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Sebeg

Divinità egizia Da Wikipedia, l'enciclopedia libera

Sebeg
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Sebeg (anche Sebgu o Seba-en-Seth, "Astro di Seth") è una divinità egizia appartenente alla religione dell'antico Egitto, manifestazione degli dei Seth e Thot. Nella mitologia e nell'astronomia egizie, Sebeg personificava il pianeta Mercurio ed era considerato "Astro di Seth"[2][3].

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Copia del bassorilievo noto come "Zodiaco di Dendera", proveniente dal Tempio di Dendera e conservato al Museo del Louvre: esso rappresenta la posizione dei corpi celesti e descrive precisamente due giorni: il 25 settembre del 52 a.C. e il 7 marzo del 51 a.C.[1]
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Descrizione

Riepilogo
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Nel "Libro di Nut"

Nel "Libro di Nut", raccolta di testi astronomici egizi, e precisamente nel capitolo dedicato ai pianeti, le righe 153-159 menzionano una battaglia cosmica fra gli Seth e Horus avvenuta al tramonto e sedata dall'intervento del dio Thot[4]. I celesti "seguaci di Seth", così come Seth stesso, si sarebbero trovati nel cielo occidentale. Khepesh, cioè la costellazione dell'Orsa Maggiore, sacra a Seth, è osservabile nel cielo settentrionale, in modo che solo i pianeti Mercurio e Venere sarebbero visibili al momento del tramonto. Il pianeta Venere è indicato, in tale scenario, come una stella della barca del mitico uccello Benu: l'"astro di Seth" non potrebbe quindi essere il pianeta Mercurio[4].

Dal Nuovo Regno all'epoca greco-romana

Nell'elenco dei pianeti noti nel Nuovo Regno, Sebeg rimase legato al suo antico epiteto di "Astro di Seth"[2]. A causa della sicura identificazione degli altri pianeti con altre divinità egizie, unico pianeta rimasto fra quelli assegnabili al dio Seth è di fatto Mercurio[4]. Nella formula 136 del "Libro dei morti" - come già nei più antichi "Testi dei sarcofagi" del Medio Regno - il defunto si serve di una scala celeste raggiungere il dio Sebeg[2]:

«Egli volge il corso d'acqua che è sulla coscia della dea Nut, fino alla scala del dio Sebeg.»

In una variante, tale scala celeste serve da difesa contro le onde. In epoca greco-romana Sebeg è anche considerato "stella di Thot". In una delle sue sporadiche rappresentazioni, in gran parte danneggiata, Sebeg figura, al pari di Netjerduai, come un uccello con sei zampe, quattro ali e becco serpentiforme[2].

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Copia di Karl Richard Lepsius della volta della camera funeraria di Seti I con la riproduzione del cielo, delle 36 "stelle decane" (Baktiu) degli astri e delle maggiori costellazioni.
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Note

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