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film del 1947 diretto da Giorgio Pastina Da Wikipedia, l'enciclopedia libera
Vanità è un film del 1947 diretto da Giorgio Pàstina, tratto dall'opera teatrale la gibigianna di Carlo Bertolazzi.
Segnò il debutto cinematografico di Walter Chiari, qui alle prese con uno dei pochi ruoli drammatici della sua carriera.
Milano, XIX secolo. Enrico ha lasciato la casa materna e inizia del suo lavoro una ragazza, Bianca, ex sartina, della quale è innamorato. Bianca è coinvolta ma sente il desiderio di una vita più agiata e resta fortemente affascinata di un mondo di tentazioni. Proprio a Milano essa finisce col cedere ad un amante. Enrico quando scopre che essa ha un'amante la allontana e Bianca finisce col darsi nel turbine della prostituzione. Enrico però che non la può dimenticare e la trova nella casa dove ha vissuto con lei ed apprende che anch'essa è stata lì poco prima. La raggiunge e le chiede di riunirsi di nuovo a lui. Bianca che non se ne sente più degna rifiuta e gli dice di amare un altro uomo. Esasperato egli la ferisce di coltello. Soccorsa da un parroco e dal medico che Enrico è corso a cercare, viene trasportata nel vicino albergo equivoco dove esercitava la sua triste professione. Moribonda fa al sacerdote un'ampia confessione, attribuendo a sé la colpa dell'accaduto. Enrico chiede al sacerdote di unirli in matrimonio e la ragazza spira serenamente confortata da visioni di felicità senza fine.
Prodotto da Vincenzo Genesi per la Fauno Film, il film è ascrivibile al filone dei melodrammi sentimentali strappalacrime, molto in voga tra il pubblico italiano durante il secondo dopoguerra (poi ribattezzato dalla critica con il termine neorealismo d'appendice); venne girato negli studi I.C.E.T. di Milano.
Il film uscì nelle sale cinematografiche italiane il 15 maggio del 1947, distribuito dalla Generalcine.
Venne in seguito distribuito anche in Francia, il 3 dicembre del 1948, con il titolo Confession dans la nuit
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