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Daniele Barbaro

cardinale, patriarca cattolico e umanista italiano Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Daniele Barbaro
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Daniele Matteo Alvise Barbaro (Venezia, 8 febbraio 1514Venezia, 13 aprile 1570) è stato un patriarca cattolico e umanista italiano, studioso di filosofia, matematica e ottica.

Fatti in breve Daniele Barbaro patriarca della Chiesa cattolica, Incarichi ricoperti ...

È noto soprattutto come traduttore e commentatore del trattato De architectura di Marco Vitruvio Pollione e per il trattato La pratica della perspettiva.[1]

Importanti furono i suoi studi sulla prospettiva e sulle applicazioni della camera oscura, dove utilizzò un diaframma per migliorare la resa dell'immagine. Uomo colto e di ampi interessi, fu amico di Andrea Palladio, Torquato Tasso e Pietro Bembo. Commissionò a Palladio Villa Barbaro a Maser e a Paolo Veronese numerose opere, tra cui due suoi ritratti.

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Biografia

Riepilogo
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Stemma della famiglia Barbaro
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Daniele Barbaro ritratto da Paolo Veronese, 1562-1570 (Firenze, Palazzo Pitti)

Daniele Matteo Alvise Barbaro o Barbarus fu figlio di Francesco di Daniele Barbaro ed Elena Pisani, figlia del banchiere Alvise Pisani e Cecilia Giustinian. Suo fratello minore fu l'ambasciatore Marcantonio Barbaro. Barbaro studiò filosofia, matematica e ottica all'Università di Padova.

Fu ambasciatore della Serenissima presso la corte di Edoardo VI a Londra, dall'agosto 1549 al febbraio 1551[2], e come rappresentante di Venezia al Concilio di Trento.

Nipote del patriarca di Aquileia Giovanni Grimani, fu suo coauditore nella sede patriarcale di Aquileia. Il 17 dicembre 1550 venne promosso in concistoro a patriarca "eletto" di Aquileia (coadiutore), con diritto di futura successione, ma non assunse mai la guida del patriarcato[2] perché morì prima dello zio. All'epoca tale carica era quasi una questione di famiglia per i Barbaro, infatti furono patriarchi di Aquileia ben 4 Barbaro fra il 1491 e il 1622:

Fu forse nominato cardinale in pectore da papa Pio IV nel concistoro del 26 febbraio 1561 e mai pubblicato[3].

Solo i Grimani, con cui erano imparentati, occuparono più volte il patriarcato (ben sei).

Partecipò a varie sedute del Concilio di Trento a partire dal 14 gennaio 1562 fino alla sua chiusura nel 1563, e fu un importante studioso. Si occupò in primis della traduzione del De Architectura di Vitruvio[4] e i rapporti con gli scritti di Plinio[5], con le fonti antiche e moderne.

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Opere

Riepilogo
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La pratica della perspettiva, 1569
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I dieci libri dell'architettura di M. Vitruvio tradutti et commentati da monsignor Barbaro, 1556

Tra le sue maggiori opere:

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Note

Bibliografia

Voci correlate

Altri progetti

Collegamenti esterni

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