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Conquista romana della Gallia Cisalpina

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Conquista romana della Gallia Cisalpina
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Con l'espressione conquista della Gallia Cisalpina si indica la campagna di sottomissione dei popoli delle regioni che oggi formano l'attuale Pianura Padana occidentale, iniziata negli ultimi decenni del III secolo a.C., fino alla formazione della provincia romana fra la fine del II e l'inizio del I secolo a.C.

Fatti in breve Conquista romana della Gallia Cisalpina parte delle guerre romano-celtiche, Data ...
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Contesto storico

Riepilogo
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Nel 332 a.C. tra Roma e i Senoni della Cisalpina fu stipulato un trattato di pace che, a quanto sembra, garantì un interludio di pace durato circa trent'anni.[1] Quasi quarant'anni più tardi, nel 295 a.C., nell'ambito della terza guerra sannitica, i galli Senoni dell'Italia settentrionale si allearono con gli Umbri, gli Etruschi e i Sanniti contro Roma. La coalizione, inizialmente vincitrice (con la presa di Arezzo), venne in seguito sconfitta dai Romani nella battaglia del Sentino. E così nell'ambito della terza guerra sannitica, i Senoni seguirono le sorti della coalizione italica-etrusco-sannita con cui si erano alleati: insieme a essi furono sconfitti nella battaglia del Sentino, che permise a Roma l'istituzione dell'Ager Gallicus e la fondazione della colonia di Sena Gallica,[2] che ancora conserva, nel moderno toponimo di Senigallia, la duplice memoria dell'etnonimo e dell'origine di quel popolo celtico. Nel 283 a.C., si concludeva questa prima fase, dove Roma riusciva a occupare tutti i territori a sud degli Appennini, battendo ancora i Senoni nella battaglia del lago Vadimone, combattuta contro una coalizione celto-etrusca.[2][3]

Nel 249 a.C. i Boi chiamarono in soccorso i Galli transalpini, innescando una nuova crisi che si concluderà nel 225 a.C.,[4] l'anno in cui si registra l'ultima[5] invasione gallica dell'Italia. Quell'anno, infatti, cinquantamila fanti e venticinquemila cavalieri Celti varcarono le Alpi in aiuto dei Galli cisalpini (si trattava di una coalizione di Insubri, Boi e Gesati[6]), e se prima riuscirono a battere i Romani presso Fiesole, vennero poi sconfitti e massacrati dalle armate romane nella battaglia di Talamone (a nord di Orbetello),[7] spianando così a Roma la strada per la conquista del nord.

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Fasi della guerra di conquista

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Territori della Gallia cisalpina (evidenziati in rosso trasparente) tra la fine del II e gli inizi del I secolo a.C.

Le guerre tra Romani e Insubri del 223 e del 222 a.C.

Con la battaglia di Talamone del 225 a.C. il pericolo gallico era arrivato ancora una volta vicino all'Urbe. A questo proposito nel 223 a.C. venne organizzata una spedizione militare con a capo entrambi i consoli in carica, Publio Furio Filo e Gaio Flaminio Nepote, alla testa di circa 40 000 uomini[8]. I consoli partirono da Genua e passarono le Alpi Marittime dalla valle dello Scrivia. Il piano di guerra prevedeva un'azione combinata con gli alleati Cenomani e per questo motivo oltrepassarono il Po probabilmente nei pressi di Castelnuovo Bocca d'Adda o vicino alla successiva colonia di Cremona[9], subendo degli attacchi da parte degli Insubri durante la fase di attraversamento. I consoli decisero quindi di raggrupparsi con gli alleati Cenomani a Est del fiume Oglio, forse nella stessa Brixia. Dopo queste fasi iniziali ebbe inizio l'invasione. L'attraversamento dell'Oglio a Soncino[10] scosse gli Insubri, i quali raccolsero un grande esercito per dare battaglia in campo aperto in una località sulla sponda destra dell'Adda[11]. I Romani stessi, non fidandosi dei propri alleati gallici, rimandarono i guerrieri cenomani sulla sponda sinistra del fiume e tagliarono i ponti, restando però così in grave inferiorità numerica. L'esperienza appresa dalle precedenti battaglie contro i Galli e la formazione a scacchiera non fecero passare l'impeto di sfondamento insubre; a questo punto la battaglia si trasformò in un massacro di Galli e la vittoria dei due consoli risultò, così, netta.

L'armata viene però ritirata dal Senato di Roma per irregolarità sorte nell'elezione dei consoli; la campagna fu quindi vittoriosa ma lo stato di guerra non finì. Gli Insubri dopo la sconfitta chiesero la firma di una pace; il Senato invece riprese le ostilità. Nel 222 a.C. i due consoli dell'anno, Marco Claudio Marcello e Gneo Cornelio Scipione Calvo, mossero contro gli Insubri attraverso il percorso seguito l'anno prima. L'attraversamento del Po avvenne probabilmente presso la futura Piacenza; i consoli posero quindi l'assedio all'oppidum di Acerrae, vero caposaldo degli Insubri, i quali per tagliare le vie di fuga dei romani attaccarono il praesidium di Clastidium. Il console Marcello si staccò dall'assedio di Acerrae e a marce forzate giunse a Clastidium. I Galli dettero battaglia ancora in campo aperto e nonostante un esercito Romano composto per lo più da cavalieri vennero accerchiati e sconfitti[12].

Ad Acerrae intanto Scipione mise in fuga i Galli verso Mediolanum[13]; dopo il ricongiungimento dei due consoli e la notizia della sconfitta del loro comandante, gli insubri abbandonarono Mediolanum stessa lasciando campo libero al saccheggio romano.

Dopo questa sconfitta gli Insubri consegnarono la loro sovranità ai Romani in cambio della sopravvivenza con la formula della deditio in fidem populi Romani[14].

Lo stesso argomento in dettaglio: Gallia cisalpina e Ager Gallicus.

Per consolidare il proprio dominio Roma creò le colonie di Placentia, nel territorio dei Boi, e Cremona in quello degli Insubri. I Galli dell'Italia settentrionale si ribelleranno nuovamente in seguito alla discesa di Annibale. Come alleati del condottiero cartaginese furono fondamentali per le sue vittorie al Trasimeno (217 a.C.) e a Canne (216 a.C.). I Boi riuscirono, inoltre, a battere i Romani nell'agguato della Selva Litana. Dopo la sconfitta di Annibale a Zama (202 a.C.), vennero definitivamente sottomessi da Roma, quando i romani risultarono vittoriosi nella battaglia di Cremona, nel 200 a.C., e in quella di Mutina (Modena), nel 194 a.C.. Si compiva, con la sottomissione dei Boi, la conquista della Cisalpina: pochi decenni dopo, lo storico greco Polibio poteva già personalmente testimoniare la rarefazione dei Celti in pianura padana, espulsi dalla regione o confinati in alcune limitate aree subalpine.[15]

L'avanzata continuò anche nella parte nord-orientale con la fondazione della colonia romana di Aquileia nel 181 a.C., come ci raccontano gli autori antichi,[16] nel territorio degli antichi Carni:[17]

«Nello stesso anno [181 a.C.] fu dedotta nel territorio dei Galli la colonia di Aquileia. 3 000 fanti ricevettero 50 iugeri ciascuno, i centurioni 100, i cavalieri 140. I triumviri che fondarono la colonia furono Publio Cornelio Scipione Nasica, Gaio Flaminio e Lucio Manlio Acidino[18]

Si trattava di una colonia di diritto latino,[16] con la funzione prioritaria di sbarrare la strada alle popolazioni limitrofe di Carni e Istri, che minacciavano i confini orientali dei possedimenti romani in Italia.[19] La città dapprima crebbe quale avamposto militare in vista delle future campagne contro Istri e Carni, più tardi quale "quartier generale" in vista di un'espansione romana verso il Danubio. I primi coloni furono 3 000 veterani,.[20] seguiti dalle rispettive famiglie provenienti dal Sannio, per un totale di circa 20 000 persone, a cui fecero seguito dei gruppi di Veneti; più tardi, nel 169 a.C., si aggiunsero altre 1 500 famiglie.[21]

Cronologia delle guerre

Qui di seguito trovate una lista di comandanti e azioni militari nei territori della Gallia Cisalpina:

Ulteriori informazioni Anno, Comandanti militari romani ...
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Conseguenze: i territori sono trasformati in provincia romana

Non è dato sapere il momento in cui venne dedotta la provincia romana della Gallia Cisalpina. La storiografia moderna oscilla fra la fine del II secolo a.C. e l'età sillana. Vero è che all'89 a.C. risale la legge di Pompeo Strabone ("Lex Pompeia de Gallia Citeriore") che conferì alla città di Mediolanum, e ad altre, la dignità di colonia latina. Nel dicembre del 49 a.C.[157] Cesare con la Lex Roscia concesse la cittadinanza romana agli abitanti della provincia e nel 42 a.C. venne abolita la provincia, facendo della Gallia Cisalpina parte integrante dell'Italia romana.[158]

Note

Bibliografia

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