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politico e condottiero italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Uberto Malatesta (1270 circa – 1324) è stato un politico, condottiero e capitano di ventura italiano, conte di Giaggiolo.
Uberto Malatesta | |
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Stemma dei Malatesta | |
Nascita | 1270 circa |
Morte | 1324 |
Cause della morte | ucciso |
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Figlio primogenito di Paolo il Bello e di Orabile Beatrice. Alla morte del padre, crebbe con la sorella Margherita a Rimini sotto la tutela della madre e dello zio Gianciotto, che tra l'altro fu l'assassino di suo padre.[1]
Il 16 settembre del 1297 fuggì di nascosto da Rimini per recarsi al castello di Giaggiolo, ma si rifugiò poi presso Galasso da Montefeltro. Si avvicinò alla fazione dei ghibellini, per i quali divenne ben presto capitano generale per la Romagna.[2]
Spinto da uno spirito vendicativo nei confronti della sua famiglia, i Malatesta, lì combatté in diverse battaglie. Il 23 maggio 1300, conquistò Gubbio con il Montefeltro e Uguccione della Faggiola, ma persero dopo l'intervento di Cante Gabrielli e dei perugini. Sempre in quell'anno, combatté e sconfisse lo zio Malatestino I, conquistando Cesena.
Nel 1302 conquistò il castello di Roversano a danno dei Polentani.
Il 20 maggio 1303, a seguito dell'alleanza di Cesena con Rimini, assunse l'incarico di podestà e di capitano della città romagnola. Ben presto però i cesenati lo cacciarono in quanto pare mostrò evidenti atteggiamenti autoritari.[3]
Nel 1313 la tradizione vuole che abbia vendicato il padre uccidendo lo zio Gianciotto, con la giustificazione del suo essere guelfo.[4]
Nel 1315, alleato della fazione ghibellina e degli Ordelaffi, combatté contro il marchese degli Argugliosi, e insieme cacciarono quest'ultimo e la sua famiglia da Forlì.
Nel 1321, si alleò con i Montefeltro contro Rimini, le cui milizie erano guidate da Ferrantino Malatesta e appoggiate da Bologna. Le forze ghibelline furono respinte da quelle riminesi, le quali si spinsero fino ad Urbino.
Cominciò a maturare idee espansionistiche, il cui obbiettivo principale era quello di impadronirsi di Rimini a danno dei parenti. Insieme al cugino Ramberto tentò di togliere il potere allo zio Pandolfo I, divenuto reggente della città e di fazione guelfa, con l'assassinio. Ramberto però lo tradì informando lo stesso Pandolfo delle sue trame. Uberto fu invitato a cena da Pandolfo e Ferrantino nel castello di Ciola Araldi, presso Roncofreddo. Nel 1324, mentre si sedette a tavola fu ucciso a tradimento dai tre. Il suo corpo venne poi nascosto in un sacco e fu portato a Mercato Saraceno.[3]
Sposò la figlia di Ruggero Guidi, conte di Dovadola, dalla quale ebbe un figlio, Ramberto (1302-1367).[5]
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