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Brigida Banti
soprano italiano (1755-1806) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Brigida Giorgi, meglio conosciuta con il cognome maritale e nome d'arte di Brigida Banti (Crema, 30 settembre 1757 – Bologna, 18 febbraio 1806), è stata un soprano italiano.

Brigida Giorgi Banti
(J. Hopkins - 1797)
Biografia
Riepilogo
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Gli inizi oscuri
Le sue origini sono alquanto incerte e gli stessi dati di nascita tutt'altro che accertati: secondo alcuni, invece che a Crema, Brigida Giorgi sarebbe nata a Monticelli d'Ongina, località in provincia di Piacenza, non lontana però da Cremona, nel 1756[1] o anche nel 1758. Figlia del mandolinista di strada Carlo Giorgi, cominciò anch'ella a esibirsi prestissimo come cantante di strada, al seguito del padre, secondo alcuni, insieme con un ancor bambino Domenico Dragonetti, futuro contrabbassista di gran nome, che l'accompagnava al semiviolone, secondo altri.[2] Certo è che nel 1777/1778, nel suo peregrinare per l'Europa meridionale, ella giunse a Parigi dove avvenne l'incontro che mutò la sua vita. Anche sulla natura di tale incontro le fonti divergono: secondo gli uni sarebbe stata notata niente meno che da Antonio Sacchini, dallo stesso rapidamente addestrata e quindi ingaggiata al Théâtre-Italien (nel quale erano provvisoriamente confluite l'Opéra Comique e la Comédie Italienne); secondo altri a notarla sarebbe stato invece il Direttore nominato dell'Opéra Comique, che, sempre previo addestramento da parte di Sacchini, l'avrebbe fatta scritturare per l'Opéra. Le notizie sul suo soggiorno parigino sono comunque incertissime[3], così come quelle relative al suo successivo trasferimento a Londra: di certo c'è soltanto che qui incontrò il ballerino e coreografo Zaccaria Banti (1756 c. - 1836) ben introdotto nell'ambiente teatrale cosmopolita che sposò ad Amsterdam nel 1779 e di cui adottò il cognome anche come nome d'arte.

Secondo il Dizionario della Musica del Ducato di Parma e Piacenza, la coppia ebbe due figli maschi: Pietro, nato a Varsavia nel 1787, tenuto a battesimo dal re di Polonia Stanislao Poniatowski in persona[4], e Giuseppe, nato a Madrid nel luglio del 1793, tenuto a battesimo dalla duchessa di Osuna, María Josefa Pimentel.[5] Secondo altre fonti, però, la coppia aveva avuto anche una femmina, evidentemente la maggiore, «andata sposa a certo Dott. Barbieri»,[6] il cui nome, Vittoria,[7] insieme a quello completo del marito, sono del resto anche attestati da un'iscrizione monumentale nel cimitero di Bologna (cfr. anche infra).[8]
La grande carriera europea
Dopo essere passata per Vienna nel 1780, la Banti decise di rientrare in Italia scritturata, per la stagione di carnevale 1782/1783, dal Teatro San Benedetto di Venezia, dove riscosse un notevole successo nelle prime del Piramo e Tisbe di Francesco Bianchi (che sarebbe diventato il suo compositore preferito) e dell'Attalo, re di Bitinia di Giuseppe Sarti, nonché in una ripresa dell'Orfeo ed Euridice di Bertoni che destò l'entusiasmo di un ascoltatore d'eccezione come il tenore irlandese Michael Kelly. Cantò successivamente a Torino, Milano, di nuovo a Venezia, e anche, nel 1786/87, a Varsavia, ove si esibì in opere di Giordani, Persichini e Tarchi.[9] Nello stesso 1787 approdò infine al Teatro San Carlo di Napoli, creando il ruolo di Sofonisba nella prima rappresentazione dello Scipione Africano del suo prediletto Bianchi, ed eseguendo anche opere di Paisiello, Anfossi e Guglielmi. La Banti rientrò quindi, nel 1789, al San Benedetto di Venezia, dove fu la prima protagonista della Zenobia in Palmira di Anfossi, che divenne uno dei suoi cavalli di battaglia, assieme al ruolo di Semiramide, creato per la prima rappresentazione de La vendetta di Nino di Bianchi alla fine dell'anno successivo.

Nel 1790 la città di Bologna conferì a Lei, al marito Zaccaria Banti e ai loro figli presenti e futuri la cittadinanza onoraria. A Bologna si esibì nell'autunno 1792 al Teatro Marsigli Rossi[5]
Nel giugno del 1792 partecipò all'inaugurazione del nuovo Gran Teatro La Fenice a Venezia, a fianco di Gaspare Pacchierotti (il quale non mancò di influenzarla notevolmente nelle sue attitudini artistiche), nella prima rappresentazione de I giuochi d’Agrigento di Paisiello. Dopo una breve stagione a Madrid nel 1793 dove rivaleggiò[10] con la altrettanto famosa Todi, dal 1794 al 1802 ella fu scritturata, come soprano principale al King’s Theatre di Londra, dove esordì con il ruolo di Semiramide nell'opera citata di Bianchi e dove incontrò Lorenzo Da Ponte che, nelle sue Memorie, le attribuì, con notevole malevolenza, caratteristiche umane piuttosto sgradevoli[11], oltre che una relazione con William Taylor, direttore del teatro. Ritornata in Italia nell'autunno del 1802 a seguito del rientro in patria di Elizabeth Billington, continuò per qualche anno a esibirsi sia alla Scala sia alla Fenice, ma la sua voce stava deteriorandosi e fu quindi costretta a ritirarsi, peraltro poco prima di morire, nel 1806.
In questo periodo prese sotto la sua protezione il giovane tenore Diomiro Tramezzani[12] che avviò alla carriera artistica[5].
Tanto splendida e così potente era stata quella stessa voce che, alla sua morte, il suo corpo fu sottoposto a un'autopsia che rivelò due polmoni di straordinaria ampiezza[13]
Il monumento funebre dedicato alla cantante, realizzato nel 1813, si trova alla Certosa di Bologna, nell'arco 101 del Braccio di ponente del Chiostro III; esso fu commissionato dal vedovo Zaccaria Banti ai pittori Luigi Gibelli e Filippo Pedrini, dopo che un precedente monumento commemorativo, eretto dalla figlia Vittoria e dal genero Domenico Barbieri, con sculture di Enrico Barberi e ornati di Giuseppe Fancelli, dovette essere forzatamente rimosso a seguito dell'ampliamento del cimitero.[8]
Nel 1869, oltre sessant'anni dopo la morte della cantante, il figlio Giuseppe Banti redasse un brevissimo ospuscoletto con uno schizzo biografico della madre.[14]
La città di Piacenza le ha dedicato una strada.
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Caratteristiche artistiche
Riepilogo
Prospettiva
Un vero e proprio fenomenale talento naturale: questa potrebbe essere la definizione sintetica della Banti. Priva di ogni educazione musicale (non sapeva nemmeno leggere la musica e rifiutò sempre di imparare), aveva un orecchio prodigioso ed era in grado di imparare a memoria le parti soltanto facendosele eseguire un paio di volte. I suoi contemporanei, dal citato Kelly, all'altro grande tenore e didatta Pierre Garat, dalla pittrice Élisabeth Vigée Le Brun, al grande conoscitore del canto, Lord Mount Edgcumbe (1764–1839)[15], concordano nell'esaltarne le qualità. Mount Edgcumbe ad esempio scriveva, nelle sue "Musical Reminiscences", di una voce estesissima, ricca e priva di smagliature in tutta la sua ampiezza, una "vera voce di petto dal principio alla fine[16]. Garat per parte sua riferì meravigliato da Londra a un collega parigino: "Che espressione! Che anima! E soprattutto che voce! [...] Ho sentito tante cantanti in vita mia, ma non ne conosco che siano state così beneficiate dalla natura".[17] Ella possedeva, in effetti, una voce estremamente potente, dal timbro squisito e notevolmente flessibile, in grado quindi di affrontare senza tema la coloratura più spericolata. Il suo stile di canto, secondo una notazione quanto mai acuta della Vigée-Le Brun, era simile a quello del castrato Pacchiarotti (con il quale, del resto, la Banti ebbe modo di esibirsi innumerevoli volte) ed eccelleva cioè nell'intensità espressiva[18].
Nonostante la sua ignoranza di base e i suoi modi non certo da gran signora,[19] la Banti, grazie al dono del suo talento naturale, seppe diventare una cantatrice estremamente raffinata e seppe rifuggire dall'esteriorità e dalla superficialità, e, insomma, dal decadimento del gusto vocale che caratterizzò la seconda metà del Settecento, e affiancarsi a pieno titolo a quei cantanti, contemporanei e immediatamente successivi, i quali, ripristinando gli stilemi del canto d'antan, aprirono la strada agli sviluppi imminenti del belcanto rossiniano.
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Repertorio
Riepilogo
Prospettiva
L'elenco seguente non è esaustivo, ma può essere considerato significativo della carriera della Banti (si riferisce a prime rappresentazioni assolute o ad altre di particolare rilievo).[20]
- CORAGO - Università di Bologna, consultato il 24 ottobre 2017, su corago.unibo.it.
- L'Almanacco di Gherardo Casaglia, consultato il 6 aprile 2020, su almanac-gherardo-casaglia.com.
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Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
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