Encratismo
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L'encratismo è una dottrina morale di matrice gnostico-cristiana a sfondo ascetico, di probabile influenza sethiana, che si diffuse in Gallia e Spagna tra la fine del III e l'inizio del IV secolo. I seguaci di questa dottrina vengono detti encratiti.
Il termine deriva dal greco enkràteia, tradotto abitualmente come «continenza»: in realtà il significato rimanda al «dominio di sé» nell'accezione già indicata da Socrate, e si riferisce alla capacità dell'individuo di padroneggiare istinti e passioni, in vista di un perfezionamento etico della persona. Gli encratiti ("persone che praticarono la continenza") erano chiamati da Ireneo di Lione ’enkrateîs e da Clemente Alessandrino e Ippolito di Roma ’enkratetai.
L'encratismo si configura ben presto come sinonimo di «continenza rigorosa e mortificante», confluendo nella concezione filosofico-religiosa del manicheismo. Partendo dal principio gnostico che identifica la materia col male, l'encratismo attribuiva una valenza fortemente peccaminosa a numerosi aspetti del vivere quotidiano come l'unione matrimoniale, il consumo di carne e vino - al punto che Taziano, apologista greco del II secolo ed esponente di punta dell'encratismo, giunse a sostituire l'acqua al vino nell'eucaristia - e il benessere materiale oltre il necessario, condannando ogni ostentazione di ricchezza e predicando anzi un severo pauperismo.
Nel IV secolo l'encratismo conobbe una nuova fortuna grazie alla comunità monacale fondata da Eustazio di Sebaste, vescovo e asceta della Cappadocia; la sua dottrina fu aspramente combattuta da Anfilochio di Iconio, e poi definitivamente condannata nel sinodo di Side, in Panfilia, nel 390, sotto il pontefice Siricio.