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Taraxacum officinale
specie di pianta della famiglia Asteraceae Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
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Il taràssaco comune (Taraxacum officinale (Weber) ex Wiggers, 1780) è una pianta a fiore (angiosperma) appartenente alla famiglia delle Asteracee. L'epiteto specifico, officinale, indica le virtù medicamentose delle sue radici e foglie, note fin dall'antichità.
Nella tassonomia attuale (aggiornata al 2022) il nome scientifico Taraxacum officinale F.H.Wigg., 1870 risulta essere il sinonimo della sezione Taraxacum F.H.Wigg., 1870.[4][5][6][7]
È comunemente conosciuto come dente di leone, dente di cane,[8] soffione (l'infruttescenza),[9] nonnino, cicoria selvatica, cicoria asinina, grugno di porco, ingrassaporci, brusaoci, insalata di porci, pisciacane, lappa, missinina,[10] piscialletto,[11] girasole dei prati,[12] erba del porco o anche con lo storpiamento del nome in tarassàco.
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Descrizione
Riepilogo
Prospettiva


È una pianta erbacea perenne, di altezza compresa tra 10 e 30 cm. Presenta una grossa radice a fittone dalla quale si sviluppa, a livello del suolo, una rosetta basale di foglie munite di gambi corti e sotterranei.
Le foglie sono semplici, oblunghe, lanceolate e lobate, con margine dentato (da qui il nome di dente di leone) e prive di stipole.
Il fusto, che si evolve in seguito dalle foglie, è uno scapo cavo, glabro e lattiginoso, portante all'apice un'infiorescenza giallo-dorata, detta capolino. Il capolino è formato da due file di brattee membranose, piegate all'indietro. Hanno funzione di calice e racchiudono il ricettacolo, sul quale sono inseriti centinaia di fiorellini, detti flosculi.
Ogni fiore è ermafrodita. Ha la forma ligulata, cioè la corolla presenta una porzione inferiore tubolosa dalla quale si estende un prolungamento nastriforme (ligula) composto dai petali. L'androceo è formato da 5 stami con antere saldate a tubo; il gineceo da un ovario infero, bi-carpellare e uniloculare, ciascuno contenente un solo ovulo e collegato, tramite uno stilo emergente dal tubo, a uno stimma bifido.
La fioritura avviene in primavera, per lo più in aprile-maggio, ma si può prolungare fino all'autunno. L'impollinazione è di norma entomogama, ossia per il tramite di insetti pronubi, ma può avvenire anche grazie al vento (anemogama). Da ogni fiore si sviluppa un achenio, frutto secco indeiscente, privo di endosperma e provvisto del caratteristico pappo: un ciuffo di peli bianchi, originatosi dal calice modificato, che, agendo come un paracadute, agevola la dispersione col vento del seme, quando questo si stacca dal capolino.
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Distribuzione e habitat
Il tarassaco è nativo dell'Eurasia, ma si è diffuso in tutti i continenti.[13] Cresce spontaneamente in pianura e fino a un'altitudine di 2000 m. In alcuni casi ha carattere infestante. È una pianta tipica del clima temperato e, anche se per crescere non ha bisogno di terreni e di esposizioni particolari, predilige maggiormente un suolo sciolto e gli spazi aperti, soleggiati o a mezzombra. In Italia cresce dovunque: lo si può trovare facilmente nei prati, negli incolti, lungo i sentieri e ai bordi delle strade.
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Usi
Riepilogo
Prospettiva

Il tarassaco viene usato sia in cucina sia nella farmacopea popolare.
Uso culinario
Il tarassaco è usato per preparare un'insalata primaverile, sia da solo che con altre verdure. In Piemonte, dove viene chiamato "girasole"[14], è tradizione consumarlo con uova sode durante le scampagnate di Pasquetta. In Liguria si adopera insieme ad altre erbe per il ripieno dei pansoti.
Anche i petali possono contribuire a dare sapore e colore a insalate miste. I boccioli sono apprezzati se preparati sott'olio; sotto aceto possono sostituire i capperi[10]. I fiori si possono friggere in pastella. Le tenere rosette basali si consumano sia lessate e condite con olio extravergine di oliva, sia saltate in padella con aglio (o ancor meglio con aglio orsino). In Carnia le stesse rosette basali vengono mangiate crude, condite con guanciale soffritto con pochissimo olio e "spento" a fine cottura con abbondante aceto.
Con i fiori si prepara inoltre lo sciroppo (o gelatina) di tarassaco, spesso erroneamente definito "miele di tarassaco"[15][16].
Dalle radici tostate di tarassaco si può ricavare il caffè di tarassaco, un surrogato del caffè che ne mantiene in certa misura il gusto e le proprietà digestive, in modo simile al caffè d'orzo e al caffè di cicoria[10][17].
In orticoltura si coltivano diverse varietà mutate, da consumare come insalata e verdura.
Varie
È una pianta di rilevante interesse in apicoltura, che fornisce alle api sia polline sia nettare. Se ne ricava un ottimo miele monoflorale, che cristallizza abbastanza velocemente. È molto visitata dalle api.[18]
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Etimologia

Esistono spiegazioni per alcuni nomi della pianta: viene chiamata "dente di leone" a causa della forma dentata delle foglioline, "soffione"[9] per via della palla lanosa che contiene i semi. Il nome ufficiale "tarassaco" proviene dal greco ταραχή tarakhḕ, "scompiglio", e ἄκος àkos, "rimedio", in quanto considerata capace di rimettere in ordine l'organismo. Altre ipotesi indicano una derivazione dal persiano tarkhashqūn "indivia selvatica" attraverso l’arabo ṭarakhshaqūn "cicoria selvatica".[20]
Il nome "piscialetto" si deve alle sue proprietà diuretiche[21].
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Note
Bibliografia
Voci correlate
Altri progetti
Collegamenti esterni
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