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Castelpoto

comune italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Castelpoto
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Castelpoto [kastɛlˈpɔto, -el-][4] è un comune italiano di 1 111 abitanti[1] della provincia di Benevento in Campania.

Dati rapidi Castelpoto comune, Localizzazione ...
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Storia

Il sito risale all'epoca sannitico - romana: lo confermano iscrizioni e reperti rinvenuti nel territorio. Il paese, sorto sul colle prospiciente la valle del Calore Irpino e la pianura beneventana e sviluppatosi sotto i Longobardi e i Normanni, subì le alterne vicende delle lotte tra il confinante territorio pontificio di Benevento e il regno svevo. Dopo un breve periodo di dominio pontificio, infatti, il paese fu occupato e sottomesso da Federico Il. Fu poi sotto il dominio degli Angioini, degli Aragonesi e degli Spagnoli, conservando sempre la sua identità politico - amministrativa dal Regno di Napoli all'unità d'Italia.

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Monumenti e luoghi d'interesse

Architetture religiose

  • Chiesa parrocchiale di San Nicola da Mira: ricostruita nel 1698; secondo la tradizione locale fu benedetta dal cardinale Vincenzo Maria Orsini, futuro papa Benedetto XIII[senza fonte].
  • Cappella della Madonna di Fatima[senza fonte].
  • Grotta della Madonna di Lourdes[senza fonte].

Architetture civili

Monumenti

  • Monumento nazionale ai valani: monumento dedicato ai valani (giovani addetti alla custodia degli armenti). La tradizione locale collega la memoria dei valani a pratiche di reclutamento e lavoro stagionale nell’area di Benevento (piazza Orsini)[senza fonte].

Altro

  • Centro storico (impianto tardo-seicentesco): tessuto edilizio con vicoli e case in pietra lavorata[senza fonte].
  • Belvedere del Monte: punto panoramico sulla valle beneventana, posto al margine del borgo antico; in loco sarebbe esistita una chiesa dedicata a San Nicola[senza fonte].
  • San Laureato martire: culto locale di un santo venerato nel comune; sono conservate reliquie attribuite al santo[senza fonte]. Secondo la devozione popolare è invocato come protettore contro epidemie (tra cui la cosiddetta “spagnola”)[senza fonte].
  • Statua policroma di San Nicola (1687)[senza fonte].
  • Parco Sant’Andrea: area in cui sono segnalati resti di una chiesa rurale dedicata a Sant’Andrea apostolo, sconsacrata nel 1692[senza fonte]; l’eventuale sovrapposizione a strutture di età romana è riportata dalla tradizione locale[senza fonte].
  • Museo etnografico di Castelpoto[senza fonte].
  • Ruderi del ponte romano delle Maurelle, presso il fiume Calore: resti di un attraversamento di età romana; l’identificazione con specifiche vie consolari e l’ipotesi relativa alla prima sepoltura di Manfredi di Svevia sono riportate in alcune ricostruzioni locali[senza fonte].
  • Sorgente del “Pisciariello”[senza fonte].
  • Sorgente di acqua sulfurea[senza fonte].
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Società

Evoluzione demografica

Abitanti censiti[5]

Etnie e minoranze straniere

Al 31 dicembre 2023 risultano 20 cittadini stranieri di Stati diversi residenti nel comune: Romania, Ucraina, Nigeria, Ghana, Pakistan.

Cultura

Riepilogo
Prospettiva

Cucina

La salsiccia rossa rappresenta una delle peculiarità di Castelpoto, tra le più rappresentative, tanto che a fine aprile il paese le dedica una nota fiera-mercato. La lavorazione è particolarmente laboriosa e complessa. Si inizia selezionando carni suine scelte (prosciutto, spalla), privandole di nervature e grasso e macinandole in modo grossolano. Stessa operazione viene effettuata con lardo e pancetta. I due ingredienti vengono mescolati tra loro e addizionati di polvere di peperoncini - dolci o piccanti - coltivati in loco, i papauli in dialetto locale. La polvere viene preparata frantumando peperoni piccoli, quelli infilati con ago e filo in collane e poi appese ad essiccare all'aria in un luogo ombroso. Dopo la tostatura in forno a legna, alimentato con legno d'ulivo e quercia, sono macinati manualmente, sino ad ottenere una polvere finissima. A questi ingredienti si aggiungono un infuso di teste d'aglio in acqua, per evitare che le carni si asciughino troppo, sale e finocchietto selvatico e si impasta nuovamente il tutto. Segue una fase di riposo e poi l'insaccatura in budello naturale, pratica ancora oggi eseguita completamente a mano. Si formano collane di piccole salsicce, dove ogni salsiccia ha un peso variabile dai 100 ai 140 grammi. La salsiccia viene riposta in locali naturali, dove stagiona sotto la stretta e quotidiana vigilanza dei produttori dai 20 ai 50 giorni, secondo il calibro e la pezzatura. La modalità di consumo più comune è a fettine con un buon pane casereccio oppure, per chi riesce a reperirlo, con il pane cunzat (una pizza arricchita di ciccioli e uva passa che si produce solo a Castelpoto). A Castelpoto si è soliti mangiarla anche fresca, cotta alla brace o come condimento dei fusilli fatti a mano. La salsiccia rossa è prodotta ancora in tutte le famiglie di Castelpoto, ma solo quella marchiata dal Consorzio - che riunisce i cinque produttori di Salsiccia rossa di Castelpoto - è l'unica in grado di garantire una tracciabilità di tutta la filiera. Il consorzio è stato costituito nel 2007 allo scopo di tutelarla e di regolare la sua produzione con un disciplinare rigoroso che stabilisce norme precise anche per l'alimentazione dei suini. L'allevamento dei suini - da epoca antichissima caratteristico del Sannio - è condotto ancora in maniera tradizionale: le razze locali, originariamente nere, si sono incrociate nel corso del tempo con razze bianche più recenti, originando maiali dal vello pezzato, che sono attualmente utilizzati per la produzione di salsiccia rossa. La produzione della Salsiccia rossa di Castelpoto avviene da novembre ad aprile. La stagionatura minima è di tre settimane.

Il pittulo è una focaccia di farina di granoturco che viene consumata ancora calda; è propriamente un piatto invernale e, sin dalla metà del XIX secolo, viene consumato in quantità soprattutto il giorno 8 febbraio, festa di San Laureato martire. Nel 1819 l'arciprete Don Cosimo De Mennato così scriveva a proposito dei castelpotani: "Non vi è chi gli eguagli sì per la solitudine, sì per la pulizia nella coltura del granone che è la maggiore industria coloniale di cui si cibano in tutto l'anno". Il pittulo ha rappresentato per secoli un valido sostituto del pane, poiché la conformazione collinare, il terreno argilloso e la mancanza di grossi latifondi, rendevano poco remunerativa la coltivazione di frumento. Quando le campane annunciavano le ore 15,00, le donne lasciavano il lavoro dei campi per tornare in paese e preparare il pittulo che, insieme alle verdure e ai fagioli, sarebbe servita da cena per la famiglia. Per cuocerla si arroventava sulle braci una particolare pietra piatta e sottile sulla quale veniva versato l'impasto che, per calore, ne restava come incollato; poi la pietra veniva sollevata quasi in verticale in modo da rivolgere l'impasto alla fiamma e la si girava in continuazione fino a quando non si formava una crosticina croccante. Gli ingredienti sono: farina gialla di granoturco, acqua, sale, strutto di maiale, fagioli, verdure di campo (cicoria, bocche di leone, cardi selvatici). Cuocere i fagioli, già precedente posti in ammollo per almeno dodici ore in acqua e cenere, lavarli e portarli a cottura; lessare le verdure in acqua salata. Mettere sul fuoco una pentola di rame con acqua e strutto; portare a bollore, salare e versare a pioggia la farina di granoturco, continuando a mescolare fino a quando non si forma un impasto abbastanza consistente. In tempi più vicini si arroventava una piastra di ferro o un tegolone, di quelli che servono come sottocoppi, ci si versava sopra l'impasto fino a formare un cilindro di cinque centimetri di altezza, e veniva coperto con una teglia in lamierino sottile capovolta, e circondato di braci il "tiesto" si lasciava cuocere fino a quando non si fosse formata una crosta croccante. Quando il pittulo è cotto, sbriciolarlo e mescolarloa lungo con i fagioli e le verdure. Durante il periodo invernale il piatto può essere arricchito con carni di maiale: mettere in acqua fredda cotiche, zampetti e orecchia di maiale e farli cuocere; toglierli e, nel brodo, far insaporire i fagioli.

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Infrastrutture e trasporti

Riepilogo
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Strade

Il principale asse di trasporto per il comune, benché al di fuori del suo territorio, è costituito dalla strada provinciale 152 SSV Fondovalle Vitulanese, tramite l'omonimo svincolo[6] e quello di Castelpoto - Torrecuso; la strada permette un collegamento a scorrimento veloce con il capoluogo provinciale da un lato e con il resto della valle Vitulanese dall'altro. Altre strade di rilievo provinciale a servizio di Castelpoto sono extraurbane secondarie ed inserite dall'ente gestore nei comparti 1: hinterland di Benevento e 5: Vitulanese - Caudino, a cavallo dei quali il territorio comunale si trova. Queste strade sono la SP 150 Vitulanese I Tronco - Castelpoto - SS 7, che dalla SP 109 nei pressi di monte Mauro raggiunge il centro abitato e si collega poi alla SS 7 Via Appia in contrada Pontecorvo a Benevento, e la SP 151 Castelpoto, che inizia dalla precedente nei pressi del centro abitato e raggiunge nel territorio di Foglianise prima la citata Fondovalle Vitulanese e poi la SP 153.

Ferrovie

Il comune era servito dalla stazione di Benevento Pontecorvo-Castelpoto della ferrovia Benevento-Cancello, attiva dal 2003 al 2018, sita nei pressi della SS 7 Appia e raggiunta dalla stessa SP 150.[7]

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Amministrazione

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Ulteriori informazioni Periodo, Primo cittadino ...

Gemellaggi

Italia (bandiera) Celano, dal 2007.

Italia (bandiera) Panni, dal 2022.

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Sport

Calcio

Castelpoto ha come maggior esponente sportivo la compagine calcistica "Associazione Sportiva Dilettantistica Castelpoto" fondata nel 1968 e iniziatrice di una lunga tradizione calcistica poi proseguita nella Società Sportiva Castelpoto, nell'Unione Sportiva Castelpoto, nell'Associazione Sportiva Castelpoto rifondata nel 2001.

Il 5 aprile 2025 il Castelpoto è stato promosso, per la prima volta nella sua storia, al campionato regionale di Eccellenza.

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Note

Altri progetti

Collegamenti esterni

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