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Fiero l'occhio svelto il passo

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Fiero l'occhio svelto il passo
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Fiero l'occhio svelto il passo è un libro scritto a quattro mani da Luca Goldoni ed Enzo Sermasi. È stato pubblicato da Arnoldo Mondadori Editore nel 1979 e poi ristampato per la collana Club degli Editori.

Dati rapidi Autore, 1ª ed. originale ...

Il titolo riprende un verso del brano musicale Fischia il sasso composto da Giuseppe Blanc ed adottato come inno dei Balilla dell'Opera nazionale balilla e che veniva eseguito nelle adunate del sabato fascista.[1]

La strofa che lo include recita nel suo insieme:

«Fiero l'occhio, svelto il passo
chiaro il grido del valore.
Ai nemici in fronte il sasso,
agli amici tutto il cuor.[2]»
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Storia

Lo scritto è ambientato nella regione geografica della Pianura padana (Parma e dintorni) ed ha preso le mosse, come è spiegato ad inizio libro, da un raduno conviviale di un gruppi di amici nati intorno alla fine degli anni venti, quando il fascismo aveva da poco conquistato il potere, e che alla fine anni settanta avevano all'incirca cinquant'anni.

Il libro non vuole essere tuttavia, per esplicita dichiarazione degli autori, un'operazione di semplice nostalgia o, ancora, una sorta di puro amarcord. Anche perché, sebbene quei tempi fossero "poco ameni" è innegabile che per molti giovani di allora l'infanzia sia stata "per molti versi felice".

A far scattare la molla della memoria è stato sufficiente evocare come fosse semplice, servendosi di una cartolina illustrata giunta dal fronte di guerra ed una molletta da bucato rubata alla mamma e posta fra i raggi, 'trasformare' il fruscio di una ruota di bicicletta Campagnolo nel rombo di una potente motocicletta.

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Soggetto

Riepilogo
Prospettiva

Posto a via di mezzo fra il saggio storico che analizza un determinato periodo (la seconda parte del ventennio fascista) e il libro di memorie, il volume si sviluppa su due piani: uno puramente testuale in cui vengono raccontati episodi, aneddoti ed eventi storici; ed uno fotografico, reso possibile da un'ampia documentazione iconografica originale costituita da 85 illustrazioni e che restituisce in pieno lo spaccato della società italiana durante il fascismo, fino alla sua caduta.

Questa seconda parte la parola direttamente ai 'protagonisti' delle immagini: sono perciò i soggetti fotografati (quando a intervenire non è direttamente l'io narrante degli autori) a descrivere, in soggettiva, la fotografia, il suo contenuto, l'ambito nel quale era stata scattata. È possibile così vedere - con descrizione da parte della crocerossina ripresa nell'immagine - il duce del fascismo Benito Mussolini che si reca in visita a un reparto d'ospedale dove sono ricoverati i feriti giunti dai vari fronti della seconda guerra mondiale.

Particolarmente suggestiva è l'istantanea che riprende le madri prolifiche (avvoltolate in ampi scialli, che, "passata la fede (nuziale) nella (mano) destra per mostrarla nel saluto romano, ricevono in dono scolapasta e corredini. Si concorreva al premio" - spiega la didascalia - "non con i 'punti' ma con i 'figli qualità'. Il figlio unico era un lusso che si vedeva soltanto al cinema".

In un'altra fotografia si notano gruppi di cittadini che, il 25 aprile 1945, trovano riparo dietro ad alberi per sottrarsi al tiro dei franchi tiratori ancora appostati sui tetti.

Ma le fotografie che corredano il libro (comprese quelle dell'Italia calcistica due volte mondiale di Vittorio Pozzo) sono decine e decine, arricchite anche da manifesti propagandistici d'epoca fascista come quello celebre con la scritta: "Taci, il nemico t'ascolta!".

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Nel testo

Riepilogo
Prospettiva

La parte testuale è assai dettagliata riguardo alla vita quotidiana di un adolescente dei tardi anni trenta, quando l'Italia fascista, impegnata sul fronte dell'Africa Orientale Italiana, entrava nella fase immediatamente precedente lo scoppio della seconda guerra mondiale: gli impegni scolastici alternati all'attività dell'Opera Nazionale Balilla prima e della Gioventù italiana del littorio poi, ma anche i momenti di svago con i giochi con gli amici e le letture dei fumetti dell'epoca con il nome di eroi esotici 'italianizzati' per volere del fascismo (con le buffe incongruenze del caso); le (brevissime) vacanze estive al mare di Liguria; i sacrifici dell'autarchia affrontati da un popolo che vestiva in orbace, gestiva i comunitari orti di guerra e ammirava il cinema di Amedeo Nazzari, anch'esso autarchico, e riciclava i vestiti tinti e ritinti più volte per rinnovarne il look e lo stile.

Per giungere - con lo scoppio del conflitto mondiale - alla nuova e fino ad allora sconosciuta paura avvertita nelle lunghe ore trascorse nei rifugi antiaerei, alternata allo stupore per la visione in lontananza delle munizioni traccianti che solcavano il cielo sopra le città bersaglio dei bombardamenti, luci che - viste da lontano, ovvero dalle località in cui molte famiglie decidevano di 'sfollare' per porsi al sicuro - sembravano degli enormi fuochi d'artificio.

E poi, infine, liberatoria, la fine della guerra, un momento di gioia paragonabile, per gli autori, alla fine di un anno scolastico.

I capitoli

Ulteriori informazioni Capitolo, Argomento ...
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Note

Bibliografia

Voci correlate

Collegamenti esterni

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