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Nobiltà alessandrina
nobiltà di Alessandria Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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La nobiltà alessandrina fu una classe sociale privilegiata della città di Alessandria e del suo contado dall'epoca medievale e comunale sino alla Restaurazione. La nobiltà, composta sia di famiglie del patriziato civico che di famiglie feudali, fu per secoli legata al Ducato di Milano e venne gradualmente integrata in quella piemontese nel corso del XVIII secolo, dopo il passaggio di Alessandria ai Savoia nel 1713. Facendo parte della nobiltà subalpina, confluì dal 1861 nella nobiltà italiana, sin dalla proclamazione del Regno d'Italia.
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Storia
Riepilogo
Prospettiva
Origini
La città di Alessandria fu fondata intorno al 1168, che si fissa come data convenzionale, dall'unione dei quattro borghi di Borgoglio, Gamondio, Marengo e Rovereto, da cui provennero gran parte dei cittadini del nuovo comune; alla fondazione concorsero anche famiglie nobili provenienti da altre città, come Genova o Milano, o feudatarie di borghi vicini. I primi ordinamenti comunali, con l'istituzione degli organi di governo del Consiglio Generale e dell'Anzianato, risalgono al 1228: in questa data fu istituito il patriziato cittadino, composto da 128 famiglie con accesso esclusivo al governo della città. Le famiglie furono divise nei due elenchi dei Nobili del Popolo e Nobili del Comune: i primi i casati della popolazione originaria, provenienti dai quattro borghi fondatori, i secondi quelli giunti da altre città dopo la fondazione. I Nobili del Popolo avevano diritto a metà dei seggi nel Consiglio, composto da 208 membri, e diritto esclusivo di accesso all'Anzianato, o Decurionato, dal quale erano esclusi i Nobili del Comune che avevano solo accesso al Consiglio. Le famiglie erano inoltre divise per quartiere di provenienza, dimodoché ogni quartiere fosse rappresentato in Consiglio per un quarto dei seggi, diviso tra nobili del Popolo e del Comune[1].
Ducato di Milano
Alessandria rimase libero comune fino al 1348, anno in cui entrò a far parte dei territori del Ducato di Milano; già dal 1316 la città, per decisione del suo patriziato, si era posta sotto la protezione dei Visconti.
Sotto i Visconti: la Casa Ducale
Fin dai tempi della fondazione la nobiltà alessandrina era dilaniata internamente dalle lotte tra le due fazioni dei Guelfi e dei Ghibellini, la cui composizione è testimoniata dagli elenchi del 1225, tre anni prima degli ordinamenti comunali. Nel 1417 Filippo Maria Visconti, per porre fine a queste lotte, decise di istituire la Casa Ducale di Alessandria, una terza fazione sotto la sua diretta protezione con funzioni di controllo sulle precedenti. Un buon numero di famiglie della nobiltà cittadina entrò a farne parte, scegliendo di giurare fedeltà al Duca e ottenendone in cambio una concessione di arma comune e una piazza riservata in città per riunirsi. Molte delle famiglie di parte ducale però non figurano negli elenchi del patriziato originario, segno che i Visconti vollero con questo atto istituire una "nuova nobiltà" alessandrina ad essi fedele.
Il periodo spagnolo: la Provvisione
Il governo del Comune rimase saldamente in mano del patriziato originario fino alla fine del XVI secolo, passando per le fasi sforzesca e francese. Nel 1559, anno del passaggio del ducato di Milano sotto la dominazione spagnola, in una riforma voluta dal Governatore di Milano, Gonzalo II Fernandez de Cordoba, venne riconfermato il diritto ereditario di accesso al Consiglio stabilendo “che niuno si elegga né si ammetta per consigliere, il quale non sia delle antiche ed originarie famiglie e che non abbia i meriti conforme agli ordini dell’istessa città”[2]. Le cronache cittadine, in realtá, ricordano i nomi di alcuni Consiglieri e Anziani non appartenenti al patriziato originario: è probabile che si tratti di persone aggregate a una delle casate patrizie (che funzionavano come "alberghi", si veda oltre il caso dei Cantono) o che siano ammissioni eccezionali ad personam a favore di cittadini in vista.
Nel 1589 una nuova riforma adeguò Alessandria agli ordinamenti comunali milanesi, istituendo il magistrato dei Dodici di Provvisione in sostituzione dell'Anzianato. Da questo momento in poi, e sempre più con ulteriori riforme del 1609 e 1651, la Provvisione divenne l'organo di governo di esclusiva nobiliare, cambiando poi nome definitivamente in Decurionato intorno alla metà del Settecento. L'accesso al Consiglio smise invece di essere riservato al patriziato cittadino e fu permesso a tutti i cittadini del Comune che rispettassero determinati requisiti di censo e la cui famiglia risiedesse da almeno settant'anni in città[3]. Nonostante ciò il barone Antonio Manno inserì nel suo Patriziato Subalpino anche alcune famiglie alessandrine che ebbero accesso al solo Consiglio dopo il 1589, reputando quindi l'appartenenza ad esso, se ripetuta per generazioni, ingenerante nobiltà anche dopo la riforma[4].
Regno di Sardegna
Il passaggio di Alessandria sotto il dominio dei Savoia, nel 1713, non cambiò il funzionamento del Comune, e gli organi del Consiglio e del Decurionato sopravvissero fino al 1840. Nel periodo sabaudo le interferenze dei regnanti portarono a volte a tensioni con il patriziato alessandrino, come nel caso dell'araldista Cesare Nicola Canefri, visto con benevolenza dal sovrano e ammesso al Decurionato per poi cadere due volte in disgrazia per le sue falsificazioni documentarie[5]. Il patriziato alessandrino fu, insieme a quelli di Novara e Tortona, tra gli unici tre riconosciuti come "patriziati nobili" tra le province di nuovo acquisto dei Savoia, con Lettere Patenti del 1775[6]. In conformità con questo criterio, dalla Consulta Araldica del Regno d'Italia furono inserite d'ufficio negli Elenchi Nobiliari del Regno, con diritto al titolo di Nobile, le famiglie discendenti dai Decurioni del 1771.
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Composizione
Riepilogo
Prospettiva
Della nobiltà alessandrina fecero parte le famiglie del patriziato e quelle che ebbero altri tipi di nobiltá, derivante dal possesso di feudi, da diplomi di nobiltà o dall'appartenenza a ordini cavallereschi nobiliari; naturalmente in molti casi questi titoli si aggiunsero a un patriziato preesistente, o viceversa l'aggregazione a esso derivò da un preesistente status nobiliare.
Il patriziato, più in particolare, si può riunire in tre gruppi di casate: quelle del patriziato originario, presenti in Consiglio fin dal 1228, quelle native di Alessandria e aggregate in tempi successivi e quelle che, già di chiara nobiltà in altri luoghi, furono ammesse al patriziato dopo il loro trasferimento in città. Il Comune non si dotò mai di un Libro d'Oro ufficiale; l'unico elenco ufficiale di famiglie patrizie è quindi quello del 1228, riportato per intero negli annali del Ghilini, mentre per il periodo successivo alla riforma del 1589, l'elenco delle famiglie patrizie di Alessandria si ricava da quelle che ebbero Signori di Provvisione e Decurioni.
Tra le famiglie alessandrine principali spiccano per importanza i Guasco, i Trotti e i Ghilini, mentre tra le casate feudali non originarie della città si ricordano i Faà di Bruno, i Moscheni e gli Scati. Nei tempi più antichi ebbero un ruolo di primo piano nelle vicende politiche cittadine anche alcune famiglie che, pur rientrando nel novero di quelle feudali, derivarono il loro potere soprattutto dalle cariche comunali: spicca tra queste il casato dei Lanzavecchia, tra i principali della fazione ghibellina.
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Elenco delle principali famiglie nobili alessandrine
Riepilogo
Prospettiva
Elenco in ordine alfabetico delle famiglie nobili alessandrine dal 1228 al 1840, derivato dalle opere citate in bibliografia. Per le date di investitura dei feudi si fa principalmente riferimento al Dizionario Feudale del Guasco, le informazioni in nota e le date di aggregazione al decurionato sono spesso ricavate dal Patriziato Subalpino del Manno. Sono indicate con una sottolineatura le famiglie che, oltre ai titoli indicati, appartennero alla Casa Ducale.
A
B
C
D
F
G
I
L
M
N
O
P
R
S
T
V
Z
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Casa Ducale
Elenco delle famiglie della Casa Ducale del 1417. Sono segnati in grassetto i nomi delle famiglie della nobiltà alessandrina (v. elenco precedente) che furono insignite anche della nobiltà ducale; di molte delle altre famiglie ammesse a questo privilegio non si hanno ulteriori notizie.
- Angeleri
- Anolfi
- Antichi
- Ardizzoni
- Arobba
- Balosti
- Baravalli
- Barberi
- Bazani
- Bellini
- Bellisani (Vallanzani)
- Boccacci
- Bonfanti
- Borghi
- Bottazzi
- Bovini
- Braschi
- Cacciaguerra
- Cani
- Cellerino
- Corti
- Dogliani
- Farina
- Fasani
- Ferrari
- Filiberti
- Forti
- Frascara
- Gambaruti
- Genzi
- Ghilini
- Giberti
- Grassi
- Grilli
- Guerzi
- Lemuggi
- Loderi
- Manchi
- Mantelli
- Mazzi
- Mazzoni
- Melazzi
- Muzi
- Ottelli
- Parma
- Pederana
- Pertusati
- Pettenari
- Pietra
- Pisani
- Da Pò
- Porcellana
- Porrata
- Porchi
- Pupini
- Rana
- Robini
- Robutti
- Rossi
- Sambuelli
- Stortiglioni
- Straneo
- Tacconi
- Tori
- Torti
- Vallanzani
- Della Valle
- Varzi
- Zavattarelli
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Famiglie nobilitate dopo il 1840
Riepilogo
Prospettiva
Elenco delle famiglie di Alessandria che ebbero un titolo dopo l'abolizione degli organi patriziali alessandrini, o concesso ex novo o per successione di famiglie del patriziato civico.
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Famiglie armigere non titolate
Riepilogo
Prospettiva
Elenco di famiglie alessandrine di cui sono noti gli stemmi. Alcune, come i Moizi o i Gamaleri, fecero parte della storia cittadina e furono casate nobili di Alessandria de facto, mentre di altre non si hanno notizie oltre allo stemma.
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Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
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