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Millantatore
persona che millanta Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il millantatore è un personaggio ricorrente nella letteratura di tutti i tempi e carattere nella commedia dell'arte. È colui che ha atteggiamenti boriosi e vanagloriosi in pubblico, facendo ricorso a menzogne iperboliche o a clamorose esagerazioni, o ancora si attribuisce qualità o titoli non propri. Uno dei primi usi del termine millanta nel senso di quantità spropositata, è attestata appunto in Boccaccio nella novella Calandrino e l'elitropia con la frase proverbiale "Haccene più di millanta, che tutta notte canta".

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Storia
Riepilogo
Prospettiva
Nella cultura classica
Aristotele aveva fissato gli elementi caratteristici: "Il millantatore è colui il quale fa mostra di titoli di merito che non possiede, esagerando il suo controllo del mondo di cui in realtà è privo."[2] Si distingue dall'ironico che, invece, è colui che nega e nasconde i titoli di merito di cui dispone attenuandoli. Tra questi due contrapposti estremi – l'ironico e il millantatore – si colloca la sincerità, che trova il suo opposto nella menzogna.
L'opera più famosa dell'antichità nella fissazione dei "caratteri" è senza dubbio quella di Teofrasto, che appunto, dedicò al millantatore una delle pagine più famose.
(greco antico)
«ΑΛΑΖΟΝΕΙΑΣ ΚΓ‘Ἀμέλει δὲ ἡ ἀλαζονεία δόξει εἶναι προσποίησίς τις ἀγαθῶν οὐκ ὄντων, ὁ δὲ ἀλαζὼν τοιοῦτός τις, [2] οἷος ἐν τῷ διαζεύγματι ἑστηκὼς διηγεῖσθαι ξένοις, ὡς πολλὰ χρήματα αὐτῷ ἐστιν ἐν τῇ θαλάττῃ· καὶ περὶ τῆς ἐργασίας τῆς δανειστικῆς διεξιέναι, ἡλίκη, καὶ αὐτὸς ὅσα εἴληφε καὶ ἀπολώλεκε· καὶ ἅμα ταῦτα πλεθρίζων πέμπειν τὸ παιδάριον εἰς τὴν τράπεζαν, δραχμῆς αὐτῷ κειμένης. [3] καὶ συνοδοιπόρου δὲ ἀπολαῦσαι ἐν τῇ ὁδῷ δεινὸς λέγων, ὡς μετ' Ἀλεξάνδρου ἐστρατεύσατο, καὶ ὡς αὐτῷ εἶχε, καὶ ὅσα λιθοκόλλητα ποτήρια ἐκόμισε· καὶ περὶ τῶν τεχνιτῶν τῶν ἐν τῇ Ἀσίᾳ, ὅτι βελτίους εἰσὶ τῶν ἐν τῇ Εὐρώπῃ, ἀμφισβητῆσαι· καὶ ταῦτα ψοφῆσαι, οὐδαμοῦ ἐκ τῆς πόλεως ἀποδεδημηκώς.»
(italiano)
«1) Invero, la millanteria parrebbe essere un attribuirsi beni che non sussistono; e il millantatore un tale 2) che stando sul molo racconta ai forestieri che egli ha sul mare molte ricchezze; e fa lunghi resoconti sulla sua attività di investimenti di danaro, spiegando quanto essa sia cresciuta e quanti guadagni egli abbia realizzato e quanto vi abbia rimesso; e mentre allunga di gran lunga queste cifre, manda il servitorello dal banchiere, dove ha in deposito una sola dracma. 3) Ed è capace di ingannare un compagno di viaggio, narrandogli lungo il viaggio che ha partecipato alle campagne di Alessandro, in quale rapporto fosse con lui, quante coppe tempestate di gemme abbia riportato a casa; e discute degli artisti dell'Asia, sostenendo che sono migliori di quelli d'Europa; e racconta queste sue prodezze, senza aver messo mai il piede fuori di Atene.[3][4]»
«1) Invero, la millanteria parrebbe essere un attribuirsi beni che non sussistono; e il millantatore un tale 2) che stando sul molo racconta ai forestieri che egli ha sul mare molte ricchezze; e fa lunghi resoconti sulla sua attività di investimenti di danaro, spiegando quanto essa sia cresciuta e quanti guadagni egli abbia realizzato e quanto vi abbia rimesso; e mentre allunga di gran lunga queste cifre, manda il servitorello dal banchiere, dove ha in deposito una sola dracma. 3) Ed è capace di ingannare un compagno di viaggio, narrandogli lungo il viaggio che ha partecipato alle campagne di Alessandro, in quale rapporto fosse con lui, quante coppe tempestate di gemme abbia riportato a casa; e discute degli artisti dell'Asia, sostenendo che sono migliori di quelli d'Europa; e racconta queste sue prodezze, senza aver messo mai il piede fuori di Atene.[3][4]»
Un primo esempio di soldato impiegato come maschera comica a teatro è Lamaco ne Gli acarnesi di Aristofane; il personaggio, ispirato all'omonimo militare ateniese, "con il suo atteggiamento bellicoso, arrogante e con la sua ostentata spacconeria, presenta in nuce molti degli elementi fondanti della maschera del soldato".[5] La fortuna del personaggio tipo è legato soprattutto alla palliata plautina Miles gloriosus, in cui l'eponimo protagonista Pirgopolinice incarna tutte le qualità del soldato fanfarone, vanesio e narcisista che caratterizzeranno il personaggio per secoli a venire. Nel prologo, lo stesso Plauto dichiara di essersi ispirato alla commedia greca Alazón (in greco antico: Ἀλαζών?, lett. "Millantarore"), ormai perduta, così come il nome del suo autore. Anche Terenzio porterà in scena un proprio miles millantatore nel personaggio di Trasone nell'Eunuchus.[6] Caratteristiche del personaggio tipo sono "il nome parlante, l'uniforme militare e l'ἀλαζονεία [smargiasseria], sia in materia guerresca sia nelle conquiste amorose".[7] Il suo ruolo è quello di un ridicolo antagonista che osteggia l'amore della giovane coppia.
Dal Rinascimento
Il personaggio continuerà a godere di grande popolarità anche nella commedia rinascimentale, sia in Italia che nel resto d'Europa. La riscoperta di dodici commedie di Plauto nel 1427 diede linfa alla commedia erudita[8] e nel 1517 il Trasone dei Due Felici Rivali di Jacopo Nardi (1513) diventa il primo millantatore del teatro italiano. Nel Cinquecento, il miles ricompare in personaggi quali Tinca ne La talanta (1542) di Pietro Aretino (particolarmente influenzato da Terenzio),[9][10] Zeladelfo nei Gelosi di Vincenzo Gabiani (1545), Sganghera nella Maiana di Giovanni Maria Cecchi (1585) e il capitano Torquato nel Capitano di Lodovico Dolce (1545), che va praticamente a tradurre la commedia plautina, seppur con riferimenti alla contemporaneità. Nel teatro cinquecentesco italiano, per motivi politici e sociali, il miles millantatore era spesso uno spagnolo: questo è il caso di Giglio ne Gl'ingannati (1532), di Don Cardon de Cardona nella Fantesca di Giovanni Battista Della Porta (1555), del capitano Martin Alonso nelle Due Cortigiane di Lodovico Domenichi (1565) e di Don Ignico Carpion de Buziquilles nei Rivali di Cecchi (1585).[11]
Nel XVI secolo si sviluppa anche la maschera del Capitano nella commedia dell'arte, caratterizzano dalla millanteria sulle imprese militari e i titoli nobiliari di cui si fregia. Il personaggio ottenne grande popolarità presso il pubblico, a cui appare in tutta Italia nelle sue molteplici incarnazioni, come il Capitan Spaventa in Liguria, il Capitan Matamoros (ispirato alla commedia dell'arte spagnola, in cui i soldati si vantavano per il numero di mori uccisi) di Bologna, Giangurgolo in Calabria o (lo spagnolo) Scaramuccia a Napoli. È grazie alla commedia dell'arte che la maschera arriverà anche in Inghilterra (dove è noto come "Braggart"), ispirando il Roister nel Ralph Roister Doister di Nicholas Udall (1553), il capitano Bobadil nell'Every Man in His Humour di Ben Jonson (1598) e, soprattutto, Pistola nell'Enrico IV e Falstaff ne Le allegre comari di Windsor di William Shakespeare.[12][13]
Il personaggio resterà popolare anche nei secoli a venire, influenzato dai cambiamenti e dai costumi delle rispettive epoche: se nel mondo plautino il millantatore per antonomasia era il soldato spaccone, nel Settecento veneziano il prototipo del "carattere" diventa il cavaliere. Ne La donna di garbo di Carlo Goldoni, ad esempio, troviamo la battuta: "Dico al signor Lelio, che l'affettazione è ridicola, e che il cavaliere non dev'essere millantatore".[14]
Una ripresa più diretta del Miles gloriosus lo si ha nel Capitan Fracassa di Théophile Gautier, ingentilito, però, da una scena tipica di metateatro: un nobile decaduto per amore accetta di unirsi ad una compagnia di guitti, per rivestire il ruolo di Capitan Fracassa, il Soldato spaccone. In questo modo il ruolo del millantatore è confinato nel piano del ruolo impersonato solo quando il protagonista svolge il suo ruolo di attore, mentre le connotazioni proprie sono quelle di un animo nobile e romantico. Questo sdoppiamento attore-personaggio è piaciuto moltissimo alla cinematografia che ha ripreso, con vari adattamenti, fin dai tempi del muto, il testo di Gautier.
Il millantatore continuerà ad apparire anche a cavallo tra il XIX e il XX secolo, in personaggi quali l'eponimo protagonista del Lord Jim di Joseph Conrad, Sergius Saranoff ne Le armi e l'uomo di George Bernard Shaw e Christy Mahon ne Il furfantello dell'Ovest.[15]
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Note
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