Le prime notizie storicamente attendibili circa la diocesi di Bari risalgono al IV secolo, quando il vescovo Gervasio prese parte al concilio di Sardica del 342/344. Nel 465 fu il suo successore Concordio a prendere parte al sinodo romano: secondo Lanzoni, è Concordio l'unico vescovo storicamente certo di Bari nei primi sei secoli cristiani.[1] Nel 530 con il vescovo Pietro la diocesi fu elevata al rango di arcidiocesimetropolitana, soggetta al patriarcato di Costantinopoli.[2]
Dall'VIII all'XI secolo l'arcidiocesi di Bari, sotto il diretto dominio di Costantinopoli, adottò il rito bizantino, di cui rimarranno tracce fino al XVI secolo. Insieme con il rito bizantino, il calendario liturgico della Chiesa di Bari ricordava i santi dell'Oriente celebrati secondo il calendario bizantino. Infine nella cattedrale Bari fu in uso fino al XX secolo enunciare Vangelo ed Epistola in latino e in greco.
Nel IX secolo, in seguito alle devastazioni operate in Puglia dai Saraceni, la città di Canosa (Canusium) fu distrutta e Angelario, vescovo di quella città nell'844 riparò a Bari portando con sé le reliquie dei santi Rufino, Memore e san Sabino; quest'ultimo divenne poi patrono della diocesi di Bari. Il pontefice Sergio II conferì ad Angelario il titolo di vescovo di Bari e Canosa, titolo che gli arcivescovi di Bari hanno mantenuto fino alla recente riorganizzazione delle diocesi del 1986[3][4].
Nel 933papa Giovanni IX concesse l'uso del pallio all'arcivescovo di Bari, e nel volgere di un secolo ogni legame con Costantinopoli fu rescisso, in favore di quelli con Roma.
L'arcivescovo Bisanzio (1025-1035) ottenne dal Papa il privilegio di consacrare i vescovi delle sedi suffraganee. Iniziò anche la costruzione della nuova cattedrale intitolata a san Sabino, che fu distrutta nel 1156 da Guglielmo di Sicilia. Nell'XI secolo si tennero a Bari due sinodi: il primo, nel 1064 fu presieduto da Arnoldo, vicario di papa Alessandro II.
In quegli stessi anni, a Bari era arcivescovo Ursone che però, prediligendo la sede di Canosa, si era inimicato la popolazione. Pertanto, quando nel 1087 alcuni marinai traslarono a Bari le reliquie di san Nicola, le affidarono in custodia presso un monastero benedettino. Solo nel 1089, con la morte di Ursone e l'elezione ad arcivescovo proprio dell'abate benedettino Elia, si diede avvio alla costruzione della basilica di San Nicola, che venne consacrata nello stesso anno da papa Urbano II, a lavori ancora ampiamente in corso. In questa occasione lo stesso papa tumulò nella cattedrale le reliquie di san Nicola di Bari, appena giunte dall'Oriente.
Pochi anni dopo, nel 1098, Urbano II tornò a Bari per celebrarvi un sinodo finalizzato alla riavvicinamento tra la Chiesa d'Oriente e la sede apostolica di Roma. Nella scelta di Bari ebbe un peso rilevante il ruolo assunto dalla Chiesa locale, che per la presenza delle reliquie di san Nicola costituiva il naturale terreno di dialogo tra cristiani d'oriente e d'occidente. Al sinodo intervennero ben 183 vescovi, tra i quali sant'Anselmo d'Aosta che si distinse per le posizioni prese sull'uso del pane lievitato nell'eucaristia e della processione dello Spirito Santo (la cosiddetta disputa sul Filioque). Ciò nonostante il sinodo non diede i risultati sperati e la distanze dottrinali ne furono acuite.
Dopo l'arcivescovo Rainaldo, che diede impulso alla riedificazione della cattedrale distrutta da Guglielmo il Malo, anche l'arcivescovo Romualdo Grisoni (1280) si distinse per la restauro ed edificazione di chiese. Nel 1377 era arcivescovo di Bari Bartolomeo Prignano, divenuto poi papa Urbano VI, il quale peraltro non vide mai la città.
Due arcivescovi del XVII secolo hanno ricoperto un ruolo significativo nella storia dell'arcidiocesi: Diego Sersale (1638) ristrutturò a proprie spese la cattedrale e promosse la costruzione del palazzo episcopale e del seminario, mentre il domenicano Tommaso Maria Ruffo (1684) morì in odore di santità.
Anche la diocesi di Bitonto, come quella di Bari, secondo la tradizione ha un'origine che può essere fatta risalire al tempo della piena conversione della Puglia. Sebbene vi siano notizie confuse circa un vescovo di nome Anderano vissuto attorno al 742 (e appartenente probabilmente alla chiesa di Bisignano), la più antica menzione della diocesi risale all'XI secolo e il primo vescovo di Bitonto di cui si hanno notizie dettagliate fu Arnolfo nel 1087.[5]
Nel 1151 e nel 1172 la sede di Bitonto fu confermata come suffraganea dell'arcidiocesi di Bari rispettivamente da Eugenio III e da Alessandro III.
Nel 1703 il capitolo della cattedrale proclamò l'Immacolata Concezione patrona principale della città e della diocesi. Patrono del capitolo invece era san Valentino, il cui culto fu introdotto a Bitonto dal vescovo Guglielmo da Viterbo nel XII secolo.
Nel 1885 la diocesi bitontina era costituita da 15 parrocchie tutte incluse nel territorio cittadino di Bitonto, eccetto quella di Palombaio.[7]
Arcidiocesi di Bari-Bitonto
L'unione delle diocesi di Bitonto e Ruvo perdurò fino al 1982; il 30 settembre di quell'anno infatti la Santa Sede procedette alla nomina di due vescovi distinti per le due sedi. Sulla diocesi di Bitonto fu nominato Andrea Mariano Magrassi, che era già arcivescovo di Bari: in questo modo Bari e Bitonto furono unite in persona episcopi.
In occasione del XXIV Congresso eucaristico nazionale svoltosi dal 21 al 29 maggio 2005, a cui intervenne come legato pontificio il cardinale Camillo Ruini, l'arcidiocesi di Bari-Bitonto fu meta del primo viaggio apostolico di Benedetto XVI dopo l'elezione a papa.
Si omettono i periodi di sede vacante non superiori ai 2 anni o non storicamente accertati.
Sede di Bari
La cronotassi relativa al primo millennio (fino a Giovanni III nel 952) è quella riportata da Michele Garruba nella sua opera Serie critica de' Sacri Pastori Baresi (1844). Di questi vescovi, lo studio Cronotassi iconografia e araldica dell'Episcopato pugliese (1984) considera autentici solo due, Concordio (465) e Andrea (VI secolo).
Cfr. Pietro Mazzeo, Storia di Bari dalle origini alla conquista normanna (1071), Adriatica, 2008, «Le fonti su questo periodo sono al limite della informazione e della coerenza, ma è possibile seguire, comunque, un filo essenziale degli avvenimenti. Sempre nell'845 il clero e il papa nominano vescovo di Bari Angelario».
Cfr. Luigi Mezzadri, Maurizio Tagliaferri, Elio Guerriero, Le diocesi d'Italia, Volume 3, San Paolo, 2008, Arcidiocesi Bari-Bitonto... «con il Decreto Instantibus votis della Sacra Congregazione per vescovi del 30 settembre 1986, l'antica archidiocesi di Bari-Canosa è stata unita alla Arcidiocesi di Bari-Bitonto»
Questo vescovo, attribuito da storici locali alla diocesi di Bari, era in realtà vescovo di Berrea in Macedonia, come riportano le collezioni degli atti conciliari di Mansi e Labbé (Gerontius a Macedonia de Brevi, sic). Garruba (pp. 3-5) sostiene che non poteva che essere vescovo di Bari, in quanto la sede macedone era allora occupata dal vescovo ariano Demofilo; questi era però vescovo di Beroe in Tracia.
Giuseppe Cuscito, Vescovo e cattedrale nella documentazione epigrafica in Occidente, in «Actes du XIe congrès international d'archéologie chrétienne. Lyon, Vienne, Grenoble, Genève, Aoste, 21-28 septembre 1986», École Française de Rome, Rome, 1989, pp. 768-771.
La leggenda del prete Gregorio racconta di un prodigio avvenuto nel 754 nella cattedrale di Bari legato all'immagine dell'Odigitria; Maurenziano avrebbe chiamato come testimoni del fatto due vescovi, Ottone di Bitonto e Simparide di Conversano. Questo racconto, ripreso dagli storici locali, è all'origine della presenza di questi tre vescovi nelle cronotassi delle rispettive diocesi. Custode Silvio Fioriello, Bitonto e la Puglia tra tardoantico e regno normanno, Edipuglia, 1999, p. 212.
Ughelli e Garruba ammettono la presenza di Leone al concilio di Nicea II del 787. A quel concilio presero parte vescovi dell'Italia meridionale che appartenevano a dominii bizantini; Bari tuttavia alla fine dell'VIII secolo faceva parte di un gastaldatolongobardo (Francesco Tateo, Storia di Bari dalla preistoria al mille, Bari 1989). Un vescovo Leone fu presente a Nicea, ma era vescovo di Baris in Pisidia e non di Bari nelle Puglie. Jean Darrouzès, Listes épiscopales du concile de Nicée (787), in: Revue des études byzantines, 33 (1975), pp. 20 e 50.
Sebastiano avrebbe preso parte ad un concilio romano indetto nel mese di novembre 826 da papa Eugenio II. Tuttavia «la sua qualifica di "Barese" è alquanto dubbia» (Cioffari, Storia della Chiesa di Bari, 1992, p. 18). Infatti mentre Mansi qualifica Sebastiano come episcopus Burense (Sacrorum Conciliorum nova et amplissima collectio, vol. 14, Venezia 1769, col. 1000), gli editori delle Monumenta Germaniae Historica attribuiscono a Sebastiano il titolo di episcopus Ticinense, ossia vescovo di Pavia (MGH, LegesArchiviato il 21 dicembre 2016 in Internet Archive., vol. II, supplementa p. 14, rigo 45).
Un vescovo Anteramo o Auderamo prese parte ad un concilio indetto a Roma da papa Zaccaria nel 743; alcuni autori lo attribuiscono a Bitonto, ma in realtà è più probabile che fosse vescovo di Bisignano o di Bisenzio.
Durante il periodo di sede vacante, la diocesi fu data in amministrazione apostolica ai vescovi Salvatore Isgrò (dal 21 novembre 1978 a febbraio 1981) e Aldo Garzia (da febbraio 1981 al 30 settembre 1982).
Francesco Quarto, Gli arcivescovi di Bari Tradizione del “Catalogus Archiepiscoporum Baren et Canusin” nella storia della Chiesa di Bari, Bari, Nicolaus Studi Storici, XIV, 2003, fasc. 2, pp.107–176.