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pittore italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Agostino Tassi, nato Agostino Buonamici (Ponzano Romano, 22 gennaio 1580 – Roma, 12 marzo 1644), è stato un pittore italiano, tardo manierista, influenzato dall'arte nordica di Matthijs Bril e Adam Elsheimer, oltre che insegnante principale di Artemisia Gentileschi.
In giovanissima età arrivò a Roma ed entrò come paggio al servizio del marchese Tassi, del quale poi assunse il cognome. Lavorò inizialmente in Toscana (1594-1608) e in seguito a Genova, dove lavorò ad affrescare il Palazzo Spinola. Si sa che lavorò molto nell'abbellire con i suoi affreschi e graffiti le facciate di palazzi e di porte cittadine della neonata città di Livorno (1606-1615). Si hanno pochissime altre notizie sui primi quindici anni della sua attività di pittore, mentre al contrario gli anni dal 1615 al 1625 sono i più documentati.[1]
Dal 1610 si trasferì definitivamente a Roma,[2] dove fu molto attivo come quadraturista e paesaggista: alla sua bottega si formarono Viviano Codazzi, Costanzo de Peris e Claude Lorrain. Fu intimo di Orazio Gentileschi e della figlia Artemisia. Nella maturità si avvicinò al classicismo carraccesco del Domenichino.
Tra le sue opere, vi sono numerosi interventi per la decorazione di diversi palazzi e ville di Roma e dintorni (Casino Ludovisi, Quirinale, palazzo Pamphili, Palazzo Lancellotti), e palazzo Rospigliosi nel quale il Cardinale Scipione Caffarelli-Borghese gli aveva affidato la decorazione a fresco del Casino delle Muse, insieme a Gentileschi.
Tra i suoi allievi si può citare Giovanni Battista Primi.
Nel febbraio 1612, mentre Orazio Gentileschi e Agostino Tassi stavano lavorando alla decorazione del Casino delle Muse, che li impegnò dal settembre 1611 all'aprile 1612,[3] Tassi venne accusato di aver stuprato Artemisia Gentileschi nel maggio 1611. Agostino Tassi venne infine condannato per lo stupro, la corruzione dei testimoni e la diffamazione di Orazio Gentileschi nel novembre 1612; su propria scelta, si esiliò da Roma [4] anche se non scontò mai effettivamente la pena.
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