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Panthera fossilis
sottospecie di animale della famiglia Felidae Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Panthera fossilis (nota anche come Panthera leo fossilis o Panthera spelaea fossilis) è una specie estinta di felino appartenente al genere Panthera, conosciuta grazie a resti fossili rinvenuti in Eurasia e risalenti al Pleistocene medio, e forse anche al Pleistocene inferiore.
Sebbene in passato sia stata spesso considerata una sottospecie del leone moderno (Panthera leo), attualmente Panthera fossilis è ritenuta o una specie distinta, antenata di Panthera spelaea (il cosiddetto leone delle caverne o leone delle steppe),[1] oppure una cronosottospecie di quest'ultimo.[2][3] Rispetto agli esemplari di Panthera spelaea del Pleistocene superiore, Panthera fossilis appare generalmente molto più grande,[2] con una massa corporea stimata tra i 400 e i 500 chilogrammi, ben superiore a quella dei leoni odierni, rendendola uno dei felini più grandi mai esistiti,[4][5] insieme al felino dai denti a sciabola sudamericano Smilodon populator.[6]
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Storia tassonomica
Riepilogo
Prospettiva
La specie fu descritta per la prima volta nel 1906 da Wilhelm von Reichenau, sulla base di resti rinvenuti nei pressi di Mauer, in Germania.[7] In passato, P. fossilis è stata considerata una sottospecie del leone moderno (Panthera leo fossilis).[8] Alcuni autori l'hanno invece ritenuta una sottospecie di Panthera spelaea (Panthera spelaea fossilis), oppure una specie a sé stante.[9][10] Talvolta viene inserita all'interno di un sottogenere del genere Panthera, denominato «Leo», che comprenderebbe diversi membri simili al leone: P. leo, P. spelaea, P. atrox e P. fossilis.[11] Uno studio del 2022 ha concluso che P. fossilis e P. spelaea rappresentano una linea cronospecie, le cui principali differenze sarebbero spiegabili in termini dimensionali.[1]
Le analisi del DNA mitocondriale ricavato da due esemplari beringiani di Panthera spelaea indicano che quest'ultima e P. fossilis erano geneticamente abbastanza distinte dal leone moderno da poter essere considerate specie separate.[12]
Evoluzione
Si ritiene che la linea evolutiva dei leoni abbia avuto origine in Africa, dove i fossili del gruppo risalgono almeno al Pliocene superiore.[13] Gli antenati di Panthera fossilis sarebbero migrati fuori dal continente africano nel corso della transizione tra il Pleistocene inferiore e quello medio, circa 1-0,8 milioni di anni fa.[11]
I più antichi resti confermati di Panthera fossilis in Europa provengono da Kozi Grzbiet, in Polonia, databili a circa 750-700.000 anni fa,[14] con resti di pari età anche a Pakefield, in Inghilterra.[15][14] I più antichi resti confermati dell'Europa meridionale provengono dal sito di Notarchirico, in Italia, risalenti a circa 660-612.000 anni fa.[3] Possibili testimonianze precedenti della sua presenza nel continente sono state rinvenute a Vallparadís, in Spagna, datate a circa 1 milione di anni fa.[16] Resti provenienti dalla Siberia occidentale sono stati anch'essi datati al tardo Pleistocene inferiore,[11] intorno a 1 milione di anni fa.[16]
Recenti studi sul genoma nucleare suggeriscono che l'incrocio tra i leoni moderni e tutti i leoni fossili eurasiatici si sia protratto fino a circa 500.000 anni fa, ma che da 470.000 anni fa in poi non vi siano più state interazioni riproduttive tra le due linee.[11][17]
L'arrivo di Panthera (spelaea) fossilis in Europa coincise con un evento di sostituzione faunistica durante la transizione tra Pleistocene inferiore e medio, che portò all'estinzione di molte specie tipiche del Villafranchiano superiore. Tra i carnivori, scomparvero in particolare l'enorme iena Pachycrocuta e il felino dai denti a sciabola Megantereon.[16] Dopo l'arrivo di Panthera fossilis, anche il grande felino dai denti a sciabola Homotherium e il «giaguaro europeo» Panthera gombaszogensis divennero molto più rari,[16] fino a scomparire nel Pleistocene medio avanzato, probabilmente in seguito alla competizione con i leoni.[18][19] L'arrivo di Panthera fossilis fu accompagnato anche da quello della iena delle caverne (strettamente imparentata con la iena maculata attuale), oltre che da quello del leopardo.[16] Tra 300.000 e 100.000 anni fa, Panthera fossilis evolse in Panthera spelaea (leone delle caverne), con una riduzione della taglia corporea e varie modifiche anatomiche allo scheletro; gli esemplari intermedi tra le due forme sono noti come Panthera spelaea intermedia.[5]
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Descrizione
Riepilogo
Prospettiva

I resti di P. fossilis indicano che questo felino era più grande del leone attuale e tra i più grandi felidi mai conosciuti: i maggiori esemplari avevano una lunghezza corporea di 2,5-2,9 metri, un'altezza al garrese di 1,4-1,5 metri e un peso corporeo tra i 400 e i 500 chilogrammi.[5] I resti provenienti dalla Siberia mostrano dimensioni maggiori rispetto a quelli dell'Europa centrale.[11][20]
Rispetto al suo discendente Panthera spelaea, P. fossilis aveva un muso e una regione nasale leggermente più ampi, mentre le regioni postorbitali e mastoidee erano più strette, le orbite oculari più piccole, le bolle timpaniche meno sviluppate, i canini più stretti e meno appiattiti, gli incisivi più piccoli, i secondi e quarti premolari superiori più sottili, e cuspidi più ridotte nei terzi premolari (superiori e inferiori) e nei quarti premolari inferiori.[21] Un'altra differenza evidente riguarda la parte anteriore della volta cranica (regione fronto-nasale), generalmente concava in P. fossilis, mentre questa caratteristica è meno frequente in P. spelaea. Le differenze tra i crani delle due specie sono comunque considerate relativamente sottili.[1]
Rispetto al leone moderno, oltre a una maggiore dimensione complessiva, P. fossilis possedeva un secondo premolare superiore più grande e un morfotipo diverso nel quarto premolare superiore, con un metastilo più corto.[21]
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Ecologia
Durante il Pleistocene medio, Panthera fossilis era il principale predatore apicale negli ecosistemi europei, probabilmente in grado di scacciare ogni altro predatore coevo dalle carcasse.[14]
Tra gli erbivori che convissero con questa specie figurano l'ippopotamo, i rinoceronti del genere Stephanorhinus (come il ronoceronte di Merck e il rinoceronte dal naso stretto), l'elefante dalle zanne dritte, l'alce, il bisonte delle steppe, il cervo nobile, il capriolo e il daino. I predatori che condividevano l'habitat con il leone comprendevano l'orso bruno, il lupo, la iena delle caverne, il grande felino dai denti a sciabola Homotherium, il leopardo europeo e il «giaguaro europeo» Panthera gombaszogensis.[22][11][20][19][23][24]
Rapporti con l'uomo
L'unica evidenza nota di interazione tra l'uomo e Panthera fossilis proviene da Gran Dolina, in Spagna, durante lo stadio isotopico marino 9 (circa 300.000 anni fa): qui, un esemplare mostra segni di taglio attribuiti a esseri umani arcaici (probabilmente gli ominidi della Sima de los Huesos), che si ritiene abbiano macellato l'animale per nutrirsene.[25]
Note
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