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Manto

personaggio della mitologia greca, figlia di Tiresia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Manto
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Manto (in greco antico: Μαντώ?, Mantṑ) è un personaggio della mitologia greca e romana. Fu una sacerdotessa ed indovina.

Disambiguazione – Se stai cercando l'omonimo comune dell'Honduras, vedi Manto (Honduras).
Disambiguazione – Se stai cercando il saggista, scrittore, commediografo pakistano, vedi Saadat Hasan Manto.
Disambiguazione – Se stai cercando in biologia, vedi Mantello (biologia).
Dati rapidi Nome orig., Caratteristiche immaginarie ...
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Genealogia

Figlia di Tiresia,[1] ebbe da Alcmeone[2] i figli Anfiloco[2] e Tisifone[2] e da Racio (Ῥάκιος un re della Caria)[3] o da Apollo[4] divenne madre di Mopso.[3][4]

Nella mitologia romana fu la madre di Ocno, avuto da Tiberino o da Tosco.[5]

Mitologia

Riepilogo
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Testa velata di Manto (a sinistra) e cavaliere (a destra) su una moneta tessala del III-II secolo a.C.

Figlia dell'indovino tebano Tiresia[1] ereditò da lui le capacità magiche e divinatorie ed avvertì le donne di Tebe di rendere omaggio a Latona ed ai suoi figli Apollo ed Artemide esortandole ad offrire incenso e preghiere, nonché ad ornare le loro teste con corone di alloro. La scena si svolse sullo sfondo della storia di Niobe, una donna che si vantò della sua famiglia e dei suoi figli e che fu punita dalla dea.[6]

Durante la guerra degli Epigoni Manto fu portata al santuario di Delfi come parte più preziosa del bottino di guerra, promessa fatta ad Apollo dagli Argivi come pegno per il suo aiuto nella conquista di Tebe.[7]

Come sacerdotessa fu oltraggiata da Lampo, che cercò di violare il suo letto e che fu ucciso da Apollo con frecce sacre.[8]

Suo figlio Ocno è il leggendario fondatore di Mantova che prese il nome proprio da Manto.[5]

È ricordata da Servio nel suo commento a Virgilio, da Ovidio (Metamorfosi VI, 157 e seguenti) e da Stazio (Thebais, IV 463-466 e VII 758 e seguenti). Secondo Stazio, dopo la morte del padre durante l'assedio di Tebe, Manto iniziò a vagare per molti paesi, prima di fermarsi lungo le rive del Mincio dove con le sue lacrime creò il lago che circonda Mantova. Queste acque avevano il magico dono di conferire capacità profetiche a chi le beveva.

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Nella cultura successiva

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Profilo di Mantova

Dante Alighieri la riprese per includerla tra i dannati dell'Inferno (fraudolenti, ottavo cerchio, quarta bolgia), tra altri indovini mitologici, compreso il padre Tiresia (Inf. XX, 52-57) La sua presenza dà l'occasione al poeta di scrivere una lunga parentesi sulle origini di Mantova, che viene fatta pronunciare da Virgilio stesso. Dante immagina che Virgilio rettifichi la sua versione dei fatti, circoscrivendo la fondazione a fatti scevri da riti magici: Manto sarebbe morta nel sito dove poi altri uomini, «sanz'altra sorte» cioè senza sortilegi, fondarono la città, scegliendone il nome in onore della donna lì sepolta.

Una contraddizione interna al poema dantesco, che ha lasciato stupiti i commentatori,[9] è in Purgatorio, canto XXII, in quanto - apparentemente smentendo quanto narrato in Inferno, XX - lì Virgilio nomina anche Manto tra i pagani virtuosi cui è stato concesso di scontare l'eternità nel limbo anziché nell'inferno vero e proprio.[9]

Note

Bibliografia

Altri progetti

Collegamenti esterni

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