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Marchesato di Zibello

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Marchesato di Zibello
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Il marchesato di Zibello fu un minuscolo Stato, feudo imperiale, governato dal 1459 al 1802 da un ramo cadetto dei Pallavicino, con una parentesi della famiglia Rangoni (1530-1630). La sua posizione strategica nella bassa parmense occidentale, stretto tra lo Stato Pallavicino, il ducato di Milano e quello di Parma e Piacenza, rese sicura la sopravvivenza rispetto alle altre linee della dinastia. Gianfrancesco, ultimogenito di Rolando il Magnifico riordinò la struttura del borgo con la costruzione del castello, della cinta muraria e del palazzo. Nel 1530 ebbe luogo una seria controversia tra i marchesi e i Rangoni, parenti acquisiti, che tennero il feudo per un secolo. Ritornati i discendenti di Giovan Francesco amministrarono lo Staterello fino all'occupazione napoleonica. I Pallavicino di Zibello sono tuttora fiorenti.[1]

Fatti in breve Dati amministrativi, Lingue ufficiali ...
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Storia

Riepilogo
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Palazzo Pallavicino a Zibello
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Chiesa dei Santi Gervasio e Protasio a Zibello

In seguito alla morte di Rolando il Magnifico, nel 1457, alcuni Pallavicino cadetti avanzarono pretese sul possesso del piccolo ma crucialmente posizionato feudo di Zibello. Dovette intervenire il duca di Milano Francesco Sforza (1450-1466) che approvò la scelta di Giovan Francesco, ultimogenito del marchese scomparso.[2]
Il possedimento era veramente minuto, abitato da 441 uomini con una superficie di dieci miglia quadrate, ma, per ragioni politiche e commerciali (operavano intorno all'antico castello, poi distrutto, artigiani, osti, fornai e capaci macellai), fu aspramente conteso nei secoli da esponenti interni ed esterni della famiglia feudataria.[3]

Il primo marchese zibellino amministrò bene lo Staterello meritando l'apprezzamento dei sudditi: rinnovò la rocca dandole anche una destinazione residenziale; i Pallavicino soggiornavano brevemente nel borgo, preferendo Busseto e, poi, soprattutto, il lussuoso e barocco palazzo a Parma, fatto realizzare nel 1646 da Alfonso. Dopo l'abbattimento della fortezza venne edificato, di fronte, l'edificio signorile porticato, con annesso teatro, in cui dimoravano solitamente i reggenti e avevano sede gli organi esecutivi e giurisdizionali. La tardo-gotica chiesa dei Santi Gervasio e Protasio, consacrata nel 1612, sotto i Rangoni, fungeva da cappella palatina e luogo gentilizio di sepoltura.[4]

La minuscola signoria comprendeva, oltre al borgo principale, le località di Pieve Altavilla, Santa Croce e Ragazzola: passò dalla protezione imperiale a quella del nuovo ducato di Parma e Piacenza, voluto dal papa Paolo III per il figlio Pier Luigi Farnese. Dal punto di vista religioso faceva parte della diocesi di Fidenza. Le aspre controversie interne provocarono, nondimeno, l'assedio del 1515, la distruzione del fortilizio e della cerchia muraria, fatti innalzare da Giovan Francesco e addirittura la divisione del feudo tra i fratelli Rolando e Bernardino.[5]

Il 1530 fu l'anno in cui i Pallavicino, stremati dalle discordie fra i pochi eredi, dovettero cedere il marchesato ai parenti guelfi modenesi Rangoni, pronipoti di Gherardo: Giulio I fu formalmente investito di Zibello, nel 1546, dal duca parmense Pier Luigi. I Rangoni ressero il territorio per un secolo interessandosi pochissimo ad esso, attenti soltanto a percepire le rendite feudali. Nel 1630 rientrarono i Pallavicino, nella persona di Alessandro I, nipote di Uberto: anche loro si dedicarono scarsamente al benessere dello Stato, ma riuscirono a governare, uniti nella consorteria familiare, fino ai primi anni dell'Ottocento.[6]

Gli ultimi marchesi sovrani, Antonio Francesco (+1807) ed Anna, lasciarono Zibello ai francesi nel 1802: il loro figlio Alessandro (III) (+1831), coniugato con Vittoria Doria Landi Pamphili, continuò la discendenza tuttora fiorente. L'ex feudo, dopo il Congresso di Vienna, nel 1815, fu incorporato nel ducato di Parma.[7]

L'arme dei Pallavicino di Zibello era descritta nel seguente modo:

«Scaccato di 5 punti di rosso equipollenti a 4 d'argento col capo d'oro all'aquila coronata spiegata di nero

Il blasone dei Rangoni era così illustrato:

«Fasciato d'argento e d'azzurro, al capo di rosso caricato di una conchiglia d'argento, abbassato sott'altro capo dello stesso, caricato dell'aquila spiegata di rosso, membrata, imbeccata, e coronata d'oro
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Marchesi di Zibello (1459-1802)[8]

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Il marchese Rolando Pallavicino con la figlia Barbara
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La marchesa Domitilla Gambara
Lo stesso argomento in dettaglio: Stato Pallavicino.
Stemma Titolo Nome Periodo Consorte e note
MarcheseGiovan Francesco I Pallavicino1459 - 1497Giacoma Brandolini
MarcheseFederico1497 - 1502Clarice Malaspina,
reggente (1502-1514)
MarcheseGiovan Francesco II1502 - 1514morì nell'agosto 1514
MarcheseGiovan Lodovico Pallavicino1514 - 1515Ippolita Pallavicino;
sorella di Giovan Francesco II
MarcheseBernardino1515 - 1526Caterina de' Buffetti;
governò con il fratello Rolando
MarcheseRolando1515 - 1529Domitilla Gambara;
divise il feudo con il fratello Bernardino
MarcheseUberto1529 - 1531Eufrosina Visconti, Giovanna Gonzaga;
cedette lo Stato ai Rangoni, morì nel 1583
MarcheseGiulio I Rangoni1531 - 1583Lucia Scotti;
governò con il fratello Pallavicino (1530-1570); erano figli di Ludovico Rangoni e di Barbara Pallavicino, figlia di Rolando
MarcheseLodovico II Rangoni1583 - 1601Bianca Rangoni, nipote di Argentina Pallavicino, figlia di Federico;
figlio ed erede di Giulio I Rangoni
MarcheseGiulio II Rangoni1601 - 1630Ottavia Farnese di Latera;
figlio di Ludovico II Rangoni i Pallavicino ripresero Zibello
MarcheseAlessandro I1630 - 1645Lavinia Farnese, Francesca Sforza, Pantasilea Gaetani;
nipote di Uberto
MarcheseCiro1645 - 1672Margherita Malaspina;
governò con il cugino Alfonso
MarcheseAlfonso1645 - 1679Anna Ariberti;
figlio di Alessandro I
MarcheseAlessandro II1679 - 1749Adelaide Fugger von Kirchberg und Weissenhorn;
figlio di Alfonso
MarcheseUberto Ranuzio1749 - 1775Anna Anguissola;
figlio di Alessandro II
MarcheseAntonio Francesco1775 - 1802Anna Tarasconi;
figlio di Uberto Ranuzio;
ultimo marchese sovrano di Zibello.
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Note

Bibliografia

Voci correlate

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