziarono le epurazioni, che toccarono l'apice fra il 2 e il 20 maggio, nei confronti degli oppositori, o possibili oppositori, al regime (italiani soprattutto, ma anche sloveni). Si contarono nel goriziano 332 scomparsi, dei quali 182 civili e 150 militari,[35][36], dato arrivato a 665 persone a disamina storica conclusa[37]. La maggior parte dei deportati fu trucidata in varie parti della Jugoslavia, in particolare a Lubiana, oppure trasportata verso l'interno della Jugoslavia.
Al termine del conflitto, con il trattato di Parigi, il comune dovette cedere i tre quinti circa del proprio territorio alla Jugoslavia, con il 15% della popolazione residente. Il centro storico e la massima parte dell'area urbana della città restarono però in territorio italiano.
In territorio jugoslavo restò tuttavia parte della periferia situata a settentrione e a oriente (le frazioni di Salcano, San Pietro di Gorizia e Vertoiba), come anche gran parte della sua provincia. Il confine attraversava una zona semicentrale della città, lasciando nella parte slovena, oltre alle frazioni sopramenzionate, molti edifici e strutture di pubblica utilità.
Tra queste ultime la stazione ferroviaria di Gorizia Montesanto che si trovava sulla linea ferroviaria Transalpina collegante la "Nizza austriaca", come veniva chiamata Gorizia, all'Europa Centrale. La piazza antistante la stazione, divisa tra le due nazioni, fin dal 2004 è stata resa visitabile liberamente su entrambi i lati dopo l'abbattimento del Muro di Gorizia avvenuto con l'ingresso della Slovenia nell'Unione europea. Al centro di essa sorgono ora un mosaico e una piastra metallica commemorativa che segna il tracciato del confine tra i due Stati.
Nella parte della città in territorio sloveno fu edificata negli anni cinquanta Nova Gorica, per volontà della dirigenza politica jugoslava, in quanto i territori della provincia di Gorizia annessi alla Jugoslavia, chiusa la frontiera con l'Occidente considerato nemico, erano rimasti senza un centro amministrativo ed economico attorno al quale poter gravitare.
Paragonata a Berlino[38], tagliata in due dal confine protetto da torri armate di mitragliatrici, Gorizia ha rappresentato, nella seconda metà degli anni '40 e negli anni '50, un valico clandestino per molti cittadini jugoslavi e delle nazioni appartenenti al patto di Varsavia, integratisi poi perfettamente nel tessuto economico e sociale della città.
Dopo la rottura di Tito con gli Stati del blocco sovietico nel 1948, Gorizia, pur vivendo diversi momenti di tensione (nel 1953 Tito minacciò di volere prendere Gorizia e Trieste con le armi, radunando centinaia di migliaia di reduci a Okroglica, a meno di 10 km dalla città), vide i rapporti normalizzarsi progressivamente, soprattutto grazie agli accordi di Udine, con cui venne introdotto il "lasciapassare" che semplificava le procedure per varcare la frontiera.
Nel corso degli anni '60 Gorizia avviò un rapporto di buon vicinato con Nova Gorica, sorta nel decennio immediatamente successivo alla definizione del confine del 1947: infatti, incontri culturali e sportivi hanno spesso messo in contatto e unito le due città. La presenza di una comunità slovena a Gorizia ha catalizzato la collaborazione. Gli accordi di Osimo, sancendo definitivamente lo status quo confinario, contribuirono molto alla rappacificazione definitiva con la Jugoslavia e poi con la successiva Repubblica di Slovenia.
Il 21 dicembre del 2007 la Slovenia entrò a tutti gli effetti nel trattato di Schengen e le città di Gorizia e Nova Gorica sono oggi senza interposti confini. Il legame sempre più forte che le unisce ha permesso alle due città di avviare un processo di formazione di un polo di sviluppo unico.
A tale proposito sono stati messi a punto recentemente progetti di mutuo interesse e una serie di incontri bilaterali o multilaterali che interessano non solo i due municipi, ma anche altri centri limitrofi. Vengono anche organizzati incontri periodici che si tengono fra le giunte municipali di Gorizia, Nova Gorica e San Pietro-Vertoiba per mettere a punto strategie comuni e creare nuove sinergie per lo sviluppo economico della regione.
Lo stemma e il gonfalone civico della città di Gorizia sono stati riconosciuti con decreto del Capo del Governo Primo Ministro Segretario di Stato del 14 aprile 1929.[39]
La blasonatura dello stemma della città di Gorizia è la seguente[40]:
«D'azzurro, alla muraglia cimata di tre torri, la centrale più alta, muraglia e torri merlate alla ghibellina, il tutto di argento, aperte, finestrate e murate di nero terrazzate di verde.»
La blasonatura del gonfalone è[40]:
«Drappo rettangolare di stoffa azzurra, frangiata d'argento, attaccata per il lato corto a un'asta ricoperta di velluto pure azzurro, con bullette di metallo bianco poste a spirale e cimata di una freccia argentata con lo stemma del comune. Cravatta o nastri tricolorati dai colori nazionali, frangiati d'argento; Al gambo della freccia vengono annesse le medaglie e la croce di guerra, concesse alla Città di Gorizia.»
La città di Gorizia è tra le città decorate con la Medaglia d'oro alle Città Benemerite del Risorgimento Nazionale per le azioni "altamente patriottiche" compiute dalla città nel Risorgimento, dai moti insurrezionali del 1848 alla fine della prima guerra mondiale nel 1918. È tra le città decorate al valor militare per la guerra di Liberazione perché è stata insignita della medaglia d'oro al valor militare per i sacrifici patiti dalle sue popolazioni e per la sua attività nella lotta partigiana durante la seconda guerra mondiale:
Si trova nell'area del vecchio ghetto. Costruita nel 1756, sostituì un oratorio eretto provvisoriamente nel 1699 come luogo di preghiera comunitaria.
Il Teatro di Società fu costruito nel 1740 su iniziativa di Giacomo Bandeu, appaltatore dei dazi per la contea di Gorizia, i cui metodi avevano fatto esplodere la cruenta rivolta dei Tolminotti. L'edificio andò a fuoco per un incendio il 26 marzo 1779 (è ironia della sorte, o forse anche coincidenza non casuale, che sempre il 26 marzo ma del 1713, fosse scoppiata la detta rivolta). L'attuale teatro, riedificato a cura del figlio di Bandeu, Filippo, che affidò il progetto all'udinese Ulderico Moro e l'affrescatura al cividalese Francesco Chiarottini, risale al 1782. La struttura conobbe diverse difficoltà di ordine finanziario: chiuse già nel 1797, per riaprire nel 1799, finché nel 1810 fu ceduto a una società di nobili che negli anni seguenti lo modificarono profondamente. Nel 1856, furono ridipinti gli interni, mentre nel 1861 rifatta la facciata. Fu luogo di numerose azioni irredentiste italiane, tra cui quella per il carnevale del 1867 che costò sei anni di carcere duro a Carlo Favetti. Alla fine dell'Ottocento fu dedicato a Giuseppe Verdi. Dopo recenti restauri, è tornato il principale edificio culturale della città, cui si sono affiancati nel corso del secondo dopoguerra l'Auditorium della Cultura Friulana e i due centri cultuali della comunità slovena, il Kulturni Dom (casa della cultura) e il Kulturni Center Lojze Bratuž (Centro culturale Lojze Bratuž).
A partire dal Settecento, su impulso di Maria Teresa d'Austria, nel Goriziano iniziò l'industrializzazione. Ciò si deve soprattutto allo spirito imprenditoriale della famiglia Ritter de Zahony, che in seguito a fortunate speculazioni si arricchì e poté investire, aprendo a Gorizia nel 1819 uno stabilimento per la raffinazione dello zucchero di canna, nel 1839 un mulino moderno, nel 1854 uno stabilimento per la lavorazione della seta, nel 1861 una cartiera, nel 1868 una tintoria e nel 1880 una fabbrica di cellulosa. Non molto è visibile ormai, a eccezione del villaggio operaio del 1871, conservatosi pressoché intatto, benché si tratti di case private. In tale villaggio ancora si riconoscono due tipi di abitazione, quelle per 1-2 famiglie, e quelle per così dire con scopi sociali, ospitanti lavanderie comuni, una scuola, sale riunioni. Un altro edificio degno di nota è villa Ritter, appartenuta alla stessa famiglia.
Piazza Divisione Julia
«Un ornamento particolare della città sono i numerosi giardini, in parte assai estesi, che nell'interno circondano i palazzi e le case. Qui soprattutto si notano chiaramente gli effetti del mite clima goriziano.»
Gorizia, già definita la Nizza austriaca, colpisce per le estese aree verdi che la circondano e che punteggiano il centro abitato. Vi sono numerosi parchi e giardini pubblici all'interno della città, oltre quelli che circondano le molte ville ottocentesche. Vi sono poi spazi verdi restati allo stato naturale, quali il Parco del Castello e la Valletta del Corno, che si estende tra il rione di Straccis e il centro cittadino, lungo il corso del torrente Corno, dove sono presenti anche appezzamenti di terreno a destinazione agricola.
Lungo il corso del fiume Isonzo si snodano alcuni parchi di notevole valore paesaggistico, fra cui quello di Piuma-Isonzo, costituito da una parte fluviale e una collinare boscosa, e quello della Campagnuzza, che presenta un ambiente di bosco golenale. Tra le superfici non protette, è particolarmente suggestivo il primo tratto del fiume Isonzo in territorio comunale, incassato in una gola dalle cui pareti sgorgano acque sorgive, con copertura vegetale estremamente varia, e l'ultimo tratto tra le frazioni di Sant'Andrea e Lucinico, contraddistinto da una vasta distesa di pioppi e salici.
Altro complesso boschivo è quello del monte Calvario, che saldandosi a quello del monte di Piuma del già citato Parco Piuma-Isonzo forma un corpo unico di svariate centinaia di ettari e, infine, la zona del monte Sabotino, rilievo prealpino di natura carsica.
La presenza di vaste aree boschive continua. Degne di nota sono la vegetazione del monte San Marco (Mark) e quella della Castagnevizza-Panovizza (Kostanjevica-Panovec). Inoltre, la grande Selva di Tarnova (Trnovski gozd, con una superficie di diverse migliaia di ettari) dista da Gorizia meno di quindici chilometri. Da citare inoltre il Parco dell'Isonzo, detta Campagnuzza, i giardini pubblici di Gorizia e le Rovine di Villa Frommer con l'annesso parco.
Abitanti censiti[47]
La città, che si trova, fin da epoca medievale, al crocevia tra il mondo latino e quello slavo, è attualmente punto d'incontro e di confronto tra due grandi realtà nazionali che condividono lo stesso destino europeo: quella slovena e quella italiana. Fino alla Grande guerra erano anche presenti in città due componenti minoritarie, ma socialmente e politicamente influenti: quella ebrea e quella austro-tedesca (i germanofoni costituivano l'11% circa della popolazione urbana totale secondo i dati del censimento del 1910).
La complessità etnica della città e della sua zona di influenza ha provocato, negli ultimi due secoli, una serie di attriti, frizioni e talvolta anche di scontri interetnici. Nella seconda metà del XIX secolo, e nei primi decenni del secolo successivo, si erano andate sviluppando tensioni politiche e sociali tra la componente romanza (friulana, veneta e regnicola[48]) e quella slovena, della città, a causa del diffondersi dei rispettivi nazionalismi. Fu all'epoca che nacque il Partito Cattolico Popolare Friulano, guidato da Luigi Faidutti e Giuseppe Bugatto, che aveva però il suo punto di forza non a Gorizia, ma nelle campagne del goriziano e nei piccoli centri del Friuli orientale.
Le tensioni fra la componente slava e quella romanza transitarono irrisolte negli ultimi anni di governo asburgico e nel primo dopoguerra, dopo l'annessione della città all'Italia. L'avvento del fascismo e la politica di italianizzazione messa in atto dal regime fascista determinarono, dopo il 1922, un ulteriore inasprimento dei rapporti interetnici, costellati da violenze e soprusi di ogni tipo nei confronti della minoranza slovena presente in città.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale e l'invasione della Jugoslavia, Gorizia si trovò coinvolta in una guerra che contrappose le varie etnie, talvolta combattuta all'interno delle stesse mura cittadine, che raggiunse il suo culmine negli ultimi anni del conflitto e subito dopo la fine della guerra, prima durante l'amministrazione militare della Germania nazista (1943-1945) e successivamente durante l'occupazione jugoslava dell'Istria e della Venezia Giulia (1945), durante i quali la popolazione goriziana subì eccidi, sopraffazioni e deportazioni che colpirono alternativamente i diversi gruppi etnici.
Da ricordare la componente ebraica della città, in prevalenza aschenazita, proveniente cioè dall'Europa centrale germanofona e da quella orientale, che ha lasciato numerosi segni e donato a Gorizia personaggi illustri: Carlo Michelstaedter, e altri ancora. Essa era pienamente integrata nella città e alcuni ebrei furono ferventi patrioti italiani (per esempio Carolina Luzzatto e Graziadio Isaia Ascoli, il quale era però di origine livornese).
La vitale comunità ebraica di Gorizia fu praticamente cancellata con la deportazione e lo sterminio nei lager tra il 1943 e il 1944. Al deportato più giovane, Bruno Farber, è stato dedicato il giardino adiacente alla sinagoga: aveva tre mesi. Il 23 aprile 2009[49] si è svolto, dopo oltre sessant'anni, il primo matrimonio con rito ebraico nella locale sinagoga, tra due cittadini israeliani di cui uno originario di Gorizia.
Al 31 dicembre 2022 gli stranieri residenti nel comune erano 3 715, ovvero il 11,1% della popolazione. Di seguito sono riportati i gruppi più consistenti:[50][51]
«Loquitur hic illyrice, italice et germanice»
Gorizia è una città tradizionalmente multilingue. Originariamente le lingue parlate erano tre: il friulano (maggioritario), il tedesco e lo sloveno (minoritaria in città, ma molto diffusa nelle campagne e nei villaggi limitrofi). Alle soglie dell'era moderna iniziò a propagarsi a Gorizia anche il veneto, portato prima dalle truppe di occupazione della Repubblica di Venezia (1508-1509), poi dagli immigrati.
Principali lingue amministrative, in età bassomedievale, furono invece il tedesco e il latino (in tale idioma venivano redatti tutti gli atti giudiziari). Il latino fu anche la più importante lingua scritta e di cultura nell'Europa medievale, cui si affiancarono successivamente (dal XVI secolo), sia il tedesco che l'italiano, quest'ultimo con una chiara influenza veneta, diventata marcata durante il regno di Maria Teresa d'Austria.
L'italiano sembrò prevalere sul tedesco nel Seicento perché utilizzato come lingua d'insegnamento, insieme al latino, in alcune prestigiose scuole appartenenti all'ordine dei gesuiti. Nel secolo successivo si assistette invece a una ripresa del tedesco, determinata non solo dalla chiusura delle scuole gesuite (1773), ma anche dallo sviluppo della burocrazia statale centralizzata dell'Impero austriaco, in massima parte germanofona.
In età napoleonica (che a Gorizia durerà meno di un quinquennio, dal 1809 al 1813) l'italiano farà la sua ricomparsa nelle scuole e nei pubblici uffici, per essere nuovamente sostituito dal tedesco durante la Restaurazione dell'Impero austriaco. Negli anni sessanta dell'Ottocento si ebbe un processo di ampliamento e consolidamento del plurilinguismo, che sembrò divenire inarrestabile nei tre decenni successivi e che coinvolse anche il gruppo etnico sloveno e quello tedesco[52]:
«[...] I tedeschi che restano a Gorizia abbastanza a lungo finiscono per assimilarsi agli Italiani, e comunque ne imparano la lingua»
Una frangia della borghesia goriziana, che aveva l'italiano come lingua di cultura e d'uso (insieme al veneto e/o al friulano), fece in parte sue le dottrine nazionaliste che in quegli anni si stavano diffondendo nel vicino Regno d'Italia, che fu proclamato nel 1861, rivendicando l'impiego ufficiale di tale idioma. Tuttavia nel 1869 un censimento austriaco della città di Gorizia conteggiava i friulanofoni in circa 10 000 unità, gli slovenofoni in 3 500, i tedescofoni in 1 800 e gli italofoni in sole 1 000 unità (da notare il fatto che in detto censimento la componente friulana viene distinta da quella italiana).
A partire dagli ultimi anni dell'Ottocento, anche il gruppo sloveno (e alcune frange minoritarie di quello friulanofono), che fino ad allora era stato propenso a integrarsi nelle altre due componenti etniche della popolazione cittadina, iniziò a prendere sempre più coscienza delle proprie specificità etniche e linguistiche.
Se nel censimento del 1900 furono conteggiati solo 4 754 goriziani di lingua slovena, nel censimento successivo (1910) se ne contarono 10 790, pari a circa un terzo della popolazione urbana totale (compresi quindi i regnicoli e gli altri stranieri residenti).
L'aumento dell'etnia slovena viene così spiegato da Liliana Ferrari nel suo testo Gorizia ottocentesca, fallimento del progetto della Nizza austriaca[53]:
«[...] L'aumento [dell'etnia slovena] non si deve tanto a immigrazione, quanto a diversa dichiarazione della propria lingua. Chi usava lo sloveno soltanto in famiglia e l'italiano al lavoro, ora si dichiara sloveno. [...]»
A questi vanno aggiunti altri 5 679 locutori sloveni dei tre comuni limitrofi (Sant'Andrea, Piedimonte del Calvario e Lucinico) che fanno oggi parte del comune di Gorizia. I parlanti sloveni del territorio attualmente compreso nel comune di Gorizia, arrivavano, secondo il censimento del 1910, al 40% della popolazione totale, contro un 45% di italofoni (comprendente i parlanti friulano) e un 9% di germanofoni.[54] Nell'intero territorio urbano e semi-urbano di Gorizia (comprendente, quindi anche i comuni di San Pietro di Gorizia, Vertoiba, e Salcano, che verranno annessi alla città negli anni venti), nel 1910 i parlanti sloveni erano il 51% contro un 39% di parlanti italiano (esclusi i cittadini del Regno d'Italia).[54]
Il 23 novembre 1919 si svolse l'Assemblea Costitutiva della Società Filologica Friulana presso la sede municipale di Gorizia; In questo modo si poté prendere maggiormente in considerazione la lingua friulana a Gorizia e nel resto del Friuli.
Con la guerra e la successiva annessione al Regno d'Italia, il gruppo slovenofono iniziò a decrescere mentre la componente italofona tornò a incrementarsi (secondo il censimento del 1921) divenendo, durante il ventennio fascista, l'unica a essere ufficialmente riconosciuta e censita.
La seguente tabella riassume la composizione etnica di Gorizia dal 1869 al 1936.
Anno | Italiani | Sloveni | Tedeschi | Altri | Totale abitanti | |
1869 | 66,6% | 21% | 10,8% | 2,15% | 16 659 | |
1880 | 70,7% | 17,8% | 11,2% | 0,3% | 19 113 | |
1910 | 50,6% | 36,8% | 11,1% | 1,5% | 29 291 | |
1921 | 60,8% | 37,1% | - | 2,1% | 39 829 | |
1936 | 69,1% | 29,0% | - | 1,9% | 52 065 | |
Censimenti Gorizia città. Fonte: Branko Marušič. Pregled politične zgodovine Slovencev na Goriškem (Nova Gorica, 2005) |
Dopo la fine della seconda guerra mondiale la lingua tedesca, già fortemente regredita fin dagli anni dell'immediato primo dopoguerra (1918-1920), è scomparsa quasi completamente dalla città e attualmente il numero di germanofoni autoctoni è minimo.
Sopravvivono e sono vitali, oltre all'italiano, parlato dalla quasi totalità della popolazione, spesso insieme ad altri idiomi, la lingua friulana (ai sensi della deliberazione n. 2680 del 3 agosto 2001 della Giunta della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, il Comune è inserito nell'ambito territoriale di tutela della lingua friulana ai fini della applicazione della legge 482/99, della legge regionale 15/96 e della legge regionale 29/2007[56]) nella varietà goriziana (particolarmente a Lucinico), il dialetto goriziano, il dialetto bisiacco, lo sloveno (parlato quasi esclusivamente dalla comunità slovena presente in città e provincia).
Oltre alla variante standard, sono presenti sul territorio goriziano il dialetto carsolino, tradizionalmente parlato a Sant'Andrea, e il dialetto del Collio, tradizionalmente parlato a Piedimonte del Calvario), e il veneto nelle sue varietà coloniali. Quest'ultimo, la cui presenza è documentata in città fin dal XVI secolo, si andò imponendo sempre più nei secoli successivi (soprattutto nel Novecento) e attualmente è ampiamente diffuso a Gorizia, grazie anche alla notevole immigrazione istriana prodottasi nel secondo dopoguerra. Spesso è utilizzato come lingua franca nei contesti sociali informali.
I goriziani, siano essi appartenenti al gruppo etnico italiano o sloveno, sono in massima parte di religione cattolica. Va ricordato, a tale proposito, che Gorizia è sede arcivescovile fin dal 1751, anno in cui cessò di esistere il patriarcato di Aquileia e furono create l'arcidiocesi di Gorizia e l'arcidiocesi di Udine. È presente fin dalla prima metà dell'Ottocento una piccola comunità protestante originariamente luterana e divenuta, dopo la prima guerra mondiale, di culto evangelico metodista.
La comunità ebraica, un tempo fiorente, si è invece praticamente estinta, come si è già avuto modo di sottolineare. Nel 1969 è stata definitivamente chiusa la sinagoga di Gorizia per mancanza di fedeli.[57] Fra gli immigrati sono diffuse anche altre confessioni cristiane nonché le religioni musulmana, induista e buddhista, che contano in città un numero limitato di aderenti.
Gorizia, unitamente alla città slovena di Nova Gorica e alla città tedesca di Chemnitz in Sassonia, sarà capitale europea della cultura nel 2025.[58]
Gorizia ospita, oltre a scuole primarie, secondarie di primo grado e secondarie di secondo grado, sedi distaccate dell'Università degli Studi di Trieste, dell'Università degli Studi di Udine e dell'Università di Nova Gorica.
Edizioni di Gorizia di quotidiani:
Periodici e riviste:
Redazioni di Gorizia:
I musei di Gorizia posseggono un'importante collezione di Antonio Rotta, nato a Gorizia e naturalizzato veneziano, che fu uno dei più importanti rappresentanti al mondo della Pittura di genere. Rotta si specializzò in un primo tempo nella pittura di scenette e figure di Pittura di genere d'ambiente veneziano, alcune volte venate d'umorismo, che risultano le più pregiate[59], per poi cimentarsi in alcuni quadri di tema storico (Tiziano istruisce Irene di Spilimbergo) e sacro. Non soddisfatto dei risultati ottenuti si volse nuovamente al realismo dei suoi soggetti preferiti, come gli umili o l'infanzia[60].
Ogni anno si svolgono in questa città numerosi concorsi musicali internazionali. Tra questi, degno di nota, è quello riguardante il canto corale "Cesare Augusto Seghizzi", in cui decine di cori di altissimo livello e provenienti da ogni parte del mondo si confrontano suddivisi in varie categorie. Il concorso Seghizzi rientra nel circuito del Gran Premio Europeo di Canto Corale. L'ultimo Gran Premio è stato ospitato a Gorizia nel 2004. L'Ensemble Dramsam è un ensemble musicale vocale e strumentale, specializzato nell'esecuzione di musica antica, attivo nella città di Gorizia dal 1985.
Nella cucina goriziana c'è una fusione della cucina tipica mitteleuropea, friulana e anche triestina, che influenzano la cucina goriziana rendendola ricca e varia. I piatti tipici della cucina goriziana sono il cotechino con i crauti, il gulasch e le frittate alle erbe. Contorni tipici sono le patate in tecia o il fresco abbinato a radicchio e fagioli.
Il dolce più caratteristico è la gubana. I vini sono prodotti soprattutto nella zona di Oslavia e nel Collio, dove spicca il "Collio Goriziano", vino a Denominazione di Origine Controllata. La gubana goriziana, il miele e i vini d'Oslavia sono oggi riuniti sotto il marchio prodotti tipici goriziani.
Degna di nota è anche la coltivazione della rosa di Gorizia, varietà locale di radicchio (Cichorium intybus della sottospecie sativum) dalla caratteristica forma a rosa, tipico della zona e coltivato principalmente nel comune di Gorizia. La Rosa di Gorizia è riconosciuta come prodotto agroalimentare tradizionale friulano e giuliano e come presidio Slow Food.
Quartieri di Gorizia:[61]:
Lungo i confini comunali tra Gorizia e Nova Gorica corre il confine tra l'Italia e la Slovenia. Sono presenti diversi valichi di frontiera tra le due città, il cui attraversamento è diventato sempre più agevole grazie al cambiamento della politica estera tra i due Stati, fino a giungere al 21 dicembre 2007, quando la Slovenia ha fatto il suo ingresso nell'Unione europea. Da tale data la Slovenia è entrata nell'area Schengen, che ha permesso il libero movimento di persone e merci. I valichi di frontiera presenti lungo il confine comunale delle due città sono:
Le principali infrastrutture stradali interessanti Gorizia sono l'autostrada A34 Villesse - Gorizia, che origina dal casello autostradale di Villesse-Gorizia sull'autostrada A4, la strada statale 55 dell'Isonzo che la collega a Duino, la strada regionale 351 di Cervignano che la collega alla Bassa Friulana e la strada regionale 56 di Gorizia che la collega a Udine.
La stazione di Gorizia Centrale, posta lungo la ferrovia Udine-Trieste, è servita da treni regionali svolti da Trenitalia nell'ambito del contratto di servizio con la Regione Friuli-Venezia Giulia e da collegamenti nazionali. Da tale impianto si diparte la Gorizia-Aidussina, mediante la quale è possibile raggiungere le altre stazioni urbane, quelle di Vertoiba (già "Gorizia San Marco") e di Nova Gorica, quest'ultima posta in territorio sloveno lungo la ferrovia Transalpina e servita da corse effettuate dalla Slovenske železnice.
Il sistema dei trasporti di Gorizia è gestito dalla APT Gorizia, la quale gestisce nove linee urbane e diverse linee suburbane compresi i collegamenti da e per l'aeroporto regionale Pietro Savorgnan di Brazzà di Ronchi dei Legionari.
La città di Gorizia è collegata anche con Nova Gorica per mezzo di un servizio di linea giornaliero di autobus, gestito congiuntamente da APT Gorizia e dalla omologa Avrigo di Nova Gorica[64].
Fra il 1909 e il 1935 la città fu servita da una rete tranviaria urbana realizzata dalla Società Goriziana Trenovie e in seguito gestita direttamente dal comune. Tale rete si componeva fondamentalmente di due linee per il collegamento del centro con le due stazioni cittadine e con il sobborgo di San Pietro di Gorizia.
L'aeroporto di Gorizia, che fu costruito negli anni 1910 dagli austriaci, venne dopo poco tempo messo in disarmo. Recuperato negli anni 1920, e inizialmente intitolato a Egidio Grego, negli anni a seguire ebbe un ruolo operativo nella prima e nella seconda guerra mondiale. Questo lo fece obbiettivo di un pesante bombardamento da parte degli alleati della seconda guerra mondiale, che distrusse quasi tutti gli hangar.
Dopo la seconda guerra mondiale fu convertito in aeroporto civile voli di linea. Questi ultimi durarono fino al 1961 quando furono trasferiti all'aeroporto di Trieste-Ronchi dei Legionari. Tuttavia l'Aeronautica Militare Italiana continuò a usare l'aeroporto fino al 1983, anno in cui il tutto passò al Ministero dei trasporti.
Gorizia è gemellata con:
Gorizia è stata una delle città, insieme a Mestre, Siena e Torino, a ospitare il Campionato europeo maschile di pallacanestro 1979, che si è svolto in Italia. Gli incontri si sono disputati all'interno del PalaGrappate, che all'epoca era in grado di ospitare fino a 6 000 spettatori.
La squadra di pallacanestro maschile della Unione Ginnastica Goriziana è stata per anni protagonista nella massima serie del campionato italiano arrivando nella stagione 1982-1983 ai quarti di finale dei play off. Il 21 marzo 1999 con una vittoria 65-63 sulla Pallacanestro Treviso ha disputato l'ultima partita cessando poi l'attività nei campionati maggiori per motivi economici[66].
Nel calcio è attiva la società Associazione Sportiva Pro Gorizia, che partecipò al campionato di Serie B negli anni quaranta. Il 30 maggio 2001 l'11ª tappa del Giro d'Italia 2001 si è conclusa a Gorizia. Il 26 giugno 2006 Paolo Bettini ha vinto i campionati italiani di ciclismo su strada 2006 di ciclismo su un percorso di 233,4 km in 5 ore, 59 minuti e 40 secondi alla media di 38,936 km/h tagliando il traguardo finale a Gorizia.
Il 26 ottobre 2009 il goriziano Giorgio Petrosyan ha vinto il prestigioso torneo K-1 MAX nel 2009 e nel 2010, al tempo la massima espressione della kickboxing sotto i 70 kg di peso. Il goriziano Paolo Vidoz ha vinto nel 2005 il titolo di campione europeo dei pesi massimi, mentre nel 2000 la medaglia di bronzo ai Giochi della XXVII Olimpiade che si sono svolti Sydney nella categoria pesi supermassimi.
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