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Prova (diritto)

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La prova in senso giuridico, e in particolare processuale, è la dimostrazione dell'esistenza di determinati fatti giuridici, anche attraverso la dimostrazione dell'esistenza di altri fatti da cui si possa arguire l'esistenza di quelli che s'intendono provare.

L'istituto giuridico relativo presenta sensibili differenze da un ordinamento all'altro e fra ordinamenti nazionali di vari Stati del mondo.

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Nel mondo

Riepilogo
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Lo stesso argomento in dettaglio: Frutto dell'albero avvelenato.

In tema di ammissibilità delle prove, alcuni ordinamenti giuridici statali hanno accolto il concetto alla base della dottrina giuridica statunitense del frutto dell'albero avvelenato, ad esempio come affermato dalla Corte europea dei diritti dell'uomo nella sentenza relativa al caso caso Gäfgen c. Germania. del 2010[1] Alcuni stati europei hanno leggi basate su questa dottrina ma applicabili solamente a determinati casi (come ad esempio nelle prove ottenute per mezzo della tortura) mentre la dottrina stessa non è riconosciuta come principio generale.

Infatti, in assenza di espresse esclusioni di legge (es. inutilizzabilità delle intercettazioni) le prove ottenute illegalmente sono utilizzate dai tribunali per garantire che la sentenza emessa sia corretta dal punto di vista dei fatti, indipendentemente da come sono state acquisite, sulla base della tesi del male captum bene retentum. Tuttavia, la persona che ha ottenuto la prova in maniera illegale tipicamente deve affrontare un procedimento giudiziario indipendente da quello in cui le prove sono state utilizzate.

Germania

Le regole sull’onere della prova si ricavano dalla norma giuridica cui fanno riferimento le allegazioni presentate delle parti. Il principio giuridico generale è che ogni parte deve provare i fatti ad essa favorevoli. Anche la legge prevede alcune regole esplicite sull’onere della prova.

Se, nonostante l’esaurimento di tutti i mezzi di prova processualmente ammissibili, permangono dubbi su un punto essenziale, si adotta una decisione sull’onere della prova (Beweislastentscheidung) e la parte cui spetta provare i fatti che non è stato possibile provare risulta soccombente.

India

La Corte suprema indiana ha trattato il problema diverse volte, pronunciandosi contro l'applicabilità di questa dottrina in India. L'ammissibilità delle prove nei tribunali indiani dipende principalmente dalla rilevanza, e poi dalla fonte da cui proviene. La Corte Suprema indiana, in particolare, è autorizzata dalla Costituzione dell'India a far produrre qualsiasi documento dinanzi a essa, come affermato nella senzenta Regina c. Leathem del 1861.

Nel 2019, il procuratore generale Kottayan Katankot Venugopal ha sostenuto di fronte ai tre giudici della Corte Suprema, tra cui il Chief justice, che i documenti ufficiali/copetrti da segreto di Stato rubati al governo - che erano parte fondamentale del caso in questione- non dovrebbero essere presi in considerazione dal tribunale, siccome sono classificati, e il furto e la successiva consegna a un giornale era un reato ai sensi dell'"Official Secrets Act" del 1923. Il giudice K. M. Joseph ha osservato che "anche le prove rubate possono essere esaminate dalla Corte. Ciò è stato affermato nel Bharatiya Sakshya Act del 2023 mentre il giudice capo ha chiesto se sarebbe corretto per la corte ignorare un alibi (di un accusato) se fosse sostenuto sulla base di prove rubate. Il terzo giudice, Sanjay Kaul, ha ulteriormente osservato che anche se l'argomento del procuratore generale fosse corretto, qualunque prova sarebbe ammissibile se colpisse la coscienza della corte.

A ogni modo, attenzioni nei confronti dell'auto-incriminazione, garantita dalla Costituzione, sono tenute in considerazione e le prove ottenute sotto coercizione costituiranno un motivo per rifiutare la validità, ma non la legalità della sola fonte.

Italia

Con l'entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale italiano (c.p.p.) nel 1989 la figura dell'investigatore privato è stata ammessa a comparire in processo in qualità di consulente tecnico della difesa. Infatti, uno degli aspetti più rilevanti del nuovo rito si riferisce al tema della ricerca delle prove: infatti l'art. 190 c.p.p. (diritto alla prova) stabilisce che "le prove sono ammesse a richiesta di parte" e sancisce, fra l'altro, il "principio di parità fra difesa e accusa" (P.M., e difensore), sostanziato nel diritto di entrambi i soggetti alla ricerca delle prove.

La legge prevede la possibilità di usare fotografie e registrazioni digitali in un processo: in quello civile han validità tranne nel casi in cui che la parte contro cui siano fatte valere non le disconosca, contestandone la veridicità (secondo quanto previsto dall'art. 2712 del codice civile italiano. In quello penale sono prove a tutti gli effetti (ai sensi dell'art. 234 c.p.p.) ma possono essere ammesse sulla base del princio del libero convincimento del giudice, nel rispetto dei criteri e delle prescrizioni previsti dalla legge.[2]

Regno Unito

La posizione generale delle Corti inglesi si basa su una sentenza del 1861, in Regina c. Leathem, per ammettere le prove indipendentemente dalla legalità della loro provenienza:

«It matters not how you get it; if you steal it even, it would be admissible in evidence.»
(Regina v. Leathem (1861) 8 Cox CC 498)

Attingendo alla tradizione inglese, la dottrina non ha un parallelo in India e le corti ammetteranno le prove anche se ottenute illegalmente, soprattutto se potrebbero aiutare a provare la colpevolezza o l'innocenza. Sebbene la qualità delle prove possa essere sospetta, la posizione secondo cui le prove non dovrebbero essere prese in considerazione non è una posizione assunta dai tribunali indiani.

Ci sono altre considerazioni sull'ammissibilità della prova, come ad esempio se essa è stata ottenuta sotto coercizione o altra violazione dei diritti umani (inclusa la privacy), "se il suo effetto pregiudizievole sulla giuria avrebbe potuto superare il suo valore probatorio."

Stati Uniti d'America

Tra le regole di inammissibilità (exclusionary rules) vigenti negli USA in tema di prove, «il divieto posto all'hearsay evidence costituiva, e costituisce tuttora, l'aspetto forse più caratteristico della procedura di common law: tale divieto si fonda principalmente sul fatto che la testimonianza di seconda mano non può essere messa alla prova mediante cross examination (interrogatorio del testimone da parte avversa), contraddicendo il principio per cui tutte le prove dovrebbero essere controllabili.

Oltre alle testimonianze «per sentito dire», è parimenti esclusa ogni testimonianza che possa dare inizio a un'azione penale contro il testimone stesso: è il cosiddetto privilege against self-incrimination[3].

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Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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