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Jacopo Palma il Vecchio

pittore italiano del XVI secolo Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Jacopo Palma il Vecchio
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Jacopo Palma il Vecchio, pseudonimo di Jacomo Nigretti de Lavalle (Serina, 1480 (?)[1]Venezia, 1528), è stato un pittore italiano, cittadino della Repubblica di Venezia ed esponente della scuola veneta.

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Palma il Vecchio, in una incisione del 1648
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Biografia

Riepilogo
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Il suo vero nome era Jacomo Nigretti de Lavalle ed era figlio di Antonio detto Tonolo fu Bartolomeo. Il Vasari lo chiama Il Palma. Nigretto (Negretto) era il soprannome di Comino de Lavalle, bisnonno del Palma, figlio di un Giovanni detto Nigro (Negro) della famiglia Ruggeri. De la Valle non era propriamente un cognome, ma indicava la contrada dove la famiglia aveva abitato o abitava a Serina[2]. Jacomo era prozio di Palma il Giovane.

Pittore affermato all'epoca, lo testimoniano due dati: di lui resta una sola opera firmata, una Madonna conservata a Berlino (il che fa presupporre che la sua arte fosse più che conosciuta)[3] ed il Vasari lo munifica di complimenti arrivando a dire: che Leonardo da Vinci e Michelangelo Buonarroti non avrebbero altrimenti operato.

Nato da famiglia modestissima di mandriani e pastori, a Serina rimane poco e, come moltissimi compaesani, si dirige presto verso la capitale, Venezia, che in quel periodo rappresenta il fulcro artistico ed economico dell'Italia settentrionale. La prima testimonianza della sua presenza a Venezia è del 1510, anno in cui compare come testimone in un atto notarile. Dobbiamo dare per certo che fosse presente a Venezia in giovanissima età e che lì abbia portato a termine il suo alunnato.[4]

Amico e concorrente di Lorenzo Lotto, cerca la compiacenza di mecenati danarosi che gli possano permettere di guadagnare e produrre una gran quantità di dipinti, molti dei quali verosimilmente non gli sono stati attribuiti (il Vasari cita due opere e menziona un capolavoro attribuito attualmente ed abitualmente a Giorgione[5], mentre Cavalcaselle, Longhi, Milanesi ed altri la attribuiscono a Palma il Vecchio).

La sua maniera di dipingere è appresa dai maestri veneziani di fine Quattrocento, in particolare da Vittore Carpaccio e Giovanni Bellini prima e da Giorgione poi: frequenta Tiziano, che si innamora di sua figlia Violante[6], e lavora assiduamente per le committenze che non mancano mai.

Nei primi anni del XXI secolo è stato ritrovato in un bunker nazista il ritratto di donna che si tiene una lunga ciocca di biondi capelli. L'immagine ricorda l'atteggiamento della Venere di casa de' Mezzan a Feltre del Morto da Feltre e evidenzia un rapporto culturale stretto tra Palma e Morto dopo il ritorno del secondo nella sua città, Feltre, e il suo soggiorno veneziano dove con Giorgione aveva lavorato al Fondaco dei Tedeschi[7].

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Giacobbe e Rachele (1520-1525), Dresda, Gemäldegalerie
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Il martirio di San Pietro (Alzano Lombardo, Bergamo)
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Polittico nella Chiesa di Santa Maria Formosa a Venezia

La sua arte è incentrata su soggetti mitologici[8], soggetti sacri e ritrattistica. All'epoca giovanile apparterrebbero i dipinti di soggetto mitologico (Concerto campestre, Ardencraig, Scozia; Venere e Cupido, Cambridge), per poi rivolgersi al soggetto sacro, sia con le pale d'altare, sia con le più famose Sacre Conversazioni.

Le Sacre Conversazioni sono per lo più commesse da privati o enti religiosi,[9] e questo appare evidente nelle opere stesse, quando la richiesta perviene da qualche priore o vescovo, il Palma dipinge in maniera più prettamente veneziana, con un tipico fondale belliniano e la preminenza marcata della Sacra Famiglia, mentre alla committenza privata esso regala l'ascesa alla divinità, l'intimità al divino, con linearità di contorni e verismo più vicini al Lotto.

Al Museo nazionale di Capodimonte (Napoli) è conservata la Sacra Conversazione con donatori[10] che non solo avvicina i piani tra la Sacra Famiglia ed il committente, ma tutti i personaggi, tranne la Vergine richiamano gli spettatori a guardare chi l'opera l'aveva commissionata, con benedicenza del Bambino Gesù.

L'Assunzione della Vergine che si trova alle Gallerie dell'Accademia[11] di Venezia, è un'opera mirabile per la pacatezza di tutti i personaggi e l'atmosfera è bagnata da una luce dorata ravvivata dall'intenso rosso degli abiti di alcuni personaggi, ripreso qualche anno dopo da Tiziano con un altro intento e tutt'altro movimento.

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Opere principali

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Note

Bibliografia

Altri progetti

Collegamenti esterni

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