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giurista italiano (1943-) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Gustavo Zagrebelsky (San Germano Chisone, 1º giugno 1943) è un giurista italiano, giudice costituzionale dal 1995 al 2004 e presidente della Corte costituzionale nel 2004.
Gustavo Zagrebelsky | |
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Gustavo Zagrebelsky al Festival della Scienza 2011 | |
Presidente della Corte costituzionale | |
Durata mandato | 28 gennaio 2004 – 13 settembre 2004 |
Predecessore | Riccardo Chieppa |
Successore | Valerio Onida |
Vicepresidente della Corte costituzionale | |
Durata mandato | 5 dicembre 2002 – 23 gennaio 2004 |
Presidente | Riccardo Chieppa |
Giudice della Corte costituzionale | |
Durata mandato | 13 settembre 1995 – 13 settembre 2004 |
Predecessore | Antonio Baldassarre |
Successore | Franco Gallo |
Tipo nomina | Nomina da parte del Presidente della Repubblica |
Dati generali | |
Partito politico | Indipendente |
Titolo di studio | Laurea in giurisprudenza |
Università | Università degli studi di Torino |
Professione | Docente universitario; Giurista |
Di origine russa,[1] è fratello minore del magistrato Vladimiro Zagrebelsky.[2] Socio Costituzionalista dell'Associazione Italiana dei Costituzionalisti,[3] già professore ordinario di Diritto Costituzionale presso l'Università di Torino e presso l'Università degli Studi di Sassari, è stato nominato giudice costituzionale dal presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro il 9 settembre 1995, prestando giuramento il 13 settembre 1995. Il 28 gennaio 2004 è stato eletto presidente della Corte costituzionale, carica che ha ricoperto fino allo scadere del suo mandato il 13 settembre 2004.[4]
Professore emerito della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Torino dal 2009, Zagrebelsky è attualmente docente di Diritto costituzionale e Teoria generale del diritto pubblico presso il Dipartimento di Giurisprudenza di Torino[5] e docente a contratto presso l'Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli.[6] Inoltre, è docente di Elementi di diritto presso l'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano.[7]
Collabora con alcuni dei più importanti quotidiani italiani (La Repubblica, La Stampa) ed è socio corrispondente dell'Accademia nazionale dei Lincei e socio nazionale dell'Accademia delle Scienze di Torino. Nel suo pensiero giuridico è rintracciabile una visione dualistica del diritto, diviso in lex e ius, concetti riconducibili ai lati formale e sostanziale del diritto[senza fonte]. Zagrebelsky afferma l'importanza della duplicità degli aspetti del diritto, evidenziando il pericolo derivante dall'acriticità di un diritto solo formale o solo sostanziale. Una visione dualistica che nello Stato attuale a suo avviso si è persa, a favore di un nichilismo giuridico.[8]
È autore di una pluriennale opera di analisi e di riproposizione di alcuni autori classici del pensiero giuridico novecentesco, come Piero Calamandrei, Costantino Mortati e Rudolf Smend.
Negli ultimi anni è ripetutamente intervenuto nel dibattito pubblico italiano, avversando le posizioni politiche e culturali dei cosiddetti atei devoti e in particolare sulla laicità dello Stato[non chiaro] e lo spirito concordatario: molti di questi saggi sono raccolti nel volume Contro l'etica della verità, pubblicato dall'editore Laterza.
Negli anni 2015-2016 si è battuto in prima linea contro la riforma costituzionale fortemente voluta dal Governo Renzi. Ha contribuito alla fondazione del Coordinamento per la democrazia costituzionale e del Comitato per il No nel referendum sulle modifiche alla Costituzione di cui è Presidente Onorario. In vista del referendum confermativo del 4 dicembre 2016 ha rappresentato la posizione del "No" in numerosi dibattiti pubblici e televisivi, compreso un confronto con il presidente del Consiglio Matteo Renzi andato in onda sulla rete LA7 il 30 settembre 2016.
È presidente onorario dell'associazione Libertà e Giustizia[9] e presidente della Biennale Democrazia.[10]
Ha curato la riedizione di Lettere di condannati a morte della Resistenza italiana (8 settembre 1943 - 25 aprile 1945), pubblicata presso Einaudi nel 2002 con una sua nota introduttiva.
Nel 2020, in occasione del referendum confermativo della riduzione del numero dei parlamentari, ha difeso le ragioni della riforma,[11] non sostenendo però apertamente il Sì e anzi favorendo l'astensione, poiché entrambe le risposte avrebbero valide ragioni.[12]
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