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Mielofibrosi

condizione patologica caratterizzata da progressiva sostituzione del midollo osseo con materiale fibrotico Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Il termine mielofibrosi fa riferimento ad una condizione patologica caratterizzata da progressiva sostituzione del midollo osseo con materiale fibrotico. In questo contesto si può realizzare una soppressione della normale emopoiesi, con un tipico corredo clinico e specifiche alterazioni morfologiche. Tra queste sono sovente presenti:

Le informazioni riportate non sono consigli medici e potrebbero non essere accurate. I contenuti hanno solo fine illustrativo e non sostituiscono il parere medico: leggi le avvertenze.
Fatti in breve Specialità, Classificazione e risorse esterne (EN) ...

Deve essere specificato che la mielofibrosi è una condizione che rappresenta l'esito finale di molti processi patologici. Per questo si deve operare una distinzione tra il termine generico mielofibrosi e il più specifico mielofibrosi idiopatica cronica,[1] entità patologica che rappresenta soltanto una delle cause di mielofibrosi.

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Patogenesi

La mielofibrosi può essere provocata da una pletora di malattie ematologiche e non. Tra queste le più frequenti sono:[2]

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Terapie

Riepilogo
Prospettiva


Sono in corso ricerche per le seguenti molecole:[3]

  • AUY-922
  • AZD-1480
  • BMS-911543
  • INCB-039110
  • NS-018
  • PRM-151
  • PRM-151 Subcutaneous
  • SAR-302503
  • Therapeutic allogeneic lymphocytes program
  • XL-019
  • buparlisib
  • erismodegib
  • gandotinib
  • lestaurtinib
  • momelotinib dihydrochloride
  • pacritinib
  • panobinostat
  • plitidepsin
  • pomalidomide
  • pracinostat
  • ruxolitinib
  • simtuzumab

Il 20 gennaio 2024 la Commissione Europea ha autorizzato la commercializzazione di momelotinib per la cura dei sintomi della mielofibrosi per pazienti con anemia. Nel 2005 è stato scoperto il ruolo della mutazione del gene JAK2 nell’insorgenza della mielofibrosi, seguita dallo studio delle mutazioni nel gene MPL nel 2006 e CALR nel 2013. Tra i JAK inibitori il ruxolitinib è la terapia di elezione per i pazienti non anemici, sostituito da fedratinib nei casi in cui determina tossicità o perde efficacia.

Il ruxolitinib causa anemia secondaria e costringe a sospendere il trattamento e ad un rapido peggioramento dei sintomi. Comparando tre studi clinici prospettici randomization (il MOMENTUM, il SIMPLIFY-1 e il SYMPLIFY-2), si è concluso che il momelotinib, monitorato da 9 mesi a 3 anni su sul 783 pazienti affetti da mielofibrosi e anemici, aveva portato a una riduzione della splenomegalia e dei sintomi della mielofibrosi, nonché a una maggiore continuità nel trattamento, un minore ricorso alla trasfusione e infine a una sopravvivenza più prolungata.[4][5][6][7]

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Note

Bibliografia

Voci correlate

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