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Gino Loria
matematico italiano (1862-1954) Da Wikiquote, il compendio di citazioni gratuito
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Gino Benedetto Loria (1862 – 1954), matematico e accademico italiano.
Il passato ed il presente delle principali teorie geometriche
Incipit
Tutte le fasi della coltura sono siffattamente collegate fra loro, che si tenterebbe invano di studiare un ramo qualunque di storia, a partire da un'epoca determinata, senza gettare uno sguardo su i tempi e gli avvenimenti anteriori. Se questo aforisma storico è difficilmente confutabile riguardo ad una qualunque delle scienze a noi note, sembra dotato di irrefragabile verità quando venga applicato ad una disciplina così conservatrice com'è la matematica, la quale non distrugge i lavori dei periodi precedenti per costruire in luogo di essi dei nuovi edifici.
Citazioni
- Erodoto, che viaggiò in Egitto verso il 460 a. C., assevera che la geometria ebbe origine in quel paese allorquando il re Sesostri divise in parti eguali fra i suoi sudditi tutto il terreno coltivabile che si trovava nel suo regno; aggiunge che una spinta potentissima ad occuparsi di geometria proveniva agli Egiziani dalla necessità di ripristinare ogni anno le linee di confine fra le varie proprietà che il Nilo cancellava durante le periodiche sue inondazioni. (cap. I, p. 3)
- La persona per merito della quale in Grecia la lampada della scienza si accende ed agitata vampeggia è Talete Milesio; a lui siamo debitori del trasporto in Europa dei germi delle scienze esatte e dei primi tentativi di coltivarle; se a lui ed ai suoi seguaci (i componenti della "Scuola jonica") non si può far risalire alcuna capitale scoperta matematica, gli è che l'indiscutibile tendenza verso le ricerche fisiche che aveva Talete si accentua siffattamente ne' suoi discepoli e continuatori (Anassimandro ed Anassimene) che questi finiscono col porre in non cale le investigazioni di matematica pura: Talete e la scuola jonica rappresentano, dunque, a parer nostro, il bagliore antelucano precursore della matematica greca. (cap. I, pp. 5-6)
- [...] al modo istesso che la filosofia greca nel periodo del suo più abbagliante splendore trovò in Socrate, Platone e Aristotele i suoi più cospicui rappresentanti, così nel periodo aureo della geometria greca spiccano giganteggiando Euclide, Archimede ed Apollonio. (cap. I, p. 7)
- [...] capostipite dei geometri italiani, organizzatore della geometria metrica superiore, precursore di Leibniz e Newton – [Archimede] ci si palesa di così meravigliosa fecondità nell'immaginare degli espedienti per risolvere, evitando con minuziosa cura l'intervento del concetto d'infinito, una pleiade di questioni che oggi si riguardano come di stretta pertinenza del calcolo infinitesimale, che lo studio di essi riempie oggi ancora di stupore ed induce melanconicamente a domandarci se l'invenzione di metodi generali che tanto affaticò gli scienziati moderni non abbia per avventura inaridita la fonte degli espedienti ingegnosi. (cap. I, p. 8)
- Nessuno ignora che fra tutte le proposizioni contenute negli Elementi di Euclide una ve n'ha che a stento ci si adatta a porre, come fa il geometra greco, fra quelle che non esigono dimostrazione; è il celebre Postulato V[1], che dice: "se una retta ne incontra due altre e fa con queste due angoli interni dalla stessa parte la cui somma è minore di due retti, tali due rette prolungate indefinitamente s'incontreranno da quella parte ove la somma dei due angoli è inferiore a due retti". Benché Euclide non lo dica, pure è pressoché certo che egli ha avvertito la difficoltà nascosta in questa proposizione che, come il serpente biblico, s'annida nella geometria e ne corrompe la paradisiaca bellezza [...]. (cap. X, p. 282)
- I risultati concordanti che Lobatscheffsky e Bolyai ottennero e che Gauss si affrettò di sanzionare con la sua imponente autorità, furono la base di una geometria totalmente nuova, rigorosa quanto la geometria euclidea, esente da contraddizioni, ed indipendente dal postulato di Euclide o da altro che gli equivalga; essa concorda in molte parti coll'ordinaria geometria, se ne scosta in tutte quelle teorie collegate all'ipotesi della parallela unica. Alla nuova geometria, o geometria non-euclidea, negarono diritto d'asilo nel santuario delle scienze esatte quelli che per principio rifiutan fede a tutto ciò che contraddice alle grossolane testimonianze degli organi dei nostri sensi; fu accolta invece come simbolo di importante progresso da tutti coloro che seppero apprezzarne l'indiscutibile e grande valore logico. Oggi, accanto all'antico sistema euclideo, si suol collocarne un secondo altrettanto pregevole, che ad Euclide si può far risalire soltanto per essere stato ottenuto seguendo i procedimenti rigorosi d'indagine che il grande alessandrino c'insegnò coll'esempio. (cap. X, pp. 289-290)
- Non meno efficace pel consolidamento della Geometria non-euclidea fu il classico Saggio d'interpretazione della geometria non-euclidea pubblicato nel 1868 da Eugenio Beltrami in Giorn. di Mat., 6. Ché il rigore delle argomentazioni e l'eleganza analitica che lo informano attrassero su di esso l'attenzione dei geometri; il brillante e sorprendente risultato che le proposizioni caratteristiche della geometria non-euclidea si verificano sopra le superficie (pseudosferiche, cioè) a curvatura costante negativa dell'ordinaria geometria impressionò in modo favorevole alla nuova teoria coloro che negano ogni valore alle affermazioni disformi da quanto testificano i sensi ed assicurò il trionfo delle nuove vedute; infine i sani principi di filosofia scientifica ivi propugnati, e lo stile affascinante in cui sono esposti, fecero e fanno tuttora sorgere in tutti una viva, illimitata ammirazione pel nostro illustre connazionale. (cap. X, pp. 291-292)
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Storia delle matematiche
Incipit
1: Le transazioni commerciali fra individui e fra popoli differenti, conseguenze inevitabili dell'umano consorzio, e, d'altro lato, l'aspirazione di sottoporre a misura l'universo dei fenomeni di cui il mondo è teatro e il genere umano spettatore, nella segreta speranza di determinarne il meccanismo e scoprirne le forze motrici, condussero, con un irresistibile imperativo categorico, l'uomo, non appena uscito dallo stato di barbarie, a foggiarsi tanto un'embrionale geometria quanto una infantile aritmetica. Perciò è lecito affermare, senza tema di essere tacciati di esagerazione, che la storia delle matematiche comincia con la storia della civiltà.
Citazioni
- Gli anni durante i quali si esercitò l'attività intellettuale e didattica di Platone sono all'incirca gli stessi in cui fiorì un eminente pensatore, il quale, fatto segno nell'antichità di ammirazione senza limiti, durante molto tempo vide la propria reputazione macchiata da chi non era riuscito a comprendere la sua opera di astronomo, per poi risplendere della luce più vivida e pura in seguito specialmente alle profonde e geniali ricerche di G. Schiaparelli. Parliamo di Eudosso [...]. Istruito da Archita e dai sacerdoti egiziani, fondò a Cizico una scuola che assurse ben presto ad alta e meritata fama. La sua originalità come matematico è comprovata dal fatto che a lui viene attribuito il V libro degli Elementi di Euclide, il libro forse più ammirato ed ammirando di quella celebre opera, perché, sotto l'apparenza di una teoria generale delle proporzioni, porge in realtà una teoria generale delle grandezze, razionali e non. (cap. II, pp. 39-40)
- La straordinaria popolarità di Euclide riposa in massima parte sopra i suoi Elementi, opera che per lunghi secoli venne scelta (e ancora non cessò di esserlo) come libro di testo geometrico nelle più reputate scuole; opera che, per numero di edizioni e traduzioni, può certamente competere con la Divina Commedia ed è vinta forse soltanto dalla Sacra Bibbia. (cap. II, p. 44)
- Divisa in tredici libri, [l'opera Elementi] comprende, oltre a numerose proposizioni preliminari e buon numero di lemmi, 93 problemi e 372 teoremi. Giunta a noi attraverso ad innumerevoli trascrizioni da parte di amanuensi di regola senza competenza, ma talvolta anche senza coscienza, essa subì deterioramenti e ritocchi, che furono posti in luce dai cultori della filologia classica e dai conoscitori della lingua araba; fortunatamente però le tranquillanti conclusioni, a cui questi concordemente arrivarono, assicurano che il testo da noi posseduto differisce ben poco dall'originale primitivo, sicché l'opera che ci sta sott'occhio deve essere ritenuta nel suo insieme conforme a quella scritta dal sommo alessandrino. (cap. II, p. 44)
- [...] al grande geometra greco [Apollonio di Perga] risale il merito di avere scoperta di quella che oggi si considera essere più feconda procedura per studiare le sezioni del cono e di essere arrivato, applicandola, a tutte le più belle proprietà di tali curve. L'ammirazione che egli ha destata per venti secoli è, pertanto, ben giustificata; e che tale sentimento non siasi affievolito e spento presso i moderni è provato dal fatto che, quando il secolo scorso assistette attonito alla rinascita della geometria pura per opera di Steiner, per trovare un personaggio storico che potesse reggere al paragone di questo, non si trovò di meglio che equipararlo a colui che diede fama imperitura alla città di Perga e segnò l'apogeo della geometria greca. (cap. III, p. 65)
- Alcuni storici si credettero in diritto di contestare al Napier la gloria dell'invenzione dei logaritmi, attribuendola invece al matematico svizzero Jobst (Giusto) Bürgi (1552-1632 o 33), il quale nel 1620 pubblicò delle tavole di numeri analoghi, le quali sarebbero state calcolate negli anni 1603-1611, cioè prima della pubblicazione della Descriptio neperiana. Ma giustizia impone si tenga presente che quest'opera rappresenta il compimento di ricerche le cui origini si fanno risalire a vent'anni prima. Tutto, dunque, fa credere che si sia in presenza di una di quelle coincidenze fortuite che servono di fondamento all'opinione che le scoperte avvengono quando i tempi sono maturi; e va osservato che alla ricerca di espedienti intesi ad abbreviare e alleggerire i calcoli aritmetici si doveva essere naturalmente spinti esaminando i frutti delle immani fatiche durate dai costruttori di tavole delle funzioni circolari. (cap. XXI, pp. 403-404)
- [...] il Bürgi, come il Napier, s'inspirò all'esempio dato da Stiefel[2], di considerare simultaneamente una progressione aritmetica e una geometrica; ma quelle da lui usate sono differenti da quelle utilizzate dal matematico scozzese; donde un nuovo argomento per ritenere la completa indipendenza dei due matematici. (cap. XXI, p. 404)
- Euler fu un calcolatore inarrivabile e in questa invidiabile dote deve ricercarsi la prima radice di alcune sue imperfezioni psicologiche. Per non insistere sopra certi lavori in cui il calcolo viene invocato quando poche linee di ragionamento conducono più rapidamente allo scopo, per non parlare delle prove di debolezza che egli diede trattando questioni generali di principio, va rilevato che l'Euler fu il rappresentante più genuino e schietto di uno stato d'animo, prodotto dalla rapida fioritura che aveva avuta l'analisi matematica nei primi anni del secolo XVIII, il quale può designarsi come fede completa e incrollabile nell'onnipotenza e generalità di essa. (cap. XXXIV, p. 696)
- In questa branca delle matematiche [la teoria dei numeri] (a cui dedicò non meno di 148 memorie), Euler, pure traendo costante ispirazione dalle opere di Diofanto e Fermat, seppe imprimere un'orma indelebile, dando talora [...] prova di facoltà divinatrici veramente straordinarie, creando nuovi metodi, completando l'opera dei predecessori e persino antecipando di un secolo importanti scoperte. (cap. XXXIV, p. 697-698)
- Fra gli algoritmi infiniti che Euler ha usati con la consueta perizia, emergono le «frazioni continue»; ad esse egli ha imposto il nome che portano, ad esse ha dedicate parecchie memorie nelle quali ne è stabilita elegantemente la teoria e ne sono indicate svariate applicazioni [...]. Ancora più numerose sono le applicazioni da lui fatte delle serie, che egli maneggiava con una disinvoltura che direbbesi ammirabile ove non si fosse tradotta in una fiducia illimitata e anche immeritata; che egli adoperò indifferentemente serie convergenti e serie divergenti, non attribuendo il debito peso agli avvertimenti datigli dall'amico Daniele Bernoulli e neppure arrestandosi di fronte a conclusioni evidentemente assurde [...]. Ciò non toglie che, con le originali trasformazioni da lui operate sopra certe serie divergenti o semi-convergenti, egli ci si presenti oggi come un precursore di scienziati dei tempi nostri, e che, malgrado tutto, in generale egli abbia ottenuti risultati di valore permanente. (cap. XXXIV, p. 700)
- Se il lettore fa una rapida rassegna delle pagine concernenti l'Italia della presente Storia, non mancherà di essere colpito dal fatto che tutte le regioni della Penisola hanno contribuito, sia pure in varia misura, al progresso delle scienze esatte, una e forse una sola esclusa, il Piemonte: tale circostanza è documentata da due fatti che rilevammo a suo tempo: cioè la chiamata a Torino di G. B. Benedetti da parte di Emanuele Filiberto e il tentativo fatto dal re di Sardegna di affidare a G. Saccheri la cattedra di matematica in quell'Università. Ora a luminosamente dimostrare che anche quella nobile parte d'Italia era in grado di arrecare qualche pietra al grandioso edificio che da secoli giornalmente si eleva, sta il sommo [Joseph-Louis Lagrange] a cui è dedicato il presente Capitolo. (cap. XXXVI, p. 747)
- [Jakob Steiner] Egli nacque da poveri contadini a Butzisdorf (cantone di Berna) il 18 marzo 1796. La sua istruzione fu così trascurata che a diciannove anni sapeva scrivere a mala pena. Cedendo a un irresistibile impulso, egli, contro il volere paterno, sollecitò ed ottenne (primavera 1814) di essere ammesso nella scuola di Yverdum diretta dal celebre Pestalozzi e degli insegnamenti ricevuti profittò talmente che poco dopo fu in grado di impartirvi egli stesso lezioni di matematica elementare. (cap. XLII, pp. 868-869)
- [...] è doloroso notare come un uomo del valore di Steiner abbia rivelato di essere roso da un sentimento d'invidia[3]: ché, giovandosi delle relazioni che legano le sei caratteristiche di una curva piana algebrica, manca di attribuirle a Plücker, a cui indiscutibilmente ne appartiene la scoperta. Otto anni più tardi, in altra comunicazione fatta alla stessa Accademia, egli ha enunciato una folla di proprietà della curva inviluppata dalle ∞ rette di Simson dei punti di una circonferenza rispetto ad un triangolo inscrittovi: verso il termine egli nota che la stessa curva è generabile anche col ruzzolamento di un cerchio, senza però dire che si tratta di un'osservazione fatta da un suo giovane conterraneo, L. Schläfli, il quale notò per primo essere quella curva un'ipocicloide tricuspide. (cap. XLII, pp. 871-872)
- Steiner, che imparò a scrivere assai tardi, incontrò sempre grandi difficoltà a porre in carta le sue scoperte, onde in innumerevoli casi si limitò a pubblicarne gli enunciati; i lavori intesi a dimostrarne la verità costituiscono una ricca biblioteca, la quale sta a documentare la grande e benefica influenza esercitata dal sommo investigatore. (cap. XLII, p. 872)
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Note
- ↑ Un tempo era chiamato Assioma XI; ma dopo l'edizione critica di Euclide dovuta all'Heiberg, divenne certezza il dubbio (Hankel, Vorlesungen über die complexen Zahen und ihre Functionen, I Th., 1867, p. 52) che ad un errore di ricopiatori ne fosse dovuta la inserzione fra gli assiomi. [N.d.A.]
- ↑ Michael Stifel (1487-1567), matematico tedesco, considerato uno dei precursori dei logaritmi.
- ↑ I biografi di Steiner hanno rilevata in generale la morbosa preoccupazione, che egli manifestò in età matura, di non vedere riconosciuto ogni suo merito. [N.d.A.]
Bibliografia
- Gino Loria, Il passato ed il presente delle principali teorie geometriche, Carlo Clausen, Torino, 18962.
- Gino Loria, Storia delle matematiche. Dall'alba della civiltà al secolo XIX, Editore Ulrico Hoepli, Milano, 19502.
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