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Provagna

frazione del comune italiano di Longarone, provincia di Belluno Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

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Provagna di Longarone (ladino/veneto: Proagna de Longaron)[1] è un piccolo borgo del comune di Longarone, in provincia di Belluno, situata sulla sinistra orografica del Piave, a monte della confluenza con il torrente Gallina e ai piedi delle pendici occidentali del Monte Toc. In età medievale, assieme alla vicina Dogna, costituì la Regola di Dogna e Provagna, una comunità di gestione collettiva dei beni silvo-pastorali documentata dal XIII secolo.

Dati rapidi Provagna di Longarone frazione, Localizzazione ...
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Geografia fisica

Provagna si trova a circa 540 m s.l.m., su un terrazzo fluviale dominante il Piave, di fronte al capoluogo Longarone. Il territorio regoliero si estendeva tra il torrente Vajont a nord, il torrente Gallina a sud, il fiume Piave a ovest e la linea di crinale a est verso Erto e Casso.

La copertura vegetale mostra una zonazione altitudinale:

  • fascia inferiore: boschi misti di latifoglie (frassino, carpino nero, aceri) con conifere (abete rosso, abete bianco, larice, pino silvestre);
  • fascia intermedia: faggete ad alto fusto;
  • fascia superiore: boschi puri di conifere montane (abete rosso, larice, abete bianco).
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Storia

Riepilogo
Prospettiva

Viene menzionata per la prima volta in un atto del 1281, ma molto probabilmente l’origine dell’abitato è databile all’epoca romana. Il paese si è sviluppato lungo gli assi stradali principali, formando un aggregato di fabbricati un tempo principalmente in pietra al pian terreno e legno ai piani superiori. In seguito, a causa dei numerosi incendi che sovente colpivano tutti i paesi dolomitici, l'architettura è mutata. Si osservano oggi, nei fabbricati più antichi risalenti al 1700 un compatto aggregato di case in pietra a vista l’una addossata all’altra, posizionate tutt’intorno alla chiesetta dedicata a San Pietro, San Paolo e San Fermo e Rustico. Ogni fabbricato adibito ad abitazione ha in aderenza o nelle immediate vicinanze l'antica stalla di famiglia ("stala") al pian terreno e il fienile ai piani superiori ("tabià")[2]. Nel fienile, spesso a 3 o 4 piani, venivano stipati ingenti quantitativi di foraggio che veniva falciato a mano con la "falth", con il "faldin" e la "sesola" tre volte l'anno in prossimità dei paesi, ove era consuetudine concimare i prati con il letame proveniente dalle stesse stalle, due volte nelle fasce perimetrali e una volta l'anno in alta montagna (anche fin sui 1900/2000 m di quota). Ogni taglio aveva un proprio nome. "la coltura" per il primo, tipicamente ai primi di giugno, "'l dork" per il secondo tra la fine di luglio e i primi di agosto e il "terzadin" ai primi di settembre. Quest'ultimo veniva eseguito solo negli appezzamenti più fertili e spesso fatto seccare del tutto all'interno del fienile a causa della stagione avanza e delle temperature ormai fresche della stagione.L’attività principale della frazione era di tipo rurale, i Provagnesi erano abili boscaioli ed allevatori. Ogni famiglia possedeva almeno un bovino atto alla produzione del latte, il quale veniva munto al mattino presto e alla sera. Lo stesso veniva portato alla latteria sociale fondata dai regolieri nel 1893, tra le prime in Italia. Recentemente acquisita e ristrutturata dall'amministrazione comunale ed adibita a sala polifunzionale. La stessa ospita un museo dedicato alla caseificazione tradizionale e alla vita rurale del paese. In queste sale si svolgono spesso incontri pubblici ed iniziative di tipo privato. La montagna sovrastante il paese era sfruttata per la produzione del fieno ed è tuttora una fonte inesauribile di legna da ardere per riscaldare le case nei rigidi inverni dolomitici[3]. Numerosissime erano le teleferiche abilmente installate dagli abitanti, alcune lunghe fino a 1700 m. Esse erano indispensabili per calare a valle le ingenti quantità di fieno falciato in altura e confezionato per il trasporto nei cosidetti "fas", calati con due differenti tecniche, dette "a pich" o "a thirele" nel caso in cui si usasse un concio di legno fatto scivolare sulla corda portante se la pendenza della stessa fosse stata elevata o con carrucole se fosse stata più dolce. A volte il trasporto non avveniva in un'unica soluzione ma doveva essere effettuato anche con due o tre tratte differenti di corde. I numerosi sentieri che salgono verso il monte Toc e lo Spiz Galina dimostrano quanto fosse importante il ruolo della montagna nell’economia di tipo rurale di Provagna di Longarone. Lo spirito associativo dei Provagnesi si può denotare dalle tante opere realizzate in società dagli abitanti: oltre alla citata chiesa e alla graziosa latteria, si distinguono il lavatoio pubblico, la "lisivera" per la produzione della liscivia e lo stabile del dopolavoro, un tempo gestito in maniera turnaria dalle varie famiglie e ora adibito a circolo ricreativo e bar fondato nel lontano 1922. Nei pressi di Provagna, alle pendici dello Spiz Galina si diramano numerosi sentieri che ben si prestano ad escursioni di lieve e media difficoltà. Tra tutte spicca la salita allo Spiz Galina definito da molte guide come il "Cervino di Longarone" tanto è irta la sua sommità che ben si nota passando per l'abitato di Faè di Longarone. La prima salita moderna dello Spiz Galina viene attribuita al medico longaronese Giovanni Battista (G.B.) Protti, datata 27 marzo 1898, “con un compagno e due cacciatori locali”[4] Tale salita che avviene dalla località "Sot Pieda" nei pressi di un discreto piazzale, sale lungo la "Val del Masarei", giungento di prossimità della Forcella dello Spiz Galina, al bellissimo bivacco "Casot Spiz Galina" intitolato alla guardia provinciale Franco Mezzavilla, perito su queste cime durante il servizio.

L'atto fondativo (1281)

La più antica attestazione dei diritti collettivi risale al 2 giugno 1281: gli uomini di Dogna, Provagna e Soverzene acquistarono il Monte Embulon/Embulone dai fratelli Saraceno e Pandolfino Paoloitti di Belluno, per 400 ducati veneti.[5] Questo atto viene considerato il fondamento giuridico della Regola tra le più antiche in Italia.

La Regola di Dogna e Provagna

La frazione appartenne alla pieve di Lavazzo e al suo sistema di comunità regoliere. La regola era un'istituzione comunitaria di proprietà collettiva su boschi, pascoli e acque, tipica del Bellunese. La gestione avveniva tramite assemblee dei regolieri, con procuratori e deputati. I beni erano periodicamente ripartiti "a sorte" tra i capifamiglia, secondo turni ventinovennali (29 anni), garantendo una distribuzione equa e sostenibile.[6]

In età veneziana la gestione delle risorse (pascoli, boschi, acque) era disciplinata da consuetudini locali e da arbitraggi more veneto.

Le contese con Soverzene (1499-1639)

Nel 1499 il podestà di Belluno Ludovico Memmo fissò confini e usi promiscui tra le due regole, provvedimento più volte richiamato nel Seicento. Il 13 aprile 1635 gli arbitri Fioravante Persicini e Girolamo Stefani divisero l'uso del monte Toc in quattro parti: tre alla Regola di Dogna e Provagna e una a Soverzene; per la località "Budizza" (ora Bodissa) oltre la baita in località Mère stabilirono l'uso comune nei soli luoghi dichiarati comuni. Una seconda sentenza del 4 aprile 1636 confermò tale assetto. Nel 1639 delegazioni delle due regole ridefinirono i limiti sul terreno e sancirono i diritti congiunti con messa solenne di ringraziamento a Dogna.[7]

Viabilità storica

L'economia boschiva e il trasporto del legname erano connessi alla Strada d'Alemagna e al cidolo del Vajont. Un documento del 1739 della Regola di Dogna e Provagna progettava un ponte sul Vajont, a monte del cidolo, per facilitare i traffici.[8]

Età contemporanea

In età napoleonica (1808) Dogna e Provagna furono aggregate al nuovo comune di Longarone, mentre Soverzene divenne comune autonomo.[9]

Il 9 ottobre 1963 il disastro del Vajont colpì la zona: Dogna e Provagna subirono danni, pur senza distruzione totale degli abitati.[10]

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Note

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

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