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Mario Lupo (partigiano)

partigiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Mario Lupo (... – 30 marzo 1944) è stato un militare e partigiano italiano.

Fatti in breve Nascita, Morte ...
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Biografia

Riepilogo
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Di Mario Lupo non si conoscono le generalità, malgrado nome e ruolo di comandante partigiano siano ricorrenti nelle memorie di Alfredo Filipponi[1], comandante e commissario politico della Brigata Garibaldina "Antonio Gramsci". Ulteriori dati, emersi durante il processo istruito nel 1949 dal Tribunale di Terni contro alcuni membri della "Gramsci", descrivono Lupo originario dell'Emilia e ufficiale dei Lancieri di Montebello[2][3], storico reparto di cavalleria scioltosi il 16 settembre 1943 in seguito alla sconfitta dei reparti italiani a Porta San Paolo (10 settembre) e all'occupazione germanica della Capitale. Considerato che già dal 9 settembre 1943 i militari sopravvissuti allo sbandamento e alla cattura per mano tedesca erano passati in clandestinità, è plausibile che Lupo abbia raggiunto il reatino con i superstiti del suo reparto per congiungersi o per porsi agli ordini della formazione di patrioti comandata da Vincenzo Toschi[4][5], colonnello dei Carabinieri e ufficiale del Servizio Informazioni Militare, che si muove fra le province di Roma, Viterbo e Rieti. Ipotesi supportata dal fatto che, prima del gennaio-febbraio 1944, le uniche formazioni di patrioti attive in centro Italia fossero quelle legate al Fronte Militare Clandestino[6] e le Bande ribelli locali partigiane.

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Presunta morte e memoria

Riepilogo
Prospettiva

In base alle informazioni fornite dal suddetto diario di Filipponi e dalle testimonianze processuali, di Mario Lupo non si hanno più notizie a partire dal 30 marzo 1944[7]. Le cause e il luogo della morte sono ignote, malgrado il militare e partigiano Lupo comandasse una banda particolarmente agguerrita, distaccata a Cepparo frazione di Rivodutri, il Battaglione "Paolo Calcagnetti" della Brigata Garibaldi "Antonio Gramsci". Agguerrita perché è la sua unità ad attaccare, il 10 marzo 1944[8], le forze fasciste dell'Esercito Nazionale Repubblicano e della Guardia Nazionale Repubblicana mentre svolge attività anti-partigiana a Poggio Bustone, uccidendo il Questore di Terni Bruno Pennaria, caduto insieme al vice commissario Gustavo Trotta e alle guardie di pubblica sicurezza Sante Berton, Nicola Dell’Aquila e Umberto Ferretti[9]. Un'azione significativa, dunque, nonché una delle prime e più importanti della Resistenza in Umbria e nel Lazio settentrionale il cui protagonista è proprio Lupo che ancora, il 25 successivo, si impadronisce di un deposito d'armi della GNR[10]. Va da sé che l'improvvisa scomparsa di una così nota figura avrebbe dovuto suscitare, nei compagni della Brigata, un qualche interrogativo. Invece da quella data il comando della Brigata Garibaldi "Antonio Gramsci" pone a capo del Battaglione "Paolo Calcagnetti"[11] un proprio uomo, Emo Battisti originario di Poggio Bustone, senza mai più fare riferimento a Lupo e alla sua vicenda tanto che il nome del partigiano (ammesso fosse il suo vero nome) neanche compare nella documentazione e nella bibliografia successive al giorno della scomparsa. Tuttavia è proprio il comandante della Brigata Garibaldi "Antonio Gramsci" Filipponi a sollevare l'ipotesi della morte, scrivendolo nel suo diario[12] in data 6 aprile 1944. In un notiziario datato 25 maggio e dedicato alle attività delle bande nell'Umbria meridionale, la Guardia Nazionale Repubblicana segnala un "Lupo" a capo di gruppo operanti in zona Buonacquisto, frazione del Comune di Arrone, ma non essendovi ulteriori dati è difficile sostenere si tratti dello stesso "Lupo" che combatteva a Cepparo di Rivodutri.

Nel dopoguerra, nell'ambito dei succitati processi, è emerso che il partigiano avrebbe lasciato la "Gramsci" per divergenze sul trattamento da riservare a presunte spie; uno dei teste riferisce invece che sia stato assassinato per dissapori con i garibaldini. Ipotesi e supposizioni che non hanno permesso di ricostruire il contesto nel quale sia avvenuta la presunta morte, né in generale quale sia stata la fine del capo di una delle prime e più operative bande partigiane della Resistenza nell'Italia centrale.

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Note

Bibliografia

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