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complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
L'azienda in diritto è l'insieme di tutti i diritti e rapporti legali posseduti da un imprenditore nell'esercizio dell'attività commerciale, costituendo una universalità patrimoniale.
Mentre, in economia, l'azienda rappresenta lo strumento di cui l'uomo si avvale per svolgere, in modo economico, attività di produzione e consumo di beni adatti a soddisfare i suoi bisogni.
La parola italiana è derivata dal termine spagnolo antico hazienda (poi divenuto hacienda), dal latino facienda; letteralmente, ha il significato di "cose da farsi", "faccende".
In economia aziendale, l'azienda (ramo d'azienda se si tratta di una parte della medesima, solitamente preposta ad attività specifiche), è un'organizzazione di beni e capitale umano finalizzata alla soddisfazione di bisogni attraverso la produzione, la distribuzione o il consumo di beni economici e servizi verso clienti, strutturata secondo una certa organizzazione aziendale e amministrata secondo una certa amministrazione aziendale (governance) da parte del management aziendale.
Quello che distingue l'azienda universalità e l'azienda in senso più ampio è costituito essenzialmente dai beni intangibili e non disponibili facenti parte dell'azienda, costituiti principalmente dalle compenze dei dipendenti e dalla rete di soggetti con cui l'azienda può interagire: fornitori, clienti, stakeholders, rapporti con la cosa pubblica, la comunità scientifica e altri contatti. Questi beni intangibili sono una parte fondamentale dell'avviamento e spesso costituiscono uno dei valori principali dell'azienda.
Comunemente il termine è erroneamente sinonimo di impresa; in realtà, l'impresa è la finalita dell'imprenditore che è invece il soggetto che conduce l'attività economica, mentre il complesso delle funzioni aziendali che l'azienda esercita per il raggiungimento degli obiettivi prefissati (core business) è detta attività aziendale e viene realizzata attraverso processi aziendali, nell'ambito della sua gestione operativa, che seguono un'accurata pianificazione aziendale. In pratica, l'azienda è il mezzo, l'impresa è lo scopo.
Un'azienda può appartenere a uno qualunque dei settori del sistema economico: settore primario (es. azienda agricola/allevamento), settore secondario (es. industria), settore terziario (ad es. società di servizi). Da notare che un'impresa individuale, ad esempio, non ha un'azienda.
Le aziende possono essere classificate secondo vari criteri, tra cui
Si noti che, a volte, l'aggettivo "aziendale" è riferito, impropriamente, anche ad organizzazioni che, giuridicamente, non sono aziende (ad esempio gli enti pubblici).
Esistono 3 tre categorie:
Quale che sia la "veste" e il "fine" specifico di ogni categoria di azienda, qualora assuma contenuto imprenditoriale si ritiene che comunque non possa prescindere dall'affrontare positivamente il tema della responsabilità sociale d'impresa.
Il soggetto economico è la persona o il gruppo di persone che di fatto ha o esercita il potere decisionale nell'azienda. La definizione di soggetto economico è stata estesa a tutti gli stakeholders.
I principali stakeholders, presenti in maniera differente nelle diverse tipologie di azienda sono:
Si distinguono due tipi di soggetti giuridici:
A queste classi corrispondono diverse definizioni:
Questo tipo di suddivisione necessita di un discorso particolare. Infatti, mentre è pressoché immediato stabilire quali possono essere le classi, non è così semplice trovare un criterio uniforme di assegnazione.
Le tre classi sono:
Tra i molteplici criteri si può citare:
L'Unione europea ha stabilito una convenzione unificata basata sui primi tre, vedi PMI in Europa.
L'avviamento di un'azienda è la sua capacità di produrre utili in misura superiore all'ordinario.
Dipende dal fatto che il complesso dei cespiti dell'azienda ha un valore superiore a quello della somma dei singoli cespiti separati; non è né un bene né un diritto, ma una semplice qualità dell'azienda, non attribuibile ai singoli beni ma solo all'insieme degli stessi in quanto gestiti e organizzati unitariamente.
La legge garantisce tutela all'avviamento attraverso il divieto di concorrenza, cioè impedendo al precedente titolare di intraprendere una nuova impresa che, per oggetto o altre circostanze, sia idonea a sviare i clienti dell'azienda ceduta nei 5 anni successivi il trasferimento della prima.
L'avviamento può essere positivo (goodwill) o negativo (badwill) e in bilancio può essere indicato nello stato patrimoniale rispettando le regole di bilancio in vigore.
Il trasferimento è disciplinato da specifiche disposizioni che in parte derogano il diritto comune per quanto riguarda la successione nei contratti, la cessione di crediti e debiti, in particolare per quel che riguarda il consenso del debitore, deroga all'art.1406 c.c. dato che il lavoratore non può opporsi. L'azienda può essere trasferita sia per atto "inter vivos" sia "mortis causa", ma può anche avvenire sia con accordo delle parti, sia in forma coattiva con provvedimento amministrativo o giudiziario. Si è recentemente considerata l'ipotesi che fusione e scissione possano operare un trasferimento d'azienda: se prima ciò non era considerato trasferimento d'azienda, con la consistente riforma societaria degli anni 2000 la fusione, specialmente eterogenea, non è stata più vista come scomparsa e ricostituzione dell'ente.
Il trasferimento d'azienda è disciplinato dall'art. 2112 c.c. che obbliga l'acquirente a mantenere i rapporti di lavoro e lo impegna solidalmente dei crediti maturati dai lavoratori.
L'azienda può essere trasferita dall'imprenditore ai propri discendenti tramite la stipulazione di un apposito atto inter vivos, il patto di famiglia (contratto), istituto disciplinato dagli artt. 768-bis segg. del codice civile.
Si è discusso molto in dottrina su quale fosse l'oggetto del trasferimento. Due sono le interpretazioni principali:
La legislazione comunitaria ha contribuito all'evoluzione del concetto di trasferimento d'azienda: se in particolare le varie direttive sembrano identificare l'azienda come complesso di beni organizzato per l'attività d'impresa, la giurisprudenza comunitaria dà un indirizzo ben preciso nella sentenza Suzen[1] stabilendo che:
La sentenza pone pertanto come parametro il momento causale del trasferimento.
Alla luce dell'attuale normativa viene considerato trasferimento d'azienda ogni processo che determina il cambiamento di titolarità di un'attività economica organizzata: il 5º comma dell'art. 2112 c.c. parla di attività economica organizzata, che interpretata anche con la direttiva comunitaria dà una definizione dell'oggetto del trasferimento concernente organizzazione e attività.
Il "ramo d'azienda" è trasferibile così come l'azienda intera, anche se non ha le stesse garanzie per i lavoratori dell'intero complesso aziendale: identificato come "articolazione funzionalmente autonoma"[2], dopo la riforma del 2003 è liberamente identificabile dagli imprenditori che operano il trasferimento purché risponda al requisito dell'autonomia funzionale. Il lavoratore può solo presentare le dimissioni per giusta causa se le condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica. C'è da sottolineare che il ramo d'azienda non viene menzionato dall'art. 2112 c.c. ed, essendo molto più flessibile rispetto all'intera azienda, spesso i lavoratori invocano l'art.1406 c.c. in modo che possano bloccare un trasferimento per loro svantaggioso.
Altro problema suscitano i trasferimenti operanti in quei settori d'azienda identificati come outsourcing, fra tutti l'appalto. Il legislatore si è preoccupato nel 2003 di disciplinare questi fenomeni coordinandoli alla disciplina dell'art. 2112 c.c. In particolare fissa la solidarietà dell'appaltante "fino alla concorrenza del debito che il committente ha verso l'appaltatore nel tempo in cui i lavoratori propongono la domanda". Nell'appalto di servizi, il committente è obbligato in solido fino al termine di un anno dalla fine dell'appalto.
Oltre a essere un complesso di beni l'azienda è anche un fascio di rapporti giuridici, rappresentato dai rapporti contrattuali che il titolare costituisce per esigenze aziendali. Dalla gestione aziendale nascono crediti e debiti, che fanno parte anch'essi dell'azienda. Dobbiamo considerare tre casi:
I segni distintivi dell'azienda sono gli stessi dell'impresa. La ditta o denominazione legale è il nome dell'impresa, il marchio identifica il prodotto, l'insegna identifica i locali commerciali, industriali o di produzione.
L'insegna è un altro dei segni distintivi dell'azienda e serve a distinguerne la sede. Essa, come gli altri segni distintivi, opera come collettore di clientela ed è particolarmente importante per le imprese che ricevono i clienti nei propri locali. Tuttavia, con la diffusione di internet e dei mezzi multimediali, numerose imprese vengono ora identificate principalmente tramite il proprio sito web, come nel caso delle imprese virtuali.
Il codice civile italiano dedica un solo articolo all'insegna, il 2568, che impone di integrare o modificare l'insegna che, essendo uguale o simile a quella di un altro imprenditore, possa creare confusione per l'oggetto dell'impresa o per il luogo in cui essa è esercitata. Per tutte le questioni non disciplinate, è incerto se si debba far riferimento alla normativa sulla ditta o a quella sul marchio; spesso si preferisce fare riferimento a quest'ultima, in quanto più articolata.
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