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attore francese (1904-1976) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Jean Gabin, pseudonimo di Jean-Alexis Gabin Moncorgé (Parigi, 17 maggio 1904 – Neuilly-sur-Seine, 15 novembre 1976), è stato un attore francese.
Considerato uno dei più grandi attori del Novecento, ha lasciato un'impronta indelebile grazie ai ruoli interpretati nella sua lunga carriera, durante la quale vinse, tra gli altri, due Coppe Volpi al migliore attore al Festival di Venezia, due Orsi d'argento al Festival di Berlino, un David di Donatello e un Premio César onorario.[1][2]
Era l'ultimo dei quattro figli di Ferdinand Joseph Moncorgé, in arte Ferdinand Gabin (1868-1933), e Hélène Madeleine Petit (1865-1918). Il padre era proprietario di un locale e autore di operette, mentre la madre era una sarta e decoratrice d'abbigliamento, nonché cantante nel locale del marito.[3][4]
Gabin fu l'interprete ideale dei film della scuola realista, portando sugli schermi la fisionomia romantico-popolare dell'uomo semplice e rude, oppresso da un destino ineluttabile. Una personificazione dell'antica tragedia umana, dolorosamente vissuta attraverso le fasi successive dell'immediata ineluttabile violenza, della cupa disperazione e, infine, della rassegnazione liberatrice. Gabin riuscì a esprimere questa gamma di sentimenti con vigore e naturalezza, rivelando convincenti doti drammatiche, grazie anche alla sapiente guida di registi quali Julien Duvivier, Jean Renoir, Marcel Carné e Jacques Becker.
Proveniente dal teatro di rivista e dall'operetta (si era formato alle Folies Bergère, al Moulin Rouge, al Vaudeville, al Théâtre des Bouffes-Parisiens), esordì nel 1930 col film Chacun sa chance. Fu l'inizio di una carriera che lo porterà a recitare diversi ruoli in diversi film, ma il "vero" Gabin nacque nella seconda metà degli anni trenta con una serie di fortunate interpretazioni: La bandera (1935), Verso la vita (1936), Il bandito della Casbah (1937), La grande illusione (1937), L'angelo del male (1938), Il porto delle nebbie (1938), Alba tragica (1939). In molti di questi film ebbe accanto Michèle Morgan, con la quale formò un'indimenticabile coppia cinematografica, e spesso si esibì cantando, memore delle sue esperienze nei teatri di rivista.
Rifiutandosi di lavorare per i tedeschi che l'avevano occupata, riusci a fuggire dalla Francia e accettò un contratto a Hollywood, ma questa esperienza si rivelò negativa. Ritornò quindi in Europa e si arruolò volontario in un reparto blindato cacciacarri della fanteria di marina francese, agli ordini del generale de Gaulle. Dopo aver combattuto in Marocco e in Francia, partecipò alla campagna di Germania che lo porterà fino al Nido dell'Aquila di Hitler a Berchtesgaden.
Finita la guerra tornò a recitare e passò a ruoli di più varia e matura caratterizzazione psicologica, secondo nuove dimensioni umane e sociali, complice anche l'aspetto fisico precocemente incanutito: tra i film del periodo, La vergine scaltra (1950), e La notte è il mio regno (1951), per cui ottenne la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile alla Mostra cinematografica di Venezia, dove sarà premiato una seconda volta nel 1954 per il film Grisbì.
Nel 1952 realizzò un suo grande sogno: acquistò una fattoria e creò "La Pichonnière", un allevamento di cavalli da corsa e di bovini, investendo gran parte dei profitti derivanti dal suo lavoro. Continuò a incontrare il grande favore del pubblico, con film quali Aria di Parigi (1954), La traversata di Parigi (1956) e Il clan dei siciliani (1969). In tre occasioni interpretò il ruolo del commissario Maigret, creato da Georges Simenon, prima nell'omonimo film del 1958, quindi in Maigret e il caso Saint-Fiacre (1959) e in Maigret e i gangsters (1963). Nelle sue interpretazioni, spesso indimenticabili per il loro razionale virtuosismo, l'attore portò l'incisiva personalità del personaggio Gabin che, come scrisse Jacques Prévert in una lirica:
«è sempre lo stesso / è sempre uguale, sempre Gabin / sempre qualcuno[5].»
Alla sua morte, avvenuta nel 1976, fu proclamato il lutto nazionale e le sue ceneri vennero disperse nelle acque di Brest da una nave della marina militare.
Nel film Ballando ballando di Ettore Scola, nell'episodio ambientato durante il Fronte popolare, appare un personaggio, ("L'uomo che viene da lontano"), chiaramente ispirato allo Jean Gabin degli anni Trenta e impersonato da un sosia dell'attore (Michel van Speybroeck). "Jean Gabin" lascia la sala da ballo in cui si svolge il film, mentre una nave suona la sirena (citazione da Il porto delle nebbie), per poi ricomparire in un episodio successivo, nei panni del commissario Maigret.
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