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Trattato di Waitangi
trattato tra i māori e gli inglesi per il controllo della Nuova Zelanda Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il trattato di Waitangi (in inglese Treaty of Waitangi, in māori Te Tiriti o Waitangi) è un trattato firmato il 6 febbraio 1840 a Waitangi da William Hobson, rappresentante dell'Impero Britannico, e da circa quaranta capi delle tribù maori dell'Isola del Nord della Nuova Zelanda. È un documento di importanza centrale per la storia e la costituzione politica dello stato della Nuova Zelanda; esso ha definito le relazioni politiche tra il governo della Nuova Zelanda e la popolazione māori.
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Il trattato
Riepilogo
Prospettiva
Il trattato fu redatto in un momento cruciale, sotto la spinta di una doppia pressione: quella dei coloni britannici intenzionati a fondare una colonia in Nuova Zelanda, e quella di alcuni leader māori interessati alla protezione britannica per contrastare la minaccia delle forze francesi. Il trattato istituisce un governatore britannico della Nuova Zelanda, riconoscendo ai māori il diritto di mantenere le loro terre, foreste e altri beni, e di godere degli stessi diritti dei sudditi britannici. Una volta scritto e tradotto, fu firmato per la prima volta dai leader del Nord a Waitangi il 6 febbraio 1840, e in seguito fatto circolare in diverse zone del paese per raccogliere le firme di altri capi maori. Nei mesi successivi, nonostante l'opposizione manifestata da alcuni leader, le copie del trattato vennero firmate da circa 530-540 māori[senza fonte], di cui almeno tredici donne.[1][2] In totale vi sono nove copie firmate del Trattato di Waitangi, compresa la prima sottoscritta a Waitangi.[3]
Il testo del trattato, bilingue, con il testo māori tradotto dall'inglese, include un preambolo e tre articoli. L'articolo uno del testo inglese sancisce la sovranità della Corona del Regno Unito sulla Nuova Zelanda. L'articolo due garantisce ai capi firmatari e alle loro tribù il mantenimento delle loro terre, foreste e beni, e concede alla Corona un diritto di prelazione su tutte le terre che i māori desiderano vendere[4]. L'articolo tre conferisce ai popoli māori pieni diritti e tutele come soggetti britannici.
Il testo maori, redatto da missionari britannici conoscitori della lingua Te Reo, non è un'esatta traduzione di quello inglese: le due versioni differiscono anche notevolmente. Le ragioni di questa ambiguità, o della mancata corrispondenza linguistica — responsabile di conseguenti difformità di contenuto e di lettura — sono state variamente interpretate: inesperienza e incompetenza giuridica degli autori del Trattato, scelta intenzionale da parte dei britannici, ingenuità o sottovalutazione delle conseguenze del testo sottoscritto da parte dei maori, o testimonianza della difficoltà, se non impossibilità, di fissare in un testo scritto concetti a cui le culture di riferimento dei contraenti — quella britannica e quella maori — attribuivano significati dissimili.[5] Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, ad esempio, il termine "sovranità" (sovereignity), concetto cruciale e ricorrente nella versione inglese, non aveva un equivalente diretto nel contesto della società māori; nella versione maori del Trattato viene citato il termine rangatiratanga, corrispondente al potere dei capi tribù, che nel testo si prometteva sarebbe stato mantenuto anche dopo l'istituzione del governo britannico.[6][7] Il termine kawanatanga con cui i redattori del testo tradussero governor, per descrivere i poteri ceduti alla Corona, non aveva per i māori quello stesso significato: le tribù erano indipendenti e guidate da più capi, la società tradizionale māori possedeva forme di leadership e di amministrazione molto diverse dal modello di monarchia centralizzata esistente in Gran Bretagna.[8]
Nei decenni successivi alla firma del trattato i disaccordi sulla sua interpretazione e applicazione culminarono nelle Guerre māori. Nel corso della seconda metà del XIX secolo, i māori persero progressivamente il controllo delle terre che avevano posseduto, alcuni attraverso la vendita legittima, ma più spesso a causa di accordi ingiusti, transazioni dubbie, o a seguito dei sequestri avvenuti dopo le guerre, culminati nella confisca di gran parte delle regioni settentrionali del Waikato e del Taranaki. Nel periodo successivo, il governo neozelandese ignorò per lo più il Trattato e una sentenza del 1877 lo definì addirittura "una nullità"[9][10].
Nella seconda metà del XX secolo i movimenti di protesta dei māori usarono il Trattato come una piattaforma per la rivendicazione dei loro diritti alla sovranità e per recuperare le terre perdute. Nel 1975 venne istituito il Waitangi Tribunal, una commissione permanente di inchiesta incaricata di indagare sulle violazioni del Trattato da parte della Corona. Nel 1985 il governo neozelandese estese i poteri del Tribunale consentendogli di giudicare ricorsi riguardanti violazioni commesse a partire dal 1840, anno di nascita del Trattato[11]; in breve il numero di rivendicazioni aumentò rapidamente.
Il 25 giugno 2008 un accordo noto come Treelords, firmato dal Parlamento di Wellington, ha assegnato a sette iwi che rappresentano oltre 100.000 persone, 176.000 ettari di foresta nel centro dell'Isola del Nord.[6][12][13] Dal 1974 il 6 febbraio viene celebrato il Waitangi Day, la festa nazionale neozelandese per commemorare la firma del trattato[14].
Dal 1997 il trattato è presente nell'elenco delle memorie del mondo dall'UNESCO.[15]
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Contesto storico
Riepilogo
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Il primo Europeo ad arrivare ed esplorare la Nuova Zelanda fu il navigatore olandese Abel Tasman nel 1642, seguito da James Cook nel 1769, che la trovò abitata dal popolo polinesiano dei Māori, arrivato nel paese nel XIV secolo.[16] Le pesca fu una delle prime attività ad attrarre gli europei in Nuova Zelanda: intorno al 1800 si potevano contare una cinquantina di cacciatori di foche e balene statunitensi e britannici.
Gli scambi avviati tra le popolazioni Māori ed europee furono mutualmente vantaggiosi: le tribù costiere scambiavano lino, legname e patate in cambio di sementi, chiodi, lana, moschetti ed altre tecnologie provenienti dal continente europeo.
Attorno al 1820 si hanno notizie di mercanti integrati nella società Māori: legati in matrimonio con le donne locali potevano godere della protezione dei capi come membri della tribù.[17]
Anche la Francia mostrò interesse nella Nuova Zelanda come possibile colonia, ma il popolo nativo era più propenso ad intraprendere rapporti commerciali con inglesi e statunitensi (considerati cugini degli inglesi): l'esecuzione da parte dei francesi di duecentocinquanta Māori nel 1772, come condanna per l’uccisione dell’esploratore Marion du Fresne e del suo equipaggio, ritenuti colpevoli di aver pescato in un’area proibita secondo le leggi māori, aveva determinato una "profonda diffidenza".[18] A dimostrazione di questo timore, nel 1831 tredici rangatira (capi maggiori) inviarono una lettera al re Guglielmo IV, chiedendo appoggio per la salvaguardia delle loro terre. In risposta venne inviato James Busby con la nomina di British Resident, un rappresentante del governo inglese con funzioni diplomatiche. Lo stesso Busby contribuì alla stesura della Dichiarazione d’Indipendenza della Nuova Zelanda, da lui firmata il 28 ottobre 1835 insieme ad altri trentacinque capi tribù dell’Isola del Nord, membri delle United Tribes of New Zealand (Le Tribù Unite della Nuova Zelanda).[19] Questo documento non fu però ben accolto e visto dall'ufficio coloniale in Gran Bretagna, che riteneva necessaria una nuova politica per la Nuova Zelanda.[20] Venne quindi inviato il capitano William Hobson, incaricato di siglare un accordo con i nativi, al fine di ottenere un controllo completo del paese.
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Il trattato
Riepilogo
Prospettiva
Al suo arrivo il 29 gennaio 1840 e senza alcuna bozza di documento preparata da avvocati o funzionari dell'ufficio coloniale, Hobson scrisse il suo trattato in quattro giorni con l'aiuto del suo segretario, James Freeman, e di James Busby, nessuno dei quali esperto in questioni di diritto. Il testo subì numerose revisioni e, rendendosi conto che un trattato in inglese non poteva essere compreso, discusso o accettato dai māori, Hobson incaricò il missionario Henry Williams e suo figlio Edward Marsh Williams, più esperti in Te Reo, la lingua māori, di tradurre il documento. Durante l'incontro del 5 febbraio a Waitangi, alla presenza di numerosi capi maori, vennero lette le versioni del trattato nelle due lingue. I capi Māori (rangatira) discussero quindi il Trattato per cinque ore,[21][22] e si trasferirono presso un fiume nelle vicinanze, dove continuarono le deliberazioni fino a tarda notte.[23] Hobson aveva programmato che la firma avvenisse il 7 febbraio, ma nonostante le diffidenze e le proteste di alcuni rangatira, la mattina del 6 febbraio 1840 circa quaranta capi delle tribù del nord furono pronti a sottoscrivere il trattato.[24]
L'intera questione era tuttavia complicata dal fatto che la società māori si basava su una tradizione orale, e assegnava valore e fiducia alla parola delle persone, nella fattispecie a quanto Hobson e i missionari esposero verbalmente, più che al contenuto scritto del trattato vero e proprio.[25] Pur assicurando l'accuratezza della loro traduzione, i due missionari si trovarono in difficoltà nel realizzare una traduzione letterale.[26] Le credenze e gli atteggiamenti dei māori verso la proprietà e l'uso della terra erano diversi da quelli prevalenti in Gran Bretagna e in Europa. Inoltre, di oltre seicento capi, solo dodici erano in grado di firmare con il proprio nome: tutti gli altri apposero una X o disegnarono parte del proprio moko (tatuaggio facciale personale).[27] Dopo la firma di ognuno, Hobson stringeva loro la mano pronunciando le sue più note parole "He iwi tahi tatou – We are (now) one people", ovvero "Ora siamo un unico popolo".[28]
Preambolo
La versione inglese dichiara la sovranità della Corona inglese sulle isole e l'istituzione di un governo finalizzato alla tutela della colonizzazione britannica, al mantenimento della pace e dell'ordine interno, alla protezione dei diritti e delle proprietà della popolazione māori.[29]
Nella versione maori[30] viene dichiarato che l'istituzione del nuovo governo britannico manterrà inalterato il rangatiratanga tribale (autonomia o autorità sulla propria area) e la proprietà delle terre māori.[5]
Articolo Primo
La versione inglese riconosce alla Corona "assolutamente e senza riserve tutti i diritti e i poteri della sovranità" sulla Nuova Zelanda; nella versione maori, i capi māori concedono alla Regina "te kawanatanga katoa", ossia il governo sulle loro terre. Il concetto di "sovranità", tradotto con kawanatanga, non corrisponde allo stesso significato in inglese: nelle dispute sorte su questa interpretazione, i capi tribù hanno sostenuto che il Trattato permetteva di conservare la loro autorità e autonomia.[5][32]
Articolo Secondo
Nel testo inglese viene garantito a singoli e tribù, se lo desiderano, il "pieno, esclusivo e indisturbato possesso delle loro terre, possedimenti, foreste, zone di pesca e altre proprietà". Di contro, viene affermato il diritto esclusivo di prelazione delle terre da parte della Corona e dei suoi delegati.
Nel testo māori, il secondo articolo conferma agli hapū (tribù) la proprietà delle terre, dei villaggi e tutto ciò che risulta per loro prezioso (taonga), includendo non solo oggetti materiali, ma anche astratti, come la lingua, la cultura o i luoghi ritenuti sacri. Tuttavia, mentre il testo inglese assegna alla Corona il diritto esclusivo di acquisto delle terre, in quello maori vi è solo l'impegno da parte dei capi di vendere ai britannici le proprie terre ad un prezzo concordato.[22] Il termine "prelazione" è stato tradotto con hokonga, che significava semplicemente "comprare, vendere o commerciare". Molti Māori dichiararono in seguito di aver interpretato che alla Corona dovesse essere riservata solo la prima opzione di vendita, e non il diritto esclusivo.[33]
Articolo terzo e Conclusione
L'ultima parte del trattato estende ai popoli māori i diritti e i privilegi dei sudditi britannici. Per quanto riguarda la traduzione, per quest'ultima parte non sono state sollevate controversie.[34]
Firme successive
Il consenso unanime dei māori al Trattato non era stato richiesto esplicitamente dal governo britannico, e Hobson era quindi disposto ad accettare anche solo l'approvazione della maggioranza. Egli riteneva fondamentale che venisse sottoscritto, in quanto il Trattato avrebbe sancito il riconoscimento dei diritti sovrani della corona britannica sulla parte settentrionale della Nuova Zelanda. Tuttavia, le firme raccolte a Waitangi non rappresentavano il nord nel suo insieme, poiché quel giorno molti dei capi di rango più alto non avevano firmato.[35] Per facilitare la raccolta di altre firme nel resto del paese e nell'intento di preservare l'originale del trattato, ne vennero create altre otto copie, ritenute da Hobson ratificazioni e conferme del documento già sottoscritto.[36] Il nome di ogni copia è collegato alle zone del paese in cui venne distribuita:
- The Manukau Kawhia Treaty Sheet - zona tra il porto di Manukau e Kāwhia;
- The Waikato-Manukau Treaty - zona tra Manukau e Waikato;
- The Printed Sheet - è considerata un'aggiunta della copia sopracitata;
- The Tauranga Treaty Sheet - zona tra Rotorua e Taupō;
- Bay of Plenty Treaty Sheet - zona tra Ōpōtiki, Te Kaha, Tōrere e Whakatāne;
- The Herald Bunbury Treaty Sheet - zona tra il porto di Coromandel, Mercury Island, Akaroa, Ruapuke;
- The Henry Williams Treaty Sheet - zona tra Ōtaki, Waikanae, Wanganui, Wellington, Gisborne e d'Urville Island;
- The East Coast Treaty Sheet - zona tra Napier e Tūranga.[37]

A causa di un sopraggiunto ictus, Hobson non poté raccogliere personalmente altre adesioni[38]. Vennero incaricati a tal fine alcuni missionari ed ufficiali che tra il febbraio ed il settembre del 1840 raccolsero più di 500 firme, comprese quelle di una decina di capi tribù donne. Altre tribù non diedero il loro consenso ed alcuni di questi capi non firmatari di Waikato e dell'Isola del Nord Centrale, in seguito formarono una sorta di confederazione antigovernativa, ed elessero un monarca chiamato Kīngitanga, "il movimento del re". Mentre le copie venivano spostate nel paese per dare a quanti più capi tribù possibile l'opportunità di firmare, alcune si persero, specialmente nell'Isola del Sud, dove le condizioni atmosferiche avverse impedirono di raggiungere Otago o Stewart Island. Il consenso al trattato fu unanime in Kaitaia, così come forse nella regione di Wellington a Whanganui.[39]
Il 21 maggio 1840, il Governatore Hobson proclamò la sovranità su tutto il paese - l'Isola del Nord in base al Trattato e l'Isola del Sud grazie alla scoperta di Cook - e la Nuova Zelanda il 16 novembre 1840 venne dichiarata una colonia separata dal Nuovo Galles del Sud.[40] Al governo britannico fu comunicato che l'Isola del Nord era stata ceduta con "adesione unanime"; l'Isola del Sud venne invece annessa sulla base della scoperta di Cook e dello "stato incivile dei nativi" ricordato da Hobson in una sua dichiarazione.[41] Egli omise anche di riferire che la versione Māori del Trattato era sostanzialmente diversa da quella inglese, e riportò che entrambe le versioni avevano ricevuto 512 firme, mentre la maggioranza di queste erano state riportate sulle copie Māori inviate in tutto il paese. La singola copia inglese venne sottoscritta solamente da 39 capi[42]. Basandosi su queste informazioni, il 2 ottobre 1840, l'ufficio coloniale approvò la proclamazione di Hobson, nonostante vaste aree dell'Isola del Nord non avessero dato la loro adesione. Non vi furono ripensamenti neanche in seguito, quando le relazioni successive rivelarono maggiori dettagli sulle inadeguatezze dei negoziati del trattato.[43]
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Anni successivi al trattato e istituzione del Waitangi Tribunal
Riepilogo
Prospettiva
Negli anni Cinquanta del XIX secolo, facendo leva sulla parte del Trattato che garantiva il mantenimento del rangatiratanga (l'autonomia o autorità del capo tribù nella propria area), e nel tentativo di porre fine all'alienazione delle terre dei nativi minacciati dall'aumento della popolazione dei coloni, si affermò il Movimento Re Māori (Kīngitanga), che intendeva unire i māori sotto un unico sovrano. Questi era chiamato a svolgere un ruolo simile a quello della regina Vittoria, consentendo ai maori di trattare con i coloni europei e il Governatore su un piano di parità. Da parte britannica, il trattato venne invece usato per accusare il movimento di ribellione contro la Corona. Fu questo il pretesto per invadere le terre nelle parti orientali dell'Isola del Nord, dove vennero confiscate vaste aree nelle regioni di Waikato e Taranaki.[44][45] Dopo la loro sconfitta a Ōrākau nel 1864, le forze di Kīngitanga si ritirarono in una foresta nell'Isola del Nord che divenne nota come il Paese dei Re.[46]
I conflitti armati tra il nuovo governo coloniale neozelandese ed i Māori, avvenuti tra il 1845 ed il 1872, divennero noti come le Guerre della Nuova Zelanda, o guerre maori[47]. Si conclusero con la vittoria dell'impero britannico, che punì gli oppositori sequestrando ingenti quantità di terreni per coprire le spese di guerra e decimando la popolazione nativa.
Nel periodo successivo alle Guerre māori, il governo neozelandese espresse la volontà di ignorare il Trattato: una sentenza del 1877 dichiarò che esso era nullo dal punto di vista giuridico, perché non era stato incorporato nella legislazione interna del paese: gli interessi dei Pākehā (denominazione māori per i britannici, o comunque non-māori) veniva anteposti a quelli della popolazione nativa.[48] Alla fine del secolo quasi tutta la terra era stata venduta: solo due milioni di ettari erano rimasti in possesso ai Māori.[45]
Tra il 1960 e il 1970 riemersero movimenti di protesta da parte della popolazione māori, che incluse tra le varie rivendicazioni la richiesta di rendere lingua ufficiale la propria lingua madre. La questione cruciale considerata dal Tribunale era se una lingua potesse essere considerata un "tesoro", ovvero taonga, e quindi protetta dal Trattato, come stabilito nel secondo articolo.[49]
In risposta alle numerose proteste e petizioni, nel 1975 il Treaty of Waitangi Act istituì il Waitangi Tribunal (in Māori Te Rōpū Whakamana i te Tiriti o Waitangi), una commissione permanente di inchiesta incaricata di interpretare il trattato, di indagare sulle sue violazioni da parte della Corona britannica o dei suoi delegati, e di suggerire mezzi di ricorso. Nella maggior parte dei casi le raccomandazioni del Tribunale non sono state vincolanti per la Corona. Originariamente il mandato era limitato a rivendicazioni su controversie nate dopo l'istituzione del tribunale, ma dal 1985 vennero incluse anche le rivendicazioni storiche, sorte fin dalla sottoscrizione del trattato, nel 1840.[50]
L'anno successivo all'estensione del mandato del tribunale, il trattato venne menzionato e incorporato, seppur in modo parziale e indiretto, nella Legge sulle proprietà statali del 1986, lo State Owned Enterprises Act. La sezione 9 della legge recita "Nulla nella presente legge consente alla Corona di agire in modo incoerente con i principi del Trattato di Waitangi".[51] La questione sollevata da questa legge era se il trasferimento di terreni e di altre attività a imprese di proprietà statale potesse avvenire senza considerare gli obblighi della Corona nei confronti di Māori stabiliti dal trattato di Waitangi.[52] La legge fu impugnata in tribunale nel 1987, ed il giudizio della causa New Zealand Maori Council v Attorney-General permise la definizione dei "Principi del Trattato"; la proposta della vendita di beni pubblici venne ritenuta in violazione di questa clausola. Ciò permise ai tribunali di prendere in considerazione le azioni della Corona in termini di conformità con il trattato e stabilì il principio che, se il trattato veniva ampiamente citato in un atto legislativo, esso doveva prevalere su altre parti, qualora esse entrassero fra di loro in conflitto.[51] I "Principi del Trattato" divennero un tema comune nella politica contemporanea della Nuova Zelanda[53] e nel 1989 il quarto governo laburista rispose adottando i Principi per l'azione della Corona sul Trattato di Waitangi, un elenco simile di principi a quello stabilito nel caso giudiziario del 1987.[54]
Il fondatore del New Zealand First Party, Winston Peters, condusse una campagna per la rimozione dei riferimenti al Trattato di Waitangi, ma anche se i riferimenti al trattato fossero stati rimossi dalla legislazione, il trattato avrebbe potuto ancora essere giuridicamente rilevante, come dimostra il caso New Zealand Māori Council v Attorney General (1990), riguardante le radiofrequenze FM, che coinvolgono la questione della proprietà dello spettro radio e la protezione della lingua Māori.[55][56]
Durante gli anni Novanta c'è stato un ampio accordo tra i principali partiti politici neozelandesi sulla fondatezza delle storiche rivendicazioni maori. Tuttavia, tra la fine degli anni '90 e l'inizio del 2000 diverse personalità politiche fra cui l'ex leader del Partito Nazionale Don Brash nel suo "Discorso di Orewa" del 2004, hanno denunciato l'esistenza di un'"industria dei reclami" del Trattato di Waitangi, che consentirebbe a molti maori di trarre profitto da presunte violazioni del trattato.[57][58][59]
Nel 2005 il politico Doug Woolerton ha proposto al Parlamento l'eliminazione dei principi del trattato. Un disegno di legge volto a rimuovere qualsiasi riferimento al trattato dalla legislazione neozelandese è stato appoggiato anche dal tredicesimo vice primo ministro Winston Peters, ma tale proposta nel novembre 2007 non ha superato la seconda lettura.[60][61][62][63]
Uno studio nel 2008 ha rivelato che tra i 2700 votanti neozelandesi, il 37,4% voleva che il trattato venisse rimosso dalla legislazione della Nuova Zelanda, il 19,7% era neutrale e il 36,8% voleva che il trattato venisse rispettato; il 39,7% concordò che i māori meritassero un risarcimento, il 15,7% si astenne, il 41,2% espresse il suo disaccordo.[64]
Sebbene il Trattato non faccia parte della Costituzione e della legislazione nazionale neozelandese, è tuttavia considerato il documento fondatore della Nuova Zelanda.[65]
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Note
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